INTERVISTA

"Il M5s è morto, il Pd superato. Ora favoriscano un fronte civico"

L'ex vicesindaco Montanari, giubilato da Appendino, benedice l'alleanza giallorossa in vista di Torino 2021 però "i partiti dovranno avere una posizione defilata". E condanna l'ala oltranzista dei Cinquestelle: "O ti adegui alla maggioranza o te ne vai"

Una convergenza tra Movimento 5 stelle e Pd potrebbe non essere un male, “purché i partiti che s’incontrano facciano insieme un passo indietro e favoriscano il ritorno di un nuovo protagonismo civico”. A inserire un ingrediente in più in una ricetta ancora da scrivere e che non è detto andrà incontro al palato dei torinesi è, a sorpresa, l’ex vicesindaco della giunta pentastellata Guido Montanari. Docente associato al Politecnico di Torino, radici ben piantate nella sinistra subalpina, uno dei volti più noti del movimento per i Beni Comuni, assieme al professor Ugo Mattei. È stato il “Signor No” di Chiara Appendino, almeno così lo ha dipinto l’opposizione di centrosinistra, etichetta che ovviamente lui respinge, fino a quando lo scorso anno non è stato giubilato per essere sostituito a capo dell’Urbanistica cittadina dal più mansueto Antonino Iaria.  

Professor Montanari, lei è stato per tre anni vicesindaco sostenuto da una maggioranza grillina e osteggiato dal Pd. Ora si potrebbe arrivare a un’intesa in funzione anti-Lega. Che ne pensa?
“Io innanzitutto parlerei di programmi, sono sempre stato diffidente verso alchimie politiche fini a se stesse. L’importante è cosa si propone ai cittadini”.

Il problema è che poi non sempre il programma viene applicato. E anche voi ne sapete qualcosa…
“Certo. La giunta Appendino ha progressivamente abbandonato il suo programma di mandato. In ossequio a ragioni di bilancio, di realpolitik e forse anche un po’ per la voglia di andare per la strada più semplice”.

Che giudizio dà di questi quattro anni targati M5s?
“Il Movimento 5 stelle a Torino è morto. Perché non ha fatto nulla o quasi di quello che aveva promesso, sia dal punto di vista organizzativo sia del programma. Allontanandosi pian piano da quei movimenti che l’avevano sostenuto: quello ambientalista, quello No Tav, i comitati per l’acqua pubblica. Questa esperienza penso si possa considerare conclusa”.

Vorrà mica dire che ha riscoperto una fiducia nel Pd?
“Figuriamoci. Quel progetto lì è superato anche se il Partito democratico ha un vantaggio, gode di un maggiore radicamento sul territorio”.

E allora a chi spetterebbe il compito di creare un’area di centrosinistra?
“Bisogna costruire qualcos’altro. Qualcosa di nuovo. Guardi che le domande che arrivano dai cittadini sono le stesse di quattro anni fa: il sostegno alle periferie, garanzia dei servizi, la tutela del verde, la sostenibilità ambientale sono tutte parole ancora valide. Non se n’è fatto carico il M5s, qualcun altro lo farà”.

E chi può interpretare queste istanze?   
“Mi faccia dire una cosa. Dopo la prima batosta delle Europee, nel 2019, chiesi a gran forza in giunta di discutere, parlare, capire. Tornare nei quartieri per confrontarci con le persone ma non è successo nulla. Si sono sostituiti gli assessori, cambiate le persone, ma non si è mai discusso nel merito. È un problema intrinseco nel Movimento”.

Eppure sono nati con un tasso di assemblearismo che avrebbe dovuto commuoverla…
“Ma non è vero niente. Si sono sostituite le assemblee ai post su facebook, prendono decisioni mettendo una crocetta su Rousseau. Questa non è democrazia, è una balla colossale. Io sono sempre stato per sostenere il partito come luogo di formazione, dibattito e discussione, loro non hanno mai compiuto il passaggio da movimento a partito con forme organizzative e democratiche”.

Ora torniamo per un attimo al 2021. Non è ancora chiara la ricetta.
“Mi piace l’idea di un fronte civico progressista che nasca però da un dialogo dal basso, la costruzione di un programma partecipato dai cittadini, in un processo che i partiti devono sostenere ma da posizione defilata”.

E magari aprendo a un candidato civico della società civile. Sembra quasi che faccia il tifo per il suo rettore al Politecnico Guido Saracco.
“Non mi faccia fare nomi, non è questo il punto. L’importante è condividere un percorso”.   

Intanto c’è già chi è pronto a lasciare il Movimento se ci sarà una convergenza col Pd. Damiano Carretto, uno dei consiglieri a lei più vicini quando era vicesindaco, dice che di un M5s che si allea col Pd non farebbe mai parte.
“Le frange che vanno per conto loro sbagliano. Carretto deve imparare ad adeguarsi alla maggioranza, altrimenti esca. È inutile continuare a fare dichiarazioni contrarie su tutto e poi rimanere lì e votare. In questo senso io sono per il centralismo democratico, se così si può dire”.

Anche sulla Cavallerizza l’ala sinistra del gruppo consiliare sta dando battaglia…
“Io non credo che il progetto approvato sia quello di Fassino. Il centrosinistra nel 2012 era pronto a vendere quel bene ai privati e a farci fare alberghi. Questa giunta, grazie anche al mio lavoro, ha messo dei paletti. Se poi qualcuno ha delle idee alternative e fattibili le tiri fuori. Dire no è fin troppo facile”.

Parola di Signor No. O no?

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