Il sistema Atc rischia il default

Gentile Direttore,
le scrivo in merito all’articolo Atc, manutenzioni a rischio pubblicato sul Suo giornale lo scorso 22 gennaio, per esprimere alcune considerazioni su quanto riportato e, in generale, sui problemi dell’edilizia residenziale pubblica regionale e esporre alcune proposte che ho avuto modo di individuare dopo i cinque anni trascorsi alla presidenza dell’Atc Piemonte Nord.

A rischio, in realtà, non sono solo le manutenzioni di Atc Piemonte centrale ma lo è l’intero sistema delle Atc della Regione il quale non può reggere, così come organizzato, ancora per molto tempo. E questo per due fattori principali.

Un primo è di natura economica. Vero che esistono problemi finanziari (anche generati proprio dai Comuni e dalla stessa Regione che non versano ad Atc quanto a vario titolo dovuto). Le difficoltà più gravi però sono di natura economica e sono di entità ormai tale da consentire alle attuali Atc una sopravvivenza di pochi anni. Nel merito, i ricavi, che sono costituiti esclusivamente da affitti di importo fissato dalla legge regionale (qui considerando la morosità come inesistente), sono insufficienti rispetto ai costi che le Atc devono sostenere per svolgere le proprie funzioni d’istituto, costi rappresentati in prima istanza dal personale, dalle varie imposte e dagli accantonamenti previsti dalla legge e in via residuale da quelli sulle manutenzioni sugli immobili: diminuendo i ricavi e non potendo agire sui costi di personale, imposte e accantonamenti - perché di fatto fissi - il pareggio di bilancio, obbligatorio per legge, non può che essere conseguito riducendo le manutenzioni - che hanno invece natura di costo variabile.

Atc Piemonte Nord ha aumentato le risorse economiche mediante la scelta di applicare l’Iva sui canoni d’affitto: tra il 2016 e 2018, a sostanziale parità esborso per gli assegnatari, è stato possibile reperire per oltre 3 milioni di euro, di cui a regime oltre 1,7 milioni annui: nonostante questo, l’importo di 3 milioni destinati alla manutenzione iscritto nel bilancio 2018 corrisponde, su 10.000 alloggi di proprietà, a 300 euro annui medi per alloggio, cioè un’inezia.

In realtà le difficoltà economiche delle Atc del Piemonte derivano da un canone medio storicamente basso, pari a circa 90 euro al mese per alloggio, ben inferiore alla media, di 130 - 140 euro, delle Agenzie del nord e centro Italia (i 40 - 50 euro al mese di differenza sono minori risorse destinate, per intero, alla manutenzione alla quale di fatto si rinunzia). A ciò poi si aggiunga che i 90 euro mese, già insufficienti, non possono che ridursi ulteriormente in futuro se si considera che le nuove assegnazioni avvengono in favore dei nuclei a più basso reddito, i primi nelle graduatorie, che beneficiano di canoni mensili ancora inferiori.

Vi è poi un secondo fattore, non meno importante, costituito della morosità colpevole. Fenomeno generatosi soprattutto quale effetto della crisi degli anni 2008, è stato per anni sottovalutato e, si può dire, mal gestito dalle Atc e dai soggetti interessati (Comuni e Regione). Oggi ha ormai assunto dimensioni di non ritorno e i dati sono impressionanti: ci sono crediti verso assegnatari che risalgono agli anni ’90, i canoni e le spese vengono pagati per il solo 60% del bollettato; i piani di rientro si sono dimostrati del tutto inefficaci per sanare le posizioni debitorie; nei centri più grandi (ad esempio Novara e Vercelli) il numero delle morosità colpevoli è pressocché pari, ormai, alla metà degli assegnatari complessivi. Le Atc, per legge, nulla possono per contrastare questo fenomeno: dopo aver contestato la morosità, spetta al Comune di residenza dichiarare la decadenza del beneficio dell’alloggio agli assegnatari morosi e, in caso di mancato pagamento, eseguire il rilascio dell’alloggio. I Comuni non vogliono pagare con risorse da attingere nel proprio bilancio i canoni delle nuove morosità (obbligo che deriva dalla solidarietà prevista dalla legge regionale) e quindi cercano di dilatare i tempi della pronunzia di decadenza, spesso utilizzando come alibi l’oggettiva impossibilità di sfrattare le famiglie, proponendo momenti incontro e di valutazione delle singole situazioni, chiedendo di attendere la fine di piani di rientro anche decennali o, genericamente, attribuendo ad Atc una funzione sociale di ente benefico che non è in alcun modo prevista. Le conseguenze finali, di fatto, sono tre: far crescere ulteriormente la morosità, anche per fenomeni di emulazione (“se nulla succede a chi non paga il canone, perché pagare?”), discriminare i nuclei che davvero non possono pagare da quelli che invece potrebbero ma non lo fanno e, non ultimo, ribaltare sulle Atc, e quindi sulla Regione, il costo complessivo della morosità.

Queste sono, in sintesi, le ragioni per cui il sistema della Atc è destinato a breve ad entrare in crisi. Vi sono poi, certamente, numerosi altri ambiti su cui intervenire, che riguardano l’organizzazione, la selezione delle figure apicali, gli organici, i sistemi informativi, per citare le principali. Le cause della crisi però sono i due fattori sopra esposti: affitti troppo bassi e morosità impossibile da perseguire in concreto.

Il presidente di Atc Piemonte centrale, si legge, sta valutando l’ipotesi di trasformazione delle Agenzie in enti pubblici economici, rispetto alla natura di ente non economico che oggi rivestono. Benissimo, è la proposta che in questi anni ho inutilmente avanzato: solo in Piemonte e nella provincia di Bolzano le Atc sono enti non economici a differenza di tutto il nord e centro Italia (e non si può certo dire che il sistema nella nostra regione funzioni meglio). Questa trasformazione, però, da sola non basta. L’unico intervento, radicale, che può far acquisire equilibrio di lungo termine al sistema consiste nel trasferimento ai Comuni di tutti il patrimonio immobiliare delle Atc, in analogia alle scelte operate dalle Regioni Emilia Romagna e Toscana. Così facendo, i Comuni, che hanno l’obbligo istituzionale di provvedere alle esigenze abitative, avrebbero così la facoltà piena e responsabile di decidere le politiche da adottare in tema di decadenza e di eventuali sfratti, di gestione del rapporto con gli assegnatari e del successivo monitoraggio, anche con l’ausilio dei servizi sociali, e di rinunzia o meno agli introiti - a quel punto del proprio bilancio - derivanti dagli affitti, decidendo se lasciare nell’abitazione il nucleo moroso colpevole oppure procedendo allo sfratto. Alle Atc rimarrebbe la funzione di amministrazione dei contratti e di manutenzione degli alloggi, dall’emissione e dagli incassi delle bollette agli assegnatari sino all’attuazione degli interventi programmati con i Comuni, il tutto senza i fardelli economici e finanziari che la legge non prevede a loro carico.

Se davvero il tema dell’edilizia residenziale pubblica è avvertito come cruciale, è da qui che si deve partire, con un approccio mirato, serio e privo di demagogia. Ne va di migliaia di famiglie che hanno bisogno di una casa decorosa in cui vivere e che davvero non possono permettersela e ne va del denaro della collettività.

*Giuseppe Genoni, presidente Atc Piemonte Nord dal 2015 al 2019

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