Quando serve lo Stato

Gli ultimi eventi che hanno colpito il Nord del nostro Paese sono stati certamente una doccia fredda per tutta la popolazione, medici inclusi. Fatti imprevedibili anche per chi si nutre di letture del genere fantascientifico, accadimenti che generano stupore tra gli stessi fan dei film dalla trama apocalittica (distruzioni quasi sempre dovute a repentini mutamenti climatici, oppure alla diffusione di virus letali).

Non tutti i fenomeni cosiddetti “virali” purtroppo sono generati da una moltitudine di “Like”: questa scioccante scoperta è avvenuta in modo violento e nel giro di una notte. Succede di andare a letto il giovedì rassicurati dalla lontananza geografica della Cina, e quindi del contagio influenzale, e svegliarsi il venerdì in un clima alla “Cassandra Crossing” (lungometraggio per l’appunto del genere “Virus letale”), con tanto di conteggio degli infettati e dei primi decessi da Coronavirus in Italia.

Durante lo scorso fine settimana si è potuto assistere inermi a un incredibile mutamento di scenario, in un susseguirsi di notizie e aggiornamenti che mettevano in un angolo la provincia cinese di Hubei per ascrivere all’attenzione globale il lodigiano lombardo.

Un primo contagio, poi due e tre, in un crescendo dai numeri inquietanti. Il giorno a seguire, sabato, ha assestato un nuovo forte scossone a quello che avrebbe dovuto essere il tranquillo e festoso fine settimana di Carnevale: la geografia del virus poco a poco si è allargata infatti al Veneto, mentre in serata i comunicati stampa annunciavano il primo ricovero a Torino.  

Domenica è stata quindi la giornata delle ordinanze e del rinvio di alcune partite del campionato di calcio di serie A. Decine di comuni blindati da divieti di entrata e uscita. Improvvisamente è cambiata la vita per le tante persone residenti nella provincia di Lodi, area del primo focolaio di infezione, così come è mutata quella del resto degli italiani (sconvolti dai martellanti aggiornamenti).

Il senso di quotidiana sicurezza, lavoro e casa, si è frantumato al pari di un cristallo caduto da notevole altezza, come negli anni di Cernobyl e della prima guerra del Golfo. Le immagini di disastri umanitari, avvenuti in terre lontane, oggi è perfino possibile commentarle affacciandosi alla finestra del proprio salotto.

Un trauma terribile per la nostra comunità nazionale. Incetta (a volte addirittura furto) di mascherine, caccia ai gel igienizzanti, accaparramento insensato di prodotti alimentari nonché di acqua (manco qualcuno avesse avvelenato gli acquedotti comunali) e ricerca degli untori sono solamente alcune delle reazioni individualistiche manifestate con ferocia da una consistente parte degli italiani.

Una psicosi di massa a sostegno, in primis, dei loschi affari di coloro che hanno rubato tutti i flaconi di gel igienizzante in uso negli ospedali di Pozzuoli e di Rieti, e le mascherine professionali al Sant’Anna di Torino, per poter rivendere quei prodotti a peso d’oro. L’alibi delle leggi del Mercato (poca offerta a fronte di un aumento di domanda) permette intanto alle aziende, e a chi commercializza, di adeguare il prezzo dei prodotti di contrasto alla diffusione del virus, i quali hanno raggiunto livelli inauditi di speculazione.

Sciacallaggio favorito, quasi sostenuto, dal sistema mediatico, più che mai generoso dispensatore di report agghiaccianti e geniale nell’ammantare ogni giorno il pubblico con un grande telo nero di Morte. Un tempo i dirigenti Rai ribadivano con orgoglio come il loro fosse un “servizio pubblico”, mentre oggi l’informazione televisiva ha qualcosa di diabolico nel voler costruire con determinazione il panico puro (in buona compagnia con i giornali/carta straccia dai titoli terroristici).

L’obiettivo di fare audience a tutti i costi, come quello di distribuire il maggior numero di copie, ha comportato la diseducazione di milioni di persone, gettate nell’ignoranza per interessi di profitto: la distruzione pianificata del senso civico e della collettività (come bene dimostrano gli insensati assalti ai supermercati).

Non è possibile immaginare quale sarà l’epilogo di questa vicenda, se il vaccino sarà prodotto prima dalla Cina o invece da Trump in persona, ma di certo le cicatrici lasciate dal Coronavirus nelle società occidentali saranno visibili per molti anni.

Questa pesante epidemia influenzale avrà effetti collaterali importanti sia tangibili, nei settori della politica e dell’economia, che metafisici poiché maturati nel contesto del panico collettivo.

Tra i primi, quelli palpabili, l’inevitabile presa d’atto dell’importanza che deve rivestire lo Stato durante le calamità naturali e sanitarie, così come nelle più banali emergenze. L’esigenza comprovata di come la tutela della Salute possa essere garantita esclusivamente dalla Sistema Sanitario Pubblico è incontestabile (da qualsiasi fronte neoliberista). Le falle del modello lombardo, vantato unanimamente dagli opinionisti abbagliati dall’aurea di Formigoni (ricordo, oggi in stato detentivo), appaiono evidenti al di là di qualsiasi vis polemica.

La stessa Protezione Civile non può essere abbandonata sulle spalle degli infaticabili volontari, anche in questo comparto è necessaria una presa di responsabilità da parte dello Stato. È importante inserire un buon numero di personale a libro paga ministeriale sia nella Protezione Civile che tra gli organici della Croce Rossa (il modello è quello francese).

Invece, sul piano delle conseguenze per ora intangibili, gli effetti nell’economia e nella politica. Il fenomeno Coronavirus rischia di tradursi pure nella scomparsa delle attività commerciali di prossimità, mentre si realizza il sogno di una società controllata e blindata, chiusa in se stessa.

Il sospetto generato da uno stato continuo di ansia e paura è la solida base su cui di norma si innalza lo stato di polizia, nonché l’edificazione di alte mura a freno di chiunque possa essere definito “altro”.

La fortezza europea alla fine sarà l’unico organismo irrobustito dall’influenza virale.    

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