SOTTO LA MOLE

"Ascolto e confronto, poi alleanze", il piano del Pd per Torino 2021

Il segretario Carretta guida la lunga marcia del partito verso le elezioni comunali. "Abbiamo imparato la lezione", tanti tavoli tematici e dialogo con le diverse anime della città. Nessuna intesa con il M5s, il vero avversario è il centrodestra populista

“Siamo stati troppo autoreferenziali e questo ci ha allontanato dalle esigenze della città, che erano cambiate. Vivevamo sulla scorta di quella grande innegabile stagione di cambiamenti partita venticinque anni fa ma, come direbbe Berlinguer, la spinta propulsiva era andata via via esaurendosi. Chi si è proposto come alternativa o momento di rinvigorimento di alcune aspettative, però ha miseramente fallito provocando danni enormi. Ecco perché è importante, fondamentale ascoltare, riempire il blocco degli appunti di viaggio”.

Dal cahier de doleance della sconfitta al taccuino dei Chatwin democrat incamminati sulla via della riscoperta di un rapporto con la città e del ritrovamento dell’elettorato perduto. Mimmo Carretta, che a Torino guida il Pd quale segretario metropolitano ha appena finito di scrivere una pagina felice cui è pronto ad aggiungerne altre. Il primo incontro, dei quattro messi in agenda su altrettanti temi nevralgici (Disuguaglianze con la partecipazione tra gli altri della Caritas, Lavoro dove ci saranno associazioni datoriali e sindacati e Sicurezza, appuntamento per il quale è annunciata la presenza di operatori delle forze dell'ordine e della giustizia) è andato bene. Molti stakeholder hanno risposto all’appello, così come altrettanti cittadini, ad esporre le proprie idee, mettere sul tavolo proposte e suggerimenti sulla Città della Salute e più in generale sul tema della sanità ieri c’erano il rettore dell’Università Stefano Geuna, quello del Politecnico Guido Saracco e poi accademici ed esponenti di quella società civile cui il centrosinistra guarda con estrema attenzione anche in vista delle prossime elezioni comunali. E ascolta.

Come forse non avete fatto a sufficienza in passato pagando il prezzo della sconfitta. È così, segretario Carretta?
“Quando si cerca di puntare su un aspetto, in questo caso l’ascolto, è perché banalmente cerca di porre rimedio a una mancanza che ha caratterizzato la nostra azione politica. In questo abbiamo peccato e loro hanno raccolto il malessere della città, non noi”.

Loro, ovvero i Cinquestelle, però quel capitale di consenso lo hanno perduto in fretta. Quale, a suo avviso, la ragione principale del fallimento dell’amministrazione di Chiara Appendino, il vedersi voltare rapidamente le spalle da buona parte di coloro che li avevano votati e adesso li criticano aspramente?
“Sono stati bravi ad intercettare un malessere che c’era e che noi invece non abbiamo saputo cogliere. Il problema è che quel malessere è stato incanalato in steccati ideologici che hanno frenato ogni decisione”.

Non le sembra un paradosso: il partito-non-partito, la dichiarata antitesi dell’ideologia che soccombe all’eccesso di ideologia?
“È proprio così. I grossi fallimenti della città nascono tutti da quegli steccati: Torino Esposizioni, Cavallerizza, Salone dell’Auto, Olimpiadi, tutte occasioni frantumate sotto il naso dei cittadini torinesi solo perché c’erano delle convinzioni fortemente ideologiche che ne hanno impedito il realizzarsi. Le code annunciate dalla Appendino sono quelle delle occasioni fallite”.

La sindaca è vittima o artefice di questa ideologizzazione di ogni scelta e più ancora delle decisioni mancate?
“Forse entrambe le cose. Sicuramente ergersi troppo a vittima di dinamiche che tu stessa hai contribuito ad alimentare non porta da nessuna parte, gli unici che ne pagano dazio sono i cittadini”.

Dopo questi giudizi difficile immaginare una possibile alleanza con i Cinquestelle a Torino. Tutti nel suo partito la escludono, ma non sempre il vigore con cui alcuni lo fanno sgombra il campo definitivamente da questa eventualità.
“Ma non si è mai palesata ipotesi di questo tipo”.

Palesata no, ma adombrata forse. Certe dichiarazioni hanno lasciato intravvedere possibili, o magari solo sperate, aperture.
“Il campo lo ha sgomberato in primis Nicola Zingaretti quando ha detto che è inutile a e dannoso far piovere dall’alto alleanze. Altro discorso sono le possibili chiavi di lettura per cercare di rimetterci in sintonia con elettorato deluso e che si è sentito tradito e ha votato M5s. Quello è un impegno che deve caratterizzare il nostro sforzo”.

