LAVORO & PROPAGANDA

Cirio governi non faccia il sindacalista

Facile tuonare e lanciare slogan, ma non è così che si affrontano le crisi aziendali. Il compito delle istituzioni è quello di costruire relazioni, mediare e creare opportunità di investimento. Altrimenti a rimetterci saranno i lavoratori - di Claudio CHIARLE

È successo ancora. Il presidente della Regione Piemonte e il suo assessore al Lavoro hanno tuonato, dopo l’ennesimo incontro con i lavoratori Mahle e i sindacati, che l’azienda non deve licenziare nessuno qualsiasi sia la soluzione. Un’affermazione del genere fa tornare a casa i lavoratori soddisfatti e compiaciuti; fa dichiarare a qualche sindacalista (non della Fim): “ Vedete la Regione ci dà ragione!”. Il giorno dopo però il problema resta, si è fatta un po’ di demagogia sindacale, un po’ di campagna elettorale, ci si è contrapposti come istituzione all’azienda e poi? Quando saranno in grado coloro che governano di distinguere tra la campagna elettorale e il governo delle istituzioni? Tra lo stare al governo e l’opposizione? Non si può fare tutte e due insieme. Soprattutto perché ieri i lavoratori della Mahle, ma anche di Ventures, Olisistem, Comital e tanti altri vogliono soluzioni non slogan istituzionali.

Compito di un’amministrazione locale è coordinarsi con il Ministero, indipendentemente dal colore politico, che non significa che tutte le volte che si fa un incontro in Regione poi si chiede quello al Mise. Questo si chiama “gioco della palla a muro” come si faceva da ragazzini ma la palla colpisce il muro e poi ti ritorna. Dalle istituzioni locali, per rispondere ai problemi occupazionali, non servono affermazioni da sindacalista, ci pensiamo già noi (rimarrò sempre un sindacalista) ma serve un’opera di mediazione, di interlocuzione, di lavorio ai fianchi delle aziende che dichiarano esuberi e anche di fare ragionare qualche sindacalista che non coglie i punti di caduta per un accordo. Perché il ruolo delle istituzioni è avvicinare le parti per un’intesa, non lo schierarsi politicamente e l’esempio Comital è lampante con il rischio che i cinesi abbandonassero tutto solo evitato in extremis.

È già molto complicato per un sindacalista partecipativo fare capire ai lavoratori quando non ci sono più margini di trattativa e cogliere il possibile, ma se l’istituzione si associa agli slogan “o tutti o nessuno” il rischio è che sia nessuno. È anche questo un modo per impoverire la nostra Regione perché le aziende si parlano molto tra di loro, danno giudizi e se le funzioni operative delle aziende dicono agli investitori che il Piemonte è istituzionalmente non adatto vanno altrove o non vengono a investire.

Ricordo, tempo fa, parlando con l’allora vicesindaco di Torino, il quale mi diceva che dal suo ufficio passavano tantissime persone in rappresentanza di aziende che volevano conoscere il territorio per valutare investimenti. Ecco questa capacità di “costruire relazioni”, di saper mediare, di sapere spiegare il punto di caduta, oggi impossibile per un politico perché non conosce più l’arte del compromesso possibile, è un forte handicap alla possibilità di investimento, anche durante una crisi durevole. Chi paga tutto ciò? I lavoratori in primis perché non si creeranno opportunità di ricrescita industriale.

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