CENTRODESTRA

"Berlusconi ora si faccia da parte"

Il voto regionale emiliano manda in fibrillazione Forza Italia. Il commissario torinese Fluttero pensiona il leader: "Credo che sia ora che lasci". Ma per Ghigo è "troppo tardi". Napoli avverte: "Se non cambiamo nel prossimo Consiglio di Torino non ci saremo"

Morire leghisti, consegnandosi al nuovo capo della coalizione, o approdare agli ancora incerti lidi renziani e calendiani per preservare quanto rimane dell’originario spirito liberale e riformista? Oppure fare qualcosa, e in fretta, per salvare la casa del padre? Forza Italia, dopo il voto in Emilia-Romagna e quello calabrese, dove pure la sua candidata è diventata presidente stravincendo come da facili previsioni, è un partito attraversato da una questione che continua ad esser irrisolta. E più il tempo passa e più appare foriera di conseguenze ferali. Anche e soprattutto per questo sono interessanti e non sottovalutabili i segnali che da una parte degli azzurri del Piemonte – regione di cui Forza Italia esprime il governatore ma è blindata e accerchiata dal prorompente alleato leghista – arrivano nel giorno riservato all’analisi del voto.

Fa, invece, un’analisi del partito il commissario per la provincia di Torino ed ex capogruppo in via Alfieri Andrea Fluttero. Non gira attorno alla questione, la prende di petto sia pure con il garbo riservato al Cav, ribadendo la “stima per le grandi capacità personali e rispetto per la storia” di Silvio Berlusconi”, lancia il sasso nello stagno: “Credo che sia ora, forse lo è da un bel po', che lui lasci che una libera competizione interna consenta ai liberal popolari italiani di avere un leader giovane e dinamico che li rappresenti”. Si apre, da Torino, una faglia nel terreno azzurro sul quale fino ad oggi ogni tentativo di costruire una successione non dinastica, peraltro anch’essa sempre impedita dal monarca di Arcore, si è sciolto come neve al sole? “Niente di rivoluzionario”, smorza Fluttero che però il punto sulla questione lo tiene e lo esplicita: “La Lega di Matteo Salvini fa il suo mestiere e lo fa bene, ma certamente è stata agevolata dal fatto che la parte liberale e popolare rappresentata da Forza Italia avendo un leader che per forza di cose e pur essendo bravissimo, oggi non è più in grado di rappresentare in modo energico la nostra area politica”. Da qui l’auspicio: “Sarebbe giusto che Berlusconi creasse le condizioni per cui attraverso una normale competizione interna e non nominando un successore emergesse un leader in grado di rappresentare pienamente quest’area”. Se ciò fosse già avvenuto, secondo Fluttero “la Lega avrebbe sfondato meno verso il nostro elettorato e noi avremmo rappresentato meglio quella parte che ha diritto di esserlo come è stato con Berlusconi per moltissimi anni”.

Una svolta decisa, quella che auspica Fluttero e che trova subito d’accordo chi ha vissuto la storia azzurra fin dagli inizi come l’ex presidente della Regione Enzo Ghigo: “Condivido ma forse è tardi”, scrive l’ex governatore che aggiunge un’analisi non certo rasserenante: “Considera che secondo me molto elettori di FI hanno votato Bonaccini”. Per non morire leghisti, appunto o consegnarsi al Capitano come peraltro molti, anche in Piemonte, hanno in sostanza già fatto. “È tardi, vero” ammette Fluttero parlando con lo Spiffero, ma evocando il maestro Manzi spiega che “non è mai troppo tardi”, anche per affrontare un nodo che si sarebbe dovuto sciogliere da tempo, evitando l’alternativa delle briglie leghiste.

Insomma, la vittoria a piene mani di Jole Santelli in Calabria non basta a sminuire il problema che in Forza Italia c’è da tempo e più il tempo passa più si ingigantisce e vede allontanarsi una possibile soluzione. Quella che in Calabria è stata, come osserva Osvaldo Napoli una “massiccia avanzata delle forze centriste e moderate” rispetto “al tracollo della Lega”. Per  il deputato azzurro però, “è anche un campanello d'allarme che suona per noi nelle aree del Centro-Nord. Nelle analisi e nei commenti trionfalistici di molti colleghi – spiega Napoli – sembra di capire che l’Emilia-Romagna sia una regione di Marte o di Venere, invece, purtroppo per noi, si trova in Italia e rappresenta, con il Veneto e la Lombardia, un terzo del pil nazionale". Insomma, è arrivato “il momento di avviare una riflessione approfondita nel partito, senza infingimenti e senza cedimenti”.

Napoli spiega ancora che se “in Calabria ha vinto la speranza del cambiamento, in Emilia-Romagna ha perso la paura e gli elettori hanno preferito la continuità all’avventurismo”. Cita chiaramente “chi aveva preteso di impostare la campagna elettorale come un referendum personale chiedendo il plebiscito per sè e la bocciatura del governo”. Il risultato emiliano-romagnolo attesta come “sollecitare l'emotività degli elettori, radicalizzare lo scontro seminando paura o promettendo un'ecatombe all'indomani di una vittoria, non porta bene”. Da qui, ma non solo da qui, la necessità messa sul tavolo anche dal deputato torinese di “una riflessione che va fatta senza sconti o timidezze con noi stessi e con i nostri alleati”. La posta in gioco è alta e, come avverte il deputato di FI, “riguarda anche e soprattutto Torino. Se la situazione rimane la stessa che ha portato in Emilia-Romagna il nostro partito ad avere un solo consigliere regionale, noi corriamo il rischio di non eleggere in Comune neppure un consigliere nel 2021”. Replicando quello che è capitato nel 2016 quando lo stesso Napoli è risultato l’unico berlusconiano eletto in Sala Rossa, peraltro con una Lega non ancora sulla cresta l’onda. La lezione, forse, è servita: “Cambiamo, altrimenti siamo morti”.

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