Si ritorna all’esito delle urne del 2016.
“Abbiamo sottovalutato l’effetto del M5s nelle periferie e in altri luoghi della città. Ha agito come una lavatrice: ha preso voti di sinistra, li ha risciacquati e li ha tirati fuori di destra. Noi dobbiamo spegnere la lavatrice”.

Nell’attesa di capire quale pulsante premere, ormai vi è chiaro che l’avversario sta a destra anche per Torino. Il problema è come contrastarlo, che idee avete?
“Intanto questa iniziativa del metterci in ascolto è molto importante, come i temi che trattiamo: punti nevralgici su cui è bene tenere alta la guardia e interrogarsi per dare delle risposte importanti ai cittadini. Il filo conduttore parte dalla festa dell’Unità dove con la call pubblica abbiamo chiamato cittadini e associazioni a raccontarci le loro idee”.

Detta così sembra semplice.
“Al contrario. Ripartire sarà dura, perché si deve ripartire da una situazione difficile”.

Dicevamo del centrodestra avversario vero alle prossime comunali. E stando ai sondaggi anche non poco temibile.
“È così e non solo a Torino. Questo è un centrodestra pericoloso non solo per il centrosinistra, ma per la città. La piazza di San Giovanni a Roma ha decretato le fine del centrodestra liberale, incoronando quello sovranista e populista. Quello che in Piemonte sta governando la Regione solo con proclami. Zero idee per Torino salvo invocare qualche ruspa per i campi nomadi”.

Il lavoro è questione cruciale per Torino, anche se non solo per la città, ed è un tema storicamente della sinistra. Anche in virtù della batosta che avete preso nel 2016 come pensate di affrontare il tema e più in generale quello dello sviluppo?
“Innanzitutto partendo da un dato di fatto: Torino non è più quella di vent’anni fa. Necessita di operazioni forti. Puntare sulla infrastrutturazione è fondamentale per riattivare il comparto economico, senza mettere assolutamente da parte la spinta arrivata dalla cultura. A questo proposito sarebbe bene fare un dossier per candidarsi a capitale europea della Cultura. E non perdere l’ennesima occasione”.

Nessuna alleanza con i grillini, ma quale per cercare di tornare a governare Torino?
“Premesso che alcuni passi si sono fatti, ci sono stati incontri con le forze dell’ampio perimetro del centrosinistra e del civismo, va messo bene in chiaro che la coalzione non può essere solo la sommatoria di liste. Bisogna aprirsi alla cosiddetta società civile, che si sta organizzando, stanca di non vedere risposte alle legittime ambizioni di una città come Torino. Bisogna riempire il taccuino di viaggio con proposte, indicazioni, per costruire un progetto che abbia valenza ventennale e possa trasformarsi anche in un programma”.

Con quale candidato sindaco? Di nomi ne girano alcuni, già da un po’. Il vostro capogruppo Stefano Lo Russo, la parlamentare di Italia Viva Silvia Fregolent, il sottosegretario Andrea Giorgis e altri ancora.  
“Se vogliamo svoltare davvero, la coalizione dovrà decidere sgombra da ogni autoreferenzialità. Dobbiamo decidere il sindaco migliore per Torino e non per i partiti. Quando avremo finito questo giro di ascolto che, in realtà non finisce mai, ci riuniremo con la coalizione e individueremo quello che sarà il candidato più adatto a realizzare le idee che abbiamo cercato di mettere in campo. Parlare di nomi è un gioco affascinante, utile ci mancherebbe altro, però in questo momento siamo in una situazione di approfondimento, di studio e analisi e vogliamo presentarci con un progetto prima di buttarlo addosso a una figura che sicuramente sarà condivisa all’interno del perimetro di cui parlavo prima. Abbiamo un impegno serio con i cittadini per aggredire e costruire il futuro”.

Un paio di settimane fa il deputato del Pd Stefano Lepri, confermando che nessuno vuole un’alleanza con i Cinquestelle, aveva tuttavia spiegato che a suo avviso, per recuperare una parte dell’elettorato non serve continuare a massacrare ogni giorno la sindaca. Parole che sollevarono un vespaio. Lei pensa che il Pd debba abbassare i toni verso Appendino?
“Credo che se c’è da fare un invito a rimodulare i toni, questo debba essere indirizzato a chi dai banchi della maggioranza si rivolge a noi come collusi con la mafia, augurandoci la galera. I miei amici e compagni di partito non si sono mai rivolti con questi toni nei confronti di chiunque. Ma non è questione di toni, è questione di essere convintamente alternativi a un modello che non convince non solo il Pd, ma la città. Capisco che il governo giallorosso abbia stimolato fantasie, ma l’unica alleanza o convergenza politica vera certificata è quella che abbiamo visto il giorno del ballottaggio a Torino dove Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno votato in blocco Appendino”.

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