Il madaMino dell'anno
08:00 Mercoledì 01 Gennaio 2020Non avrà lo charme delle madamin ma una cosa è certa: senza la cocciutaggine e il fiuto politico di Giachino difficilmente le piazze Sì Tav avrebbero ottenuto il successo che hanno avuto
Se lo merita, diciamolo. Nell’anno che si chiude nelle piazze festanti e che nell’ultimo scorcio ha acceso i riflettori su quelle riempite dalle sardine forse in maniera eccessiva e senza riuscire a illuminare a fondo proposte rimaste un poco in ombra, un riconoscimento a chi prima di loro e più di altri è riuscito a gremirle con una proposta chiara, netta e soprattutto risultata vincente è più che dovuto.
Se tra i tanti premi ci fosse – e se non c’è lo si può inventare, qui e ora - il Madamino dell’anno, la prima edizione non potrebbe che andare a colui che con il suo nome e la “concorrenza” arrembante delle madamin ha messo sul piatto d’argento quell’appellativo che, pur con qualche mugugno di circostanza, ha accettato di portare con malcelato, ma giustificato, orgoglio.
Insomma, Mino Giachino in quest’anno appena passato è una figura che merita più di una citazione, anche se quel che ha fatto ha incominciato a farlo quando il 2019 era alle viste. Il politico che porta i trascorsi da sottosegretario ai Trasporti all’epoca di Silvio Berlusconi premier come un’onorificenza impolverata dal tempo e nell'album dei ricordi la giovanile esperienza nella segreteria di Carlo Donatt-Cattin, in quell’ultimo scampolo del 2018, era il 10 novembre, fece quello che un anno dopo avrebbero fatto i ragazzi contesi, al contrario di lui, dai talk show e onnipresenti sulle prime pagine.
Lui con un’idea chiara, però. Divisiva, anche. Ma certamente utile, indispensabile alla luce dei fatti, per far uscire da quel limbo di incertezza legata doppio filo a interessi di bottega la questione della Tav che gli oppositori allora come ora chiamano il Tav, per marcare anche in questo la differenza tra chi la Torino-Lione la vuole e chi la osteggia.
Intabarrato in un cappotto da cui far uscire la testa come una tartaruga dal carapace, strabordante di comunicati stampa e apprendista stregone in un web che ha sempre ammesso conoscere poco, ma che invece lo ha portato a mobilitare una piazza in quel novembre e poi nel gennaio successivo fino al punto da far paragonare quel mare di folla al fiume della marcia dei 40mila. Senile entusiasmo, in fondo un veniale peccato di vanità. Al pari dell’enfasi con cui annuncia di “aver salvato la Tav”, ma anche di aver capito prima di tutti la crisi economica che da oltre un decennio sferza Torino e la regione. Con quella sua cantilena, diventata un must: “Il Piemonte cresce meno della media nazionale di un Paese che cresce meno della media europea” ecc.
I suoi streaming da un tavolino di un caffè con sullo sfondo la porta del bagno continuamente frequentato, hanno fatto sorridere a quell’uso naif della rete che, però, ha dato i suoi frutti. Quella scossa a Torino, con la piazza stracolma di gente che in piazza non era mai scesa, è stato – e va riconosciuto – un momento di svolta. Nessuna bandiera di partito, ma la città (la regione) – dagli imprenditori ai sindacati, dai commercianti agli studenti – a chiedere di non fermare lo sviluppo e farlo in un modo che nessuno fino a quel giorno avrebbe immaginato.
Naif, ma non certo privo di fiuto politico e lungimiranza, il madaMino, soffrì non poco l’esuberanza mediatica delle madamin e di lui si disse, non senza motivo, che si sarebbe costruito lì il suo ritorno sulla scena politica. Berlusconiano finito ai margini e pure snobbato dai nuovi capataz azzurri locali, vedrà smentita nelle urne quella previsione: non sarà eletto e la sua lista rimarrà al palo.
Non il suo messaggio che scosse, insieme a insistenti richiami, lo stesso leader della Lega Matteo Salvini il quale sulla Tav tenne il punto nei confronti dell’allora alleato grillino.
Calimero nel barnum mediatico dove hanno brillato, meteore, le signore in pashmina & erre moscia, così come in quello politico, il madaMino non ha comunque mai mollato. Tra recenti consigli alla ministra piddina Paola De Micheli inviati a mezzo posta e continui sproni pubblici, dall’Ilva alle varie crisi occupazionali in terra piemontese passando per la Gronda di Genova, il settantaquattrenne approdato in tempi lontani al ministero dei Trasporti, ma mai in Parlamento e neppure nel parlamentino di via Alfieri, prosegue imperterrito in quella che parrebbe una lotta contro i mulini a vento non ci fosse stata quella piazza e quel che ne è seguito.
Quel Sì che Giachino mise davanti alla Tav e poi allo sviluppo e che piacque a Sergio Chiamparino tanto da usarlo negli slogan della non fortunata campagna elettorale, non può che essere la risposta alla domanda che salutando il 2019 e pensando a quella piazza da cui se non tutto partì molto cambiò, è doverosa: merita Giachino un riconoscimento? Come al solito mugugnerà un po’, ma il madaMino dell’anno gli tocca, anzi gli spetta.