SCIURA PADRUNA

Confindustria e Compagnia, Mattioli non molla (per ora)

Nessun passo indietro su entrambi i fronti. Dal suo entourage smentiscono trattative con Bonomi. Appendino in attesa: l'imprenditrice resta la sua prima scelta per la presidenza della fondazione San Paolo ma crescono le perplessità tra i Cinquestelle

Non sempre chi si presenta primo ai nastri di partenza arriva primo anche al traguardo. Racconta pure questo la storia di Confindustria e lo ricordano in molti, tra scaramanzia e pragmatismo, adesso di fronte alle tre autocandidature per la presidenza sorrette dalle firme il cui numero è solo uno e neppure il più rilevante degli elementi da mettere in conto per cercare di capire come potrebbe finire la corsa per la successione a Vincenzo Boccia.

Se la partita si decidesse con quelle attestazioni di supporto, sarebbe già finita con la vittoria di Carlo Bonomi: il presidente di Assolombarda con 54 firme doppia ampiamente gli altri due candidati, il leader di Unindustria Brescia Giuseppe Pasini a quota 26 e la torinese, attuale vice di Boccia con delega all’internazionalizzazione, Licia Mattioli che di firme ne ha presentate 21. Ma attenzione a tattiche e strategie, avverte chi di elezioni per il posto di comando di viale Astronomia ne ha seguite da vicino ben più d’una: guardare le firme di sostegno come indicatore è come mettere gli occhiali da sole in una stanza buia. Vanno, per esempio, osservati con attenzione coloro che pur avendo già deciso su quale candidato puntare evitano di palesare l’appoggio, così come tra le mosse tattiche di chi sa di giocare una partita difficile c’è pure da mettere in conto la scelta di non alzare troppo il livello di preoccupazione dei concorrenti con il numero delle sottoscrizioni. E tutto ciò anche sempre tenendo conto degli accordi possibili per arrivare se non a una candidatura condivisa, come appare ad oggi difficile, certamente a un testa a testa che potrebbe anche essere sul filo di lana come accadde quattro anni fa tra Boccia e Alberto Vacchi.

Un accordo è stato il piatto rifiutato da Mattioli nell’incontro a pranzo nei giorni scorsi a Milano con Bonomi, il quale avrebbe proposto all’imprenditrice torinese di ritirare la candidatura dando corpo a un fronte unitario che, in quel caso sì, avrebbe spianato definitivamente la strada al presidente di Assolombarda. E a testimoniare come i giochi siano ancora del tutto aperti c’è anche la previsione smentita dai fatti che, proprio nei giorni a ridosso della presentazione delle candidature, dava Pasini in difficoltà nella raccolta delle firme.

Chi conosce bene l’ex presidente degli industriali torinesi invita a non sottovalutare possibili sorprese e, non di meno, il carattere combattivo di colei che in caso di vittoria sarebbe la seconda donna, dopo Emma Mercagaglia, a guidare Confindustria nella storia dell’associazione. E anche questo potrebbe avere il suo peso. Ce l’ha, sicuramente, il lavoro svolto sul fronte estero: non a caso a favore di Mattioli c’è pressoché l’intero comparto delle multinazionali, della moda e fors’anche delle industrie di Stato incominciando da Leonardo, Eni ed Enel. La mappa, in continuo aggiornamento, dei territori segna a favore dell’imprenditrice parti del Veneto, la Liguria, la Valle d’Aosta e il Piemonte con l’eccezione di Cuneo pro Bonomi, ma anche le Marche e ampie parti del Sud.

Carte scoperte solo in parte, quelle che si giocheranno nelle prossime settimane durante i quali i tre saggi interpelleranno territori e associazioni per sondare i consensi, pur avendo tra i compiti anche il vaglio di ulteriori candidature. Giorni in cui potrebbero maturare alleanze già prospettate in un contesto in cui il fronte avversario al presidente di Assolombarda sarebbe pronto a compattarsi per cercare di arrivare al voto in consiglio e ottenere la maggioranza dei 179 voti che potrebbero tornare a 182 se tre consiglieri prima del 26 marzo si rimetteranno in regola con le quote. Di una possibile alleanza tra Pasini, che a sua volta ha ricevuto il sostegno dell’emiliano Emanuele Orsini dopo la decisione di non candidarsi, e Mattioli si è parlato molto ancora prima della presentazione delle firme e questa è un’ipotesi che resta concretamente in campo. Anzi non è affatto escluso che i due in questi giorni possano ragionare proprio su come cercare di stoppare la corsa di Bonomi. E soprattutto su chi debba farlo.

L’imprenditrice del Nord che ha un buon appoggio negli industriali del Sud e che è stata al fianco di Boccia e prima ancora di Giorgio Squinzi, ha dalla sua l’atout della macchina confindustriale romana e, appunto quel Centro-Sud che non vede con grande entusiasmo, pur con alcune eccezioni, lo sbarco meneghino in viale Astronomia. Difficile, anche se ad oggi nulla risulta impossibile, immaginare un inedito asse tra Bonomi e il suo diretto avversario casalingo Pasini e, quindi, non resterà da vedere se tra quest’ultimo e Mattioli si troverà un accordo. Dall’esito dipenderà non solo il possibile futuro della signora dei gioielli in viale Astronomia, ma anche i cambiamenti nello scenario che vede al centro il rinnovo del board della Compagnia di San Paolo, incominciando dalla presidenza.

Un posto per il quale si era fatto insistentemente il nome dell’imprenditrice già tra i vicepresidenti della fondazione. Ipotesi per nulla accantonata nonostante la discesa in campo per viale Astronomia. Formalmente, ha sempre ricordato la diretta interessata, non vi è alcuna incompatibilità, giusto per marcare la posizione. Se quel traguardo non fosse raggiunto, nulla e nessuno può escludere che nel rush finale possa conquistare la poltrona più importante di corso Vittorio Emanuele. Togliendo qualche castagna dal fuoco a Chiara Appendino, sua principale sponsor. La sindaca, pur sempre malmostosa verso una riconferma di Francesco Profumo, eviterebbe così di ricorrere a qualche sotterfugio per evitare di perdere la faccia acconciandosi obtorto collo alla riconferma del presidente uscente. Del resto i segnali arrivati ancora nelle ultime settimane dalla sua maggioranza sono stati più che espliciti, soprattutto con la dura contrarietà espressa ad un ruolo centrale della Compagnia nei progetti di riqualificazione della Cavallerizza, arrivando persino a bocciare la ventilata ipotesi di trasferimento della sede nel complesso juvarriano.

I grillini farebbero invece salti di gioia qualora la prescelta dovesse essere la Mattioli? Certo, l’estrazione imprenditoriale della loro sindaca finora non è stata troppo di imbarazzo, ma da qui a dare il via libera a uno dei massimi rappresentanti dei padroni di Confindustria ce ne passa.Chissà.

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