Il buono, il cattivo e l'ambigua

Assistendo alle sue conferenze stampa pomeridiane, già di per sé malinconiche tra contagiati, deceduti e terapie intensive, si avverte una benevole predisposizione per un uomo che plasticamente denota di non essere a proprio agio in quel ruolo. Angelo Borrelli, Capo del Dipartimento della Protezione  Civile dal 2017 con il governo Gentiloni, confermato da Conte e da questo nominato Commissario straordinario per l’emergenza virus, è un uomo che gioca e si adopera per l’Italia con i suoi tratti bonari, le sembianze da uomo dabbene, stretto però tra una mancanza di leadership e una machiavellica scaltrezza della politica.

Scaltrezza che non manca all’avvocato Giuseppe Conte che, coadiuvato dal solito amichevole apparato mediatico, riesce a far passare avariate impostazioni per lungimiranti scelte e visioni da statista. Riconosciamolo, occorre essere davvero accorti per condire la comunicazione di scelte tecniche-politiche con solenni affermazioni che, ad orecchie disattente, arrivano come profonde verità frutto di una tensione etica degna del miglior monachesimo medievale. “Ho fatto un patto con la mia coscienza. Al primo posto c’è e ci sarà sempre la salute degli italiani. Siamo un Paese forte che non si arrende: è nel nostro Dna, gli italiani, con orgoglio e determinazione, hanno sempre saputo rialzarsi e ripartire. Il bene della salute degli italiani è quello che ci sta più a cuore, è quello che nella gerarchia dei valori costituzionali è al primo posto. Nessuno deve sentirsi abbandonato”.

Retorica, banalità e pravi disegni non giovano allo spessore politico di nessuno, quando si gioca in proprio, lavorando in maniera strisciante per la propria immagine, sarà poi la storia a fare giustizia di apparizioni televisive, dichiarazioni, conferenze stampa, benevole interviste, dello sprone all’uso compulsivo dell’inno nazionale privato di ogni solennità.

Decreti con titoli accattivanti e semantica confusa, vere grida manzoniane, con l’annuncio di pene assai severe per coloro che non dovessero rispettarle, ma che poi, nella realtà, vengono molto disattese, sono il pessimo aspetto comunicativo di una contorta e sempre tardiva strategia anticrisi fondamentalmente non gestibile da un personaggio non autorevole, inidoneo, con poco onore e nessuna nobiltà. Ovviamente, da una crisi scaturiscono sempre delle opportunità e il Presidente è lesto nell’acciuffarle: poteri straordinari, Parlamento silente, massiccia esposizione mediatica. Così come il governo cinese ha saputo utilizzare le circostanze con millenaria abilità per una smisurata crescita di immagine e di ruolo sul terreno geopolitico e per le future prospettive in un’Italia disorientata, ma complessivamente già orientata e disponibile alla cortigianeria.

Non si è compreso, invece, per chi gioca la presidente della Bce Christine Lagarde che, con il suo, a dir poco, sconcertante discorso, “non siamo qui per ridurre gli spread, non è compito nostro”, archiviato come gaffe ma tale non era, il 12 marzo ha provocato la peggiore seduta borsistica della nostra storia, meno 16,92%, facendo svanire 825 miliardi di capitalizzazione in Europa e 68 sulla piazza di Milano e, a differenza delle maggiori banche centrali, ha lasciato poi invariato il costo del denaro. Nel linguaggio borsistico le perdite di valore dei titoli vengono comunemente indicate come “bruciate”; se è corretto per chi ha venduto in perdita, non lo è affatto per chi ha comprato quegli stessi titoli a prezzi estremamente vantaggiosi. E allora, sarebbe stato davvero interessante se Borsa italiana e Consob avessero potuto avere almeno sentore delle potenti mani compratrici. Nella nostra ultima news riportammo una dichiarazione del 2 marzo del membro del board Bce Francois Villeroy de Galhau, anche governatore della Banca di Francia: “La Bce è pronta a sostenere l’economia, se necessario, sebbene non siano ancora necessarie ulteriori azioni”. Una coincidenza la gaffe della Lagarde, non lo crediamo. Ministro francese, direttore generale del Fondo monetario internazionale, contribuì alla rovina della Grecia, in passato avvocato d’affari nel Consiglio di due società con sede in paradisi fiscali, personaggio troppo avveduto per sbagliare come una qualsiasi casalinga di Voghera.

Attraversiamo tempi, grossi e prolungati, di tempesta e noi di Società Libera, partigiani di nessuno, riteniamo che, superata la crisi sanitaria, ai personaggi tratteggiati si debba richiedere di rimettere i rispettivi mandati per manifesta inadeguatezza.

* Vincenzo Olita, Società Libera

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