EMERGENZA SANITARIA

Sindaci e medici in rivolta: "Allo sbaraglio sul fronte"

Il territorio è l'avamposto dove combattere la diffusione del virus, ma amministratori locali e dottori di famiglia sono soli, senza informazioni e con scarse protezioni. Il nodo delle quarantene e dei controlli. Nel mirino la catena di comando dell'Unità di crisi

È una sanità del territorio che frana sotto il peso dell’emergenza, quella del Piemonte. E non certo per debolezza di due sostegni su cui dovrebbe potersi reggere in questa prova difficilissima: i medici di medicina generale e i sindaci. Questi ultimi, “esautorati” del loro ruolo di autorità sanitaria e i primi lasciati con poche o addirittura senz’armi, in una strategia che giorno dopo giorno mostra tutta la sua fragilità nella guerra al coronavirus.

“Non pretendiamo mascheroni da Rambo”, premette Roberto Venesia, segretario regionale della Fimmg, la federazione dei medici di medicina generale, con evidente riferimento all’equipaggiamento del direttore del 118 Mario Raviolo nella sua ormai nota missione nel convento delle suore di Tortona, quando ancora era a capo dell’Unità di Crisi, prima dell’arrivo di Vincenzo Coccolo in corso Marche. E non è, purtroppo, neppure solo una questione di mascherine, che pure mancano ancora. Il problema è molto più complesso e grave.

È una Maginot  indebolita negli anni, trascurata come se il pericolo fosse scongiurato per sempre e poi rimessa in fretta e furia in piedi, con errori che i numeri confermano si stanno pagando carissimi. Ha un acronimo la falla che se non riparata con tempestività può portare a vanificare ogni sforzo, compreso quello di rafforzare ospedali trasformandoli di fatto, assieme a molte cliniche private, in strutture pressoché dedicate esclusivamente al Covid-19. Sisp, sta per Servizio Igiene e Sanità Pubblica. E spetta a questo organismo di ogni azienda sanitaria locale registrare, gestire e controllare i pazienti positivi al virus in quarantena, così come reperire da questi le indicazioni su famigliari conviventi e persone con cui hanno avuto contatti e prevedere anche per loro l’isolamento.

I sindaci ricevono le segnalazioni, non sempre tempestivamente, ma non possono agire. “Dopo una riunione in prefettura si è deciso di avvisare i carabinieri, comunicando nel pieno rispetto della riservatezza i dati dei sottoposti in quarantena, ma nulla possiamo fare di più” dice un primo cittadino della provincia di Alessandria, la più colpita dai contagi, che forse sarebbero potuti essere contenuti almeno in parte se le quarantene fossero state più rapide, diffuse. Se, in molti casi, almeno fossero state attuate.

Lo Spiffero ha raccolto testimonianze dirette di medici contagiati che pur avendo immediatamente segnalato la loro condizione non sono stati richiesti dall’organismo competente di comunicare i nomi delle persone visitate o incontrate. Lo hanno fatto loro, li hanno avvisati loro. Ma quante persone positive al virus sono sfuggite, incolpevolmente, a quel censimento dei contatti indispensabile per porre in isolamento fiduciario coloro che avevano incontrato? E come spiegare il fatto che molti sindaci sono a conoscenza di più casi nel loro comune rispetto a quelli segnalati dalle Asl?

È una rete smagliata quella della sanità di territorio in Piemonte. Eredità sedimentate e conseguenze di scelte orientate sugli ospedali, ma che rischiano di rivelarsi strabiche. “Serve rafforzare al più presto il Sisp, così come giustamente si sono rafforzate le strutture ospedaliere”, avverte Venesia, medico di medicina generale con quarant’anni di esperienza che nel suo ruolo di sindacalista ha proposto alla Regione di utilizzare per quel servizio specializzandi in medicina generale. Ha pure chiesto di dare corso alle misure previste da uno dei tanti decreti con l’istituzione di quelle Unità Speciali di medicina territoriale, ovvero medici dedicati esclusivamente al coronavirus. “Ho proposto di fare un bando regionale, ma il direttore Fabio Aimar mi ha risposto che non hanno tempo per fare bandi”. Così ogni Asl procede per conto suo.

Nel frattempo, su un ideale binario parallelo che sempre più spesso si intreccia con quello dei medici di base i Comuni vivono una situazione di costretta impotenza. “Solleviamo i sindaci dalla responsabilità di dover decidere se e come comunicare i dati statistici ai cittadini e agli organi di informazione. L'Unità di Crisi comunichi i dati statistici Comune per Comune”, ha sollecitato il consigliere regionale del Pd Alberto Avetta, fino a pochi mesi fa presidente di Anci Piemonte. Avetta lamenta anche quei “ritardi di comunicazione dei dati” che molti sindaci denunciano ormai da tempo.

E ci sono altri problemi, all’apparenza banali ma che diventano grossi se non si rivolvono rapidamente. “Ho chiesto che il Sisp abbia un numero dedicato per noi medici, evitando di dover aspettare potendo così velocizzare le comunicazioni in una situazione come questa”, ricorda il segretario della Fimmg. Poi, senza arrivare ai “mascheroni da Rambo”, c’è la questione delle mascherine, cui si aggiungono camici speciali e altri dispositivi nel caso si debba visitare un paziente sospetto di coronavirus. “Qualcosa è arrivