FINANZA & POTERI

Crt sbanda in Autostrade

Il Governo minaccia di togliere la concessione ai Benetton e così l'investimento in Atlantia della fondazione torinese e di Crc rischia di trasformarsi in un bagno di sangue. L'asse Quaglia-Genta, intrecci di incarichi e potere all'ombra di Palenzona

Un occhio all’autostrada, l’altro all’enorme e munifico bancomat di via XX Settembre. E lo sguardo non può che esprimere fortissima preoccupazione, forse anche qualcosa di più. È quello di chi, istituzionalmente, alla Fondazione Crt e al suo ruolo di generoso finanziatore territoriale è legato e adesso ha più di una ragione per temere che il pesante investimento in Atlantia possa subire un fortissimo, addirittura ferale, ridimensionamento nel caso, sempre più probabile, il governo revochi le concessioni ad Autostrade per l’Italia.

Il crollo in borsa che a ridosso di Natale ha portato il titolo a perdere il 4,8% chiudendo a 21 euro ad azione potrebbe, paradossalmente, essere il male decisamente minore e imparagonabile rispetto allo scenario che si prefigura nel caso della revoca con un taglio drastico dell’indennizzo stimato attorno ai 24 miliardi. A spaventare gli investitori e, nel caso della fondazione piemontese, chi a loro è legato non è solo (si fa per dire) la probabile revoca sulla quale i Cinquestelle non vogliono cedere di un millimetro e lo stesso Partito Democratico pare non troppo convinto a resistere, quanto e ancor più quel mancato indennizzo capace di provocare l’ammanco di risorse per pagare i circa 10,8 miliardi di debito e mettere a rischio oltre 7mila posti di lavoro, senza contare quelli dell’indotto.

L’attesa è per oggi alla riapertura della Borsa, ma anche per le prossime decisioni che una maggioranza tutt’altro che compatta sul punto assumerà nei prossimi giorni. Nel frattempo la discussione su quella massiccia partecipazione della fondazione presieduta da Giovanni Quaglia nella holding dei Benetton (come viene identificata per quel 30,2% detenuto dalla famiglia veneta attraverso Sintonia, a sua volta controllata dalla cassaforte Edizioni) muta in preoccupazione e non può che indurre a riflessioni su scelte che adesso potrebbero rivelarsi se non azzardate, certamente molto pesanti in termini di capitale investito e – come si osserva in alcuni ambienti finanziari – non proprio aderenti a quella diversificazione cui le fondazioni di origine bancaria sono state spesso richiamate.

Scelte che, tuttavia, hanno portato la Crt a piazzare su poltrone importanti di Atlantia e Aspi loro uomini e donne. Il 4,85% del capitale di Atlantia detenuto dalla cassaforte torinese che fino a non molto tempo addietro aveva il 5,06% pone la fondazione al quinto posto tra i maggiori azionisti del gruppo da 31mila dipendenti per un fatturato aggregato nel 2018 superiore a 11 miliardi.

Autostrade, ma non solo: leader globale nel settore delle infrastrutture di trasporto autostradali ed aeroportuali con una presenza in 23 paesi, Atalantia gestisce 14mila chilometri di autostrade a pedaggio, attraverso Autostrade, controllata al 100%, mentre l’altro asset è quello  degli aeroporti, in particolare quelli romani di Fiumicino e Ciampino in Italia attraverso la Aeroporti di Roma controllata al 99% e i tre francesi di Nizza, Cannes-Mandelieu e Saint Tropez da Aéroports de la Côte d’Azur, che fa capo ad Atlantia con una quota del 64%.

Nel cda della società nel mirino del governo, o almeno della sua parte grillina, dopo la tragedia del ponte Morandi e la scoperta di gravissime lacune e comportamenti al vaglio della magistratura sul fronte della sicurezza e dei controlli, siede da tempo un rappresentante della Crt.

Fino a non molto tempo addietro era il segretario generale Massimo Lapucci, sostituito di recente dalla vicepresidente Anna Chiara Invernizzi. Sempre in virtù di quel 4,85% che – nella previsione più tetra rischia di rimanere poco o nulla nel portafoglio della fondazione – in Aspi siede quale componente del cda l’avvocato Massimo Bianchi, consigliere di via XX Settembre e successore nella società concessionaria di Antonio Fassone.

Chiamalo, se vuoi, capitalismo di relazione. Dove a chi entra e a chi apre la porta fa ugualmente comodo avere un posto così come poter contare su risorse e, appunto, relazioni territoriali. Poi quando capita, com’è capitato un anno e mezzo fa che un ponte crolli e muoiano 43 persone e il titolo, di fronte agli annunci in verità molto affrettati di alcuni ministri, vada giù di botto in quelle stanze dove siedono ubiqui amministratori della fondazione e delle società che le autostrade le gestiscono si fanno i conti: allora il segno meno era stato davanti a 260 milioni.

Meno pesante in assoluto, ma soltanto perché rapportato al minor numero di azioni di Atlantia che ha in pancia era stato il contraccolpo per l’altra fondazione piemontese, la Cr Cuneo, anch’essa da tempo passata dal casello. Il suo presidente Giandomenico Genta non sta nel cda, ma per lui in Aspi c’è un posto nel collegio sindacale. Stesso ruolo che il suo omologo torinese, Quaglia, ha (tra i non pochi altri) in Aiscat, l’associazione dei concessionari autostradali presieduta da colui che il capitalismo di relazione e i percorsi a più corsie di politica, finanza e imprese lo ha di fatto costruito a sua misura, ovviamente extralarge: Fabrizio Palenzona.

I discepoli del camionista di Tortona ne hanno seguito l’insegnamento e, in parecchi casi, pure il percorso senza ovviamente arrivare all’inarrivabile collezione di cariche accumulate come le mille miglia Alitalia e tra le quali c’è stata pure la presidenza degli Aeroporti di Roma, per dire.

Investimenti redditizi, per carità, compreso quello in Atlantia. Semmai, come si osserva non da oggi ma certamente almeno da un anno e mezzo a questa parte, non è la partecipazione in sé a suscitare qualche dubbio, quanto le risorse concentrate in quell’asset. Come osservano alcuni analisti, quote del livello di quella di Crt in Atlantia portano inevitabilmente alla condivisione del rischio in maniera altrettanto pesante rispetto all’investimento di un ente che è sì privatistico, ma nel suo statuto ha come finalità il perseguire esclusivamente scopi di utilità sociale. Funzione che certamente svolge anche grazie agli utili generati da quegli investimenti in settori assai redditizi, come quello delle autostrade dove, in più, c’è sempre qualche posto di rilievo (e ben remunerato) da occupare nei board. Poi se qualcosa va storto e se, come nessuno può escluderlo, il governo decide di togliere la concessione gallina dalle uova d’oro al gruppo in cui si sono messe tante centinaia di milioni, è naturale e comprensibile che in parecchi – dai Comuni fino alla Regione, passando per altre istituzioni ed enti – siano preoccupati guardando con un occhio le autostrade e con l’altro il bancomat di via XX Settembre.

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