INDUSTRIA & LAVORO

Ilva, no allo spezzatino

Gli operai di Novi Ligure in sciopero fanno fronte comune: "Non ci si salva da soli". Il segretario della Fim Bentivogli allo Spiffero punta il dito su Governo e Regioni: "La soluzione non è lo scontro legale, serve una politica industriale"

“All’inizio dell’estate un temporale ha allagato i cunicoli dove ci sono i trasformatori e fatto saltare la centrale elettrica e la lavorazione si è bloccata. Noi abbiamo detto all’azienda: bisogna cambiare le pompe e metterne di più. L’hanno fatto? Macché. L’alluvione di pochi giorni fa ci ha mandato di nuovo a bagno e in cassa integrazione fino all’altro ieri”. La storia vera che raccontano gli operai dell’ex Ilva di Novi Ligure in sciopero per ventiquattr’ore è un pezzo della storia di un gruppo che ha deciso di tirarsi indietro.

Mentre i sindacati uscivano dall’incontro con il prefetto di Alessandria, gli avvocati di Arcelor Mittal entravano a Palazzo di Giustizia di Milano per depositare l’atto di citazione contro Ilva in amministrazione straordinaria in cui è chiesta la risoluzione del contratto d'affitto. Nei giorni scorsi i legali del gruppo siderurgico franco-indiano avevano notificato l'atto alla controparte, ma solo oggi il documento è stato depositato in tribunale. Dopo questo passaggio la causa verrà iscritta a ruolo, trasmessa alla sezione specializzata imprese del Tribunale di Milano.

“L’acciaio è il sangue che scorre nelle vene dell’economia italiana”, dice Marco Bentivogli, segretario generale di Fim-Cisl, arrivato in mattina davanti allo stabilimento che occupa oltre 700 dipendenti e alimenta un indotto che supera i mille. Lo stesso atto formalizzato in tribunale dal gruppo “cambia poco. Abbiamo già detto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte di non immaginare che l’unica prerogativa per il Governo sia lo scontro giudiziario – ricorda Bentivogli –. Per tempi e rischi non è la carta più importante che deve invece essere di politica industriale. Bisogna riportare tutti alla ragione, ricostruire un terreno di fiducia e affidabilità cosa che le istituzioni locali a partire dalla Regione Puglia hanno degradato in atteggiamenti populisti e demagogici, fattori principali alla base della decisione di Arcelor Mittal di andare via”.

Nella conversazione con lo Spiffero, il segretario della Fim-Cisl, sottolinea un elemento importante confermato dall’altissima partecipazione allo sciopero di oggi a Novi Ligure cui ha aderito circa l’80% dei dipendenti: “Il gruppo non ha stabilimenti che lavorano in maniera autonoma, tutti sono collegati. Se chiude Taranto chiude tutto. L’impianto di Novi Ligure, tra l’altro, viene considerato da Arcelor Mittal uno dei più avanzati. La cosa importante, quindi, è che i lavoratori hanno capito che non ci si salva da soli e che è fondamentale rimanere tutti uniti nel gruppo”. Nessuna ipotesi di spezzatino: “Non servirebbe e presenterebbe il rischio di un ulteriore dimagrimento del settore nazionale dell’acciaio. La forza è quella di restare uniti”. Scettico su possibili nuovi acquirenti, Bentivogli: “Vista la cattiva pubblicità che ci siamo fatti nell’incapacità di gestire questa vicenda nessun investitore straniero o italiano si è affacciato e questo è significativo”. Occhi puntati a Roma da Novi Ligure, con la disincantata e drammatica consapevolezza che il segretario provinciale della Uilm, Alberto Pastorello affida all’immagine che sta dando il Governo: “una giostra degli specchi dove ognuno dà la colpa all’altro”.

Oggi scioperano i dipendenti, tuttavia l’allarme non risparmia certo il vasto indotto fatto di piccole aziende e tanti padroncini legati al sistema della logistica che lega Novi Ligure a Genova e ai clienti del prodotto che esce dallo stabilimento dove la laminazione a freddo non comporta problematiche ambientali,ma non per questo lo spettro della disoccupazione è meno forte. Pagamenti fermi ad agosto, racconta chi trasporta per Arcelor Mittal. Poi, ma non per ultima, la politica. Il sindaco Gian Paolo Cabella, della Lega, “ha convocato ieri un consiglio comunale sull’Ilva, ma noi non c’eravamo. Non so per quale ragione ha pensato di non invitare i sindacati”. E la Regione Piemonte che, mentre in Liguria si convoca un consiglio straordinario per il 20 novembre, a Torino “non si capisce se e cosa aspetti di capire. Questa è la più grande crisi occupazionale che rischia di esplodere in Piemonte”. Certo, nessuno potrà dire che non ci siano state avvisaglie. Più comodo salire sulla giostra degli specchi.

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