La politica di questi tempi

La caduta del Muro di Berlino e il tramonto del comunismo in Europa, per il liberalismo significò il consolidamento di speranze e aspettative per l’affermazione di società aperte in cui lo Stato di diritto, svincolato da rigide contrapposizioni nei rapporti internazionali, avrebbe anche potuto semplificare l’architettura della convivenza politica.

Dopo trent’anni, invece, ci ritroviamo l’assetto politico in uno stato confusionale, quanto mai distante da un’effettiva comprensione popolare, del resto la condivisione della situazione politica, istituzionale e sociale del Paese non coinvolge neppure il 60% del corpo elettorale e non è sufficiente né consolatorio ricordare che è un livello in linea con quelli occidentali. Le gravose criticità del nostro sistema sono innumerevoli, annose, alcune ineliminabili, pensiamo alla tanto vituperata burocrazia, i cui unanimi proclami di ridimensionamento sono destinati matematicamente al fallimento, considerando che la responsabilità attiene proprio al sistema politico nel suo complesso, alla sua propensione al controllo, alla necessità di favorire l’occupazione anche in settori che non ne avvertono l’esigenza.

Tralasciando le altre difficoltà di sistema dedichiamo attenzione alla quantità dell’offerta elettorale convinti che anche da qui debba muovere un processo di semplificazione. Le forze politiche costituite in gruppi parlamentari sono sette alla Camera più un misto composto da sei sottogruppi, al Senato sette più un misto con cinque sottogruppi. Abbiamo partiti tradizionali, partiti ad personam, partiti movimento, movimenti non partito, fantasiose combinazioni lessicali da interpretare come soggetti politici, nonché sei senatori a vita. Formazioni tutte utili al dibattito e alla competizione politica? Tutte rispondenti armonicamente al ruolo e alla funzione di organizzatori del consenso? Certamente no! Coscienti della legittima esistenza di qualsivoglia organizzazione politica, avvertiamo altresì l’opportunità di evidenziare valutazioni e perplessità in merito alla stessa esistenza di alcune di esse rispetto all’esigenza di semplificazione di una dinamica politica quanto mai complessa.

Trascuriamo incongruenze e contraddizioni che pur appartengono a tutte le formazioni, ne sono esempio la Lega di Salvini e Italia Viva di Renzi, partiti in cui il leader oscura organi decisionali e strutture organizzative che, di fatto, risultano schermati e riflettiamo invece sulla sterile inconcludenza di Forza Italia e del Movimento 5Stelle. Entrambi hanno rappresentato, l’uno per un quindicennio, l’altro per cinque anni, modelli di nuovismo politico quanto mai semplicistico e accattivante, e, pur rappresentando ancora, secondo sondaggi, complessivamente poco più del 20% dell’elettorato, oggi vivono un tramonto già decisamente prigioniero dell’orizzonte. Entrambi hanno individuato nel comunismo e nella casta desueti ed ipotetici nemici, entrambi hanno creduto che, propagandando la politica del fare e proclamandosi post-ideologici, potessero rappresentare nuove frontiere di una teoria politica e non inconcludenti affermazioni di non pensieri, rivelatisi fuorvianti per molti che hanno espletato l’azione politica senza dare un senso compiuto, un’identità definita al proprio agire.

La politica del fare post-ideologica, infatti, ha funzionato come passepartout per poter operare in mancanza di una visione del mondo, di una weltanschauung, di un sistema di pensiero in grado di dare nobiltà, coerenza e significato a scelte ed azioni politiche. Sono riflessioni che attengono alle difficoltà della selezione e formazione della classe politica dove ancora una volta ambedue le formazioni hanno privilegiato scorciatoie di pensiero quali l’individuazione e l’uso propagandistico di valori non valori in quanto desueti o, peggio, prepolitici. Onestà, libertà, fratellanza, rispetto, per i 5Stelle; libertà, moralità del fare, interclassismo, per Forza Italia sono stati punti di forza che, dopo essere stati acriticamente acquisiti e popolarizzati, col tempo hanno mostrato tutta la loro vaghezza che, unitamente all’evanescenza dei presunti nemici e all’inconsistenza del posizionamento politico, oggi determinano l’assenza di un loro futuro.

Va da sé che la modestia generalizzata della dirigenza dei 5Stelle e quella del residuo vertice di Forza Italia contribuiscono ad accelerare lo stato confusionale in cui i grillini accettano tutto e il contrario di tutto, pur di non andare ad elezioni da cui uscirebbero decimati per i due terzi; i forzisti rasentano il ridicolo quando l’on. Carfagna, con un manipolo di discepoli in cerca di collocazione, a giorni alterni, lascia intendere una possibile confluenza nelle file renziane. Ridicolo, non solo rasentato, quando la compagna di Berlusconi esterna la propria vicinanza al movimento delle sardine, altro che tramonto per la pur fantomatica rivoluzione liberale, è notte fonda.

Una riflessione sull’andamento politico non può tralasciare la figura e il ruolo di Giuseppe Conte di cui avvertimmo la non rispondenza a connotati di dignità nei primissimi giorni del suo primo mandato: “il mio Presidente del Consiglio, che costruisce il suo curriculum in formule inesatte e in modo tale che, in caso di contestazione, possa essere valutato come equivoco e frutto di interpretazioni malevoli, tanto la società italiana perdona tutto e dimentica presto”. Vol. Illusione Della Libertà Certezza Della Solitudine, Rubbettino, pag. 272.

Oggi la consapevolezza di avere un Capo del governo buono per tutti gli usi ed utile per tutte le stagioni, disprezzato dagli ex alleati, ben considerato dagli ex avversari, purtroppo conduce ad una misera e preoccupante considerazione del sistema politico nel suo complesso. Il suadente e sempre rassicurante argomentare dell’avvocato Conte sottace uno studiato e persistente ottimismo che, alla luce dei fatti, il più delle volte diverge con la realtà, ultimi esempi il disastroso risultato della trattativa sul centro siderurgico di Taranto e la pesante situazione di Alitalia.

È vero, la politica é l’arte del possibile, fu la storica definizione di Otto von Bismarck che però non contempla né presuppone una massiccia mancanza di dignità o una robusta retorica come quella sul nuovo umanesimo richiamato da Conte, che prova ad emulare Erasmo da Rotterdam dimenticando di essere solo un domestico Erasmo da Foggia. Forse la semplificazione della nostra dinamica politica passa anche attraverso l’esaurirsi della sua guida e l'evidente dissoluzione delle due formazioni considerate.

*Vincenzo Olita, Società Libera

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