Meglio il collegio uninominale
Giorgio Merlo 07:45 Giovedì 02 Gennaio 2020
Il dibattito che si è aperto sulle colonne dello Spiffero sul potenziale miglior sistema elettorale, merita di non cadere nel vuoto. Certo, sui sistemi elettorali nel nostro Paese si sono spesi fiumi di inchiostro chilometrici. Un tema talmente importante che fu già all’origine della caduta di credibilità di un padre della patria, Alcide De Gasperi, con la riforma della legge elettorale dell’epoca nel lontano 1953, la cosiddetta “legge truffa”.
Comunque sia, dopo 50 di sistema elettorale proporzionale con preferenze con la Democrazia Cristiana al governo e il Partito comunista italiano all’opposizione, è partita la girandola dei sistemi elettorali “à la carte”, cioè scritti sotto dettatura della maggioranza di turno per fregare elettoralmente l’opposizione di turno. Un modo di procedere che porta a cambiare legge elettorale, cioè la “legge madre” di tutte le leggi, per dirla con Carlo Donat-Cattin, che ha prodotto solo instabilità confusione. E da qui nasce la fragilità e la vulnerabilità del sistema politico italiano, al di là del numero dei governi e delle rispettive crisi politiche.
Ora, dato per scontato che non esiste una legge elettorale perfetta e funzionale per garantire la governabilità, la rappresentanza e il rispetto del pluralismo, forse è giunto il momento di dire una parola chiara - almeno ci si prova - attorno al tema decisivo della scelta dei futuri eletti. Ovvero, preferenze singole o multiple, collegi uninominali con rispettivi candidati o liste bloccate? Tre scelte che nel nostro Paese sono già state sperimentate concretamente negli ultimi anni. Tre scelte che non sono dogmi e che, di conseguenza, sono soggette a criticità e a punti favorevoli. Ma, comunque sia, la possibilità per i cittadini di scegliersi i propri rappresentanti alla Camera e al Senato non solo è un optional ma dovrebbe essere una precondizione insopprimibile del corpo elettorale.
E se le preferenze, oggettivamente, sono sempre di più un mix di potenziale malcostume e corruzione della competizione politica, ed escludendo le liste bloccate come metodo per ridare ossigeno e trasparenza alla politica italiana, non resta che il sistema del collegio uninominale. Ossia, candidati di collegio che si confrontano e si combattono democraticamente nei rispettivi territori. E questo per tre motivi di fondo: i cittadini elettori conoscono direttamente i candidati del proprio territorio di riferimento; le campagne elettorali non sono così costose e il tetto delle spese può essere fissato e, soprattutto, tranquillamente rispettato e, in ultimo, dopo le elezioni i cittadini, le istituzioni e quel particolare territorio conoscono direttamente il “proprio rappresentante” in Parlamento.
Ecco perché, oggi, nella concreta situazione politica italiana, il collegio uninominale può rappresentare il metodo migliore per ridare qualità alla democrazia e salvaguardare la centralità del cittadino nelle scelte decisionali dei futuri eletti. Certo, poi esiste il nodo della governabilità. Ovvero della necessità di far sì che il sistema elettorale permetta ai cittadini di scegliersi i propri rappresentanti e che, al contempo, garantisca anche una indispensabile e sacrosanta governabilità. Ma questo riconduce prevalentemente ai comportamenti dei singoli eletti - cioè alla necessità di battere alla radice il trasformismo - più che non alle virtù salvifiche, miracolistiche ed infinite della politica e dei partiti.