Testa e coda nell'industria dell'auto

Non è più tempo di statistiche sull’andamento del mercato dell’auto, men che meno su quello italiano, riduttivo e non rappresentativo di ciò che si produce in Italia. Cinicamente il Covid-19 è come la poesia di Totò “A livella”. Chi prima, la Cina e poi l’Italia, chi dopo come tutti gli altri Paesi sono tragicamente colpiti e la produzione, compresa l’automotive, rallenta quasi a fermarsi; quindi se abbiamo uno svantaggio competitivo ora ne avremo un beneficio alla ripresa. Perciò gli imprenditori evitino “ansie da prestazione” che portano a pessimi risultati e figuracce.

La casa automobilistica più esposta al calo di produzione e immatricolazioni è la Volkswagen che in Cina, con 23 stabilimenti, produce il 40% del proprio output complessivo tra componenti e veicoli assemblati. È dei giorni scorsi anche la chiusura degli stabilimenti Ford, Gm e Fca negli Usa e dintorni, come d’altronde avvenuto in Italia. Si dovrebbe ripensare ai fornitori a chilometro zero perché se la Cina è imbattibile nella componentistica elettronica per molti altri componenti c’è spazio per un “ritorno in Patria”. D’altra parte, nel 2020, il primo obiettivo delle aziende automobilistiche non è già più il fatturato ma investire in R&D per affermarsi nel campo della mobilità elettrica. Quindi il pericolo che corrono le aziende è di immettere una quantità tale di denaro nella ricerca a scapito del fatturato. Morire per troppi investimenti è un bel paradosso ma una ipotesi realistica, da evitare.

Il secondo obiettivo, non è il profitto, ma quello di non pagare le pesantissime multe anti-CO2 dell’Unione Europea. Lo spiega l’Anfia “che per obbligare i produttori a intraprendere la strada della motorizzazione elettrica l’Ue, infatti, ci è andata pesante.  Dal primo gennaio 2020 e fino a tutto il 2021 i costruttori dovrebbero pagare 95 euro di multa per ogni grammo di CO2 in più emesso da ogni motore oltre la quota dei 95 grammi/km. Si tratta di una multa salatissima che facilmente arriva a 5.000 euro per ogni modello venduto. I classici diesel da 1.600/2.000 cc Euro6 associati ai molti Suv hanno infatti emissioni non lontane da 150 grammi/km. I conti sono presto fatti: 55 grammi/km eccedenti la soglia di 95 grammi/km moltiplicati per 95 euro a grammo determinano una multa di 5.225 euro. Per vettura. Con questi chiari di luna molti costruttori potrebbero pagare multe miliardarie. Per fortuna l'Ue ha adottato un altro incentivo all'elettrificazione: ogni auto venduta a zero emissioni, cioè con motore solo elettrico, viene conteggiata come sottrazione delle emissioni. Anzi, nel conteggio della media delle emissioni di C02 ogni auto elettrica, almeno fino a tutto il 2021, varrà il doppio. I costruttori infine potranno acquistare buoni "verdi" dalle aziende concorrenti che producono solo modelli elettrici (come Fca farà con Tesla) per evitare di pagare le multe”.

Aggiungo allora un’altra dose di cinismo. La pandemia mondiale del Covid-19 che causa quasi il fermo dell’economia in un momento in cui l’industria deve pensare alla ricerca e a non pagare multe salate anziché a produrre e fatturare, cos’è per le imprese italiane? Un problema? Un’opportunità? Tutte e due?

Altra riflessione. È acclarato che con l’elettrico calano i componenti (motore, trasmissione,…) e l’aumento spinto di Ict faranno crollare l’aftermarket e l’assistenza nelle officine. Non tutti ne sono convinti, vediamo perché.

L’auto ormai si vende a rate mensili compresa l’assistenza programmata, pensate quali vantaggi porta l’assistenza programmata: so quante auto mi arrivano in officina in un anno, in ogni settimana, e il computer di bordo mi segnala le problematiche e quindi cosa acquistare di ricambistica. Sappiamo che ormai l’officina non ripara più nulla ma sostituisce e non rimpiazza il piccolo componente ma i kit complessi, di fatto nel prezzo dell’auto che acquisto è compreso un costo annuale di manutenzione programmata oppure il ricarico è nelle rate. L’auto elettrica non  avrà bisogno di meno manutenzione ma di una manutenzione programmata e costante e poi se si rompe un componente del motore elettrico si ripara o si sostituisce il motore? E i costi? E le batterie come si manuteranno? 

Intanto il valore dell’aftermarket europeo è di circa 320 milioni di veicoli, passeggeri e commerciali, generando un valore superiore ai 240 miliardi di euro l’anno ed è una bella fetta dell’industria automobilistica europea. L’aftermarket continuerà quindi ad operare sulle automobili convenzionali, dato che il motore a scoppio continuerà ad equipaggiare i veicoli ibridi. Sicuramente aumenteranno  i ricambi elettrici e elettronici. I powertrain elettrici sono più digitali di quelli convenzionali e questo impone inoltre nuove professionalità all’aftermaket.

Il mito che le auto elettriche non faranno manutenzione è sfatato da un’ interessante ricerca “Manutenzione auto elettrica e ibrida” di un sito specializzato. La ricerca dimostra che la manutenzione delle auto elettriche sarà costante e tendenzialmente annuale. Sempre dalla ricerca emerge che: “la garanzia sulla batteria forzerà i clienti a fare manutenzione regolare. Ricordiamoci, infatti, che le auto elettriche sono coperte da una garanzia fino a 8 anni sulla batteria (con km variabili a seconda del marchio). Una condizione che richiederà una maggiore attenzione alla regolarità dei tagliandi (ben oltre la durata della classica garanzia legale). In questo contesto, si prevede, che le auto connesse potranno aiutare con la manutenzione predittiva: sarà il veicolo, in futuro, a consigliare al conducente quando e dove fare il tagliando”.

Perché questi due richiami alla R&D e all’aftermarket? Semplice, si parla sempre di Mirafiori e si dimentica che nell’area metropolitana abbiamo un Centro Ricerche Fiat di alcune centinaia di addetti e che a Mirafiori vi sono gli Enti Centrali con circa 5000 addetti. Tutto ciò ha un impatto profondo con il futuro dell’auto e della fusione Fca-Psa che va ricordato e valorizzato. Ricordo anche che nell’ex stabilimento di Rivalta Fca ha avviato un investimento nell’aftermarket e la logistica che dovrà, non solo ospitare Mopar, ma contribuire   a gestire il mercato Emea della nuova società italo-franco-statunitense.

A differenza della famosa ma anzianotta  pubblicità con il grande Mike di una grappa astigiana, qui non si scarta la “testa” e la “coda” conservando solo il “cuore”. Tutt’altro! La Torino industriale deve continuare a produrre auto ma con una “testa” pensante e con una “coda” che garantisca mantenimento sul mercato e la distribuzione del post vendita. D’altra parte la futura Fiat Centoventi sarà venduta con l’accessoristica ad personam acquistabile da Mopar.

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