Il virus ci presenta il conto

Non passa giorno in cui non ripeta a me stesso che mai avrei immaginato di vivere un periodo di emergenza come quello attuale. È un pensiero ricorrente che mi riporta agli anni in cui a Napoli arrivò il colera. All’epoca ero poco più che bambino, ma rammento ancor oggi le notizie allarmanti che tenevano i miei genitori incollati ai tg e ai quotidiani, così come mi pare di risentire la pressante raccomandazione di non sedersi su una sedia appena liberata da un’altra persona (si diceva che questo fosse un modo di contagio).

I social in quell’occasione non alimentarono l’ansia, così come non lo fecero sul finire degli anni ‘60 durante l’epidemia di influenza “cinese” (Facebook era ancora lontana dalla sua genesi, e Mark Zuckerberg doveva ancora nascere). Nell’emergenza attuale si accavallano invece notizie cariche di drammaticità, sovente rilevatesi fake news dalle fonti inesistenti: frutto del narcisismo di folli pirati del web, in cui districarsi è causa di grandi stress emotivi.

Non siamo abituati a situazioni emergenziali, come bene ha dimostrato la voglia festaiola degli studenti messi a vacanza forzosa, per cui le misure governative restrittive diventano ogni settimana più stringenti e la paura sale.

Non mi sarei mai aspettato di vivere un periodo di questo tipo, scrivevo in apertura, ma invece avrei dovuto prevederlo da tempo. In realtà avremmo dovuto aspettarcelo tutti quanti. Distruggere l’ambiente e la ricchezza della varietà faunistica non può essere di certo una scelta che va a migliorare la qualità della vita di noi esseri umani. Di norma qualsiasi devastazione tende a portare con sé, nel baratro, i suoi fautori: spesso non consci di aver acceso la miccia dei barili di polvere nera su cui sono comodamente seduti.

Da decenni i militanti delle associazioni ambientaliste denunciano le ferite dolosamente inferte al pianeta. Le prime grida di allarme interessavano anni addietro il buco dell’ozono (di cui da tempo più nessuno parla), poi l’attenzione è passata a catastrofi continue, tra cui il disboscamento delle grandi foreste pluviali e la distruzione delle risorse marittime, sino a perderne il conto.

Non è un segreto l’origine delle epidemie virali su larga scala. Il dato è ormai acquisito dalla scienza in modo pacifico: l’estendersi delle megalopoli, e lo sfruttamento alimentare senza limiti delle creature animali, sono alla base di gravi rischi per la salute collettiva.

Miliardi di individui (quasi otto) divorano tutto senza mai dedicare una riflessione al futuro. A peggiorare la situazione, nelle ultime tornate elettoralitenutesi in Europa e nel continente americano, hanno trionfato le forze di destra, notoriamente più sensibili alla grande finanza che ai beni comuni, i cui leader hanno scritto i rispettivi programmi in una chiave decisamente antiambientalista. 

Sono recentissime le posizioni del presidente brasiliano Bolsonaro in merito allo sfruttamento della foresta amazzonica (a cui ha tolto qualsiasi vincolo di tutela), così come le scellerate dichiarazioni del presidente Trump sul riscaldamento globale (che ha definito una manna poiché in antitesi al gelo polare).

Le compagini rosso-verde occidentali hanno sempre rivestito, agli occhi dell’opinione pubblica, l’immeritato ruolo di “antipatici grilli parlanti”. Molti politici e giornalisti accusano i tutori di fauna e flora di essere “petulanti radical-chic”. Ironia e sfottò hanno regolarmente colpito i militanti ecologisti, i quali sono stati vittime di personaggi dall’infinita superficialitàe sovente in malafede, quando etichettano le denunce di danno ambientale con il termine “boiate snob”.

Tra le parole vane espresse dai “soliti nerd fuori moda” della sinistra sociale vi sono anche quelle riguardanti la sanità pubblica. Da decenni le componenti poste a sinistra del Pd denunciano la follia che risiede nel tagliare i posti letto ospedalieri, nonché i continui disinvestimenti a danno del sistema sanitario nazionale. Parole, pure in questo caso, inascoltate e spesso derise al grido di “Siete antichi e nostalgici dello Stato”: le conseguenze di tale effettivo oscurantismo politico sono sotto gli occhi di tutti noi.

Il virus sembra voler presentare ora un conto caro a un’umanità troppo distratta dal potere economico-finanziario, o semplicemente consegnare una macabra lezione che non potremo ignorare in futuro (se vorremo ancora avere un futuro da vivere).

Finita l’emergenza questi saranno i temi che i cittadini, pensando soprattutto ai loro figli, dovranno necessariamente imporre alla classe politica al potere.

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