POTERE & CASELLO

Sitaf, ora la Città Metropolitana strizza l'occhio a Gavio

Colpo di scena. Per uscire dall'angolo dopo la decisione di Appendino di vendere con una gara le sue quote, l'ex Provincia non esclude un patto di governance con il socio privato, depotenziando così la procedura di Palazzo Civico

“Anas ci dica che intenzioni ha su Sitaf”. Nel delicato risiko autostradale a rischiare di rimanere col cerino in mano è la Città Metropolitana di Torino, dopo che Chiara Appendino ha fatto partire l’iter per mettere a gara le sue quote della Torino-Bardonecchia e del Traforo del Frejus mentre il colosso pubblico controllato da Fs prende tempo per valutare il da farsi. Parteciperà o no al bando del Comune? Di qui il grido d’allarme del Consiglio Metropolitano, riunito oggi in corso Inghilterra, che ha approvato all’unanimità un nuovo documento in cui da un lato ribadisce la priorità di mantenere il controllo pubblico sui due tratti autostradali, dall’altro di valutare il da farsi “in assenza delle condizioni necessarie per la stipula di un patto parasociale con Anas”. È evidente, infatti, che qualora Anas non partecipasse al bando o comunque non riuscisse a ottenere le quote di Palazzo Civico, allora il pacchetto in cassaforte della Città Metropolitana, stante le condizioni attuali, non sarebbe più strategico e perderebbe di valore.

In questo momento Anas ha il 31,7% di Sitaf, l’ex Provincia l’8,7% mentre Palazzo di Città ha messo sul mercato il suo 10,7% con una base d’asta di 86 milioni e la prospettiva di raddoppiare almeno l’incasso ottenuto nel 2014 da Piero Fassino, quando cedette senza gara le quote di Comune ed ex Provincia per 75 milioni complessivi: un’operazione poi annullata dal Consiglio di Stato. I giudici amministrativi hanno imposto ad Appendino un bando rendendo il controllo di Sitaf contendibile tra i soci pubblici e quello privato, che nella fattispecie è il Gruppo Gavio, forte del suo 48% (calcolando anche l’1,1 di Ativa).

A leggere in filigrana le pressioni rivolte ad Anas si scorge però un possibile piano B per la Città Metropolitana. L’atto d’indirizzo approvato in aula, infatti “impegna a verificare, in assenza delle condizioni necessarie per la stipula di un patto parasociale con Anas, se sussistano comunque le condizioni per assicurare alla Città Metropolitana l’esercizio di un ruolo di controllo della Sitaf”.Cosa vuole dire? Secondo quanto filtra da corso Inghilterra, qualora l’obiettivo di mantenere il controllo pubblico di Sitaf attraverso un accordo con Anas venisse meno, per valorizzare al meglio le proprie quote l’ex Provincia potrebbe stabilire un patto di governance preventivo con Gavio, depotenziando la gara del Comune di Torino. In sostanza Gavio potrebbe ottenere il controllo su Sitaf senza il bisogno di sborsare oltre 80 milioni per acquisire il pacchetto di Palazzo Civico che a quel punto perderebbe di valore perché sarebbe del tutto ininfluente per determinare i rapporti di forza in campo.

In questo modo la Città Metropolitana prova a uscire dall’angolo dopo quello che in molti considerano il voltafaccia di Appendino, la quale mettendo sul mercato le proprie quote “ha scelto due volte Torino a scapito dell’area metropolitana di cui pure è sindaca” dice Roberto Montà capogruppo di Città di Città, lista espressione del centrosinistra. “La prima volta quando ha deciso di andare a gara lasciando al proprio destino la Città Metropolitana e la seconda respingendo ogni richiesta di temporeggiare in attesa di un eventuale provvedimento del governo” è la tesi di Montà che paradossalmente si trova in questa partita in asse con il vicesindaco grillino Marco Marocco, mentre Appendino – per evitare conflitti d’interesse – non sta più seguendo le vicende della Città Metropolitana legate a Sitaf, come dimostra anche la sua assenza di oggi tra i banchi del Consiglio appena si è affrontata la questione. Di più, la prima cittadina ha anche declinato l'invito a partecipare oggi a una seduta congiunta delle commissioni Trasporti e Ambiente di Montecitorio giudicandola "inopportuna" vista la procedura in corso.

Ci si muove su un crinale sdrucciolevole, con decine di milioni in ballo, forti interessi pubblici e sentenze della magistratura amministrativa su cui è difficile prendersi dei margini soprattutto per chi come Appendino è già così tanto esposta sul fronte giudiziario e pensava di aver ormai acquisito, attraverso la procedura a evidenza pubblica, un tesoretto di oltre 40 milioni utilizzabile in spesa corrente con cui chiudere di fatto il suo mandato. Ora, paradossalmente, è l’ente che lei presiede a metterle i bastoni fra le ruote.

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