PALAZZO LASCARIS

Autonomia scolastica: Lega isolata, centrodestra spaccato in Regione

Marrone di Fratelli d'Italia presenterà un emendamento contrario al reclutamento degli insegnanti su base regionale. Una sponda per il Pd che, giocando in asse con i grillini e approfittando di qualche assenza, potrebbe mettere in difficoltà la maggioranza

Il problema resta la scuola. È il reclutamento su base regionale degli insegnanti, come vuole la Lega, a rappresentare lo spartiacque tra il centrodestra – neppure al completo, come si vedrà – e il centrosinistra sulla delibera di richiesta di autonomia differenziata che oggi approda nell’aula di Palazzo Lascaris.

In un clima che è andato rapidamente stemperandosi nel corso dei lavori in prima commissione, arrivando a un passo dal poter ipotizzare il voto favorevole del Pd su un elenco di richieste da avanzare al Governo e che, incontro dopo incontro, aggiustamento dopo aggiustamento, ha finito con l’avvicinare di molto lo schema del centrodestra a quello predisposto nell’ultimo scorcio della passata legislatura dall’allora giunta di Sergio Chiamparino, grava ancora il possibile scontro e la rottura sul tema dei concorsi per i docenti.

Nel partito di Matteo Salvini nessuno, almeno fino ad oggi, è disposto ad ammainare quel vessillo alzato per primo dal Veneto e subito fatto proprio dall’appena insediata giunta di Alberto Cirio. Ancora l’altro giorno, pur nel clima improntato a una certa concordia sul resto dell’impianto della delibera, Riccardo Lanzo, vicecapogruppo della Lega e uomo cui è stato affidato il dossier autonomia era stato chiaro nel messaggio rivolto alle minoranze: “La proposta è aperta, non abbiamo problemi a rivederla per migliorarla, ma sul tema dell’istruzione la nostra posizione resta quella: vogliamo il reclutamento su base regionale per renderlo più efficiente, penso – aveva aggiunto – si possa fare senza dimenticare il quadro normativo nazionale, vogliamo risolvere un problema”.

In realtà il problema lo mettono rumorosamente sul tavolo. Con qualche scricchiolio della gamba più a destra. Già, perché producendo involontariamente una sorta di eterogenesi dei fini, è Fratelli d’Italia a mettersi sul tema in una posizione paradossalmente più vicina a quella del Pd rispetto a quella della Lega. Il nazionalismo dei sovranisti di Giorgia Meloni emerge con chiarezza e in antitesi al federalismo spinto della Lega salviniana (per meglio dire veneta e lombarda) in un emendamento che il capogruppo Maurizio Marrone aveva presentato in commissione per poi ritirarlo, ma che ripresenterà oggi in aula e nel quale si esprime la netta contrarietà al reclutamento degli insegnanti su base regionale. “Apertura a organizzazione, programmi e quant’altro concerne l’istruzione professionale adeguata al territorio, ma – ribadisce Marrone – no alle assunzioni su base regionale degli insegnanti”.

Quando i consiglieri del Pd hanno letto quell’emendamento in commissione non hanno fatto fatica a immaginare una possibile convergenza visto che, limati alcuni tecnicismi, il testo dell’esponente di FdI coincideva su quel punto con il loro. “Non voteremo mai un testo che contenga la richiesta di una regionalizzazione delle assunzioni dei docenti. Non vediamo come il problema dei vuoti negli organici del personale possa essere risolto con un sistema del genere, in presenza di una normativa anche contrattuale nazionale che lo regola”, ribadiva ancora ieri sera il capogruppo dem Domenico Ravetti, attento come i suoi compagni di partito in via Alfieri a cosa potrebbe accadere da oggi in poi proprio di fronte all’emendamento di Marrone. Forse un po’ azzardata, ma nient’affatto escludibile, l’ipotesi che possa raccogliere il voto favorevole del Pd o magari – eventualità auspicata tra i dem – fondere il testo di FdI con il loro mantenendo ben chiaro e fermo il punto contrario allo schema leghista sulle assunzioni dei docenti.

Non ci è voluto molto ai piddini per avere la certezza che quella di Marrone non era un’uscita concordata con la maggioranza da esaurirsi nella presentazione con rapido ritiro del testo in commissione. Il fratello d’Italia lo ripresenterà in aula sapendo che inevitabilmente la Lega, con il sostegno di Forza Italia sempre più allineata, glielo affonderà. “Non metteremo certamente in crisi la maggioranza per un no alla nostra proposta e anche in quel caso voteremo comunque la delibera”, spiega Marrone allo Spiffero che tuttavia tiene il punto identitario e la linea della Meloni aprendo, in questo modo, la porta a possibili e imprevedibili scenari.

Non solo un ipotetico voto a favore del Pd e contrario da parte del centrodestra, ma sul tavolo va messo anche il computo dei consiglieri della Lega in aula al momento del voto e il comportamento dei Cinquestelle, tutt’altro che disposti a votare la richiesta-bandiera del Carroccio. Di “forte contrarietà sul tema della scuola” parla la pentastellata Francesca Frediani spiegando che il M5s “non vuole mettere in discussione un elemento fondante del nostro Paese”.

E se nel Pd c’è chi, citando una serie di emendamenti accolti dalla maggioranza e alcune cancellazioni nella bozza iniziale, rivendica la primogenitura all’epoca della giunta Chiamparino con il lavoro dell’allora vicepresidente Aldo Reschigna, della richiesta da avanzare al Governo, sempre da quelle parti arriva il suggerimento a guardare come si muoverà il governatore. “Cirio vuole andare dal ministro Francesco Boccia tenendo il punto sulla questione degli insegnanti e farsi bocciare la richiesta per poi dare la colpa al Governo?” chiede il consigliere dem Alberto Avetta, “Oppure decide di andarci con una proposta solida, sostenuta anche dal Pd che ne ha scritto la gran parte un anno fa e che oggi è stata rafforzata, e portare a casa il risultato?”. Ma la domanda che prelude a tutte le altre resta quella la cui risposta negativa, ad oggi, appare scontata: la Lega potrebbe tornare sui suoi passi rivedendo la richiesta di assumere insegnanti nei confini regionali, ammainando quella bandiera che sventola ormai da mesi?      

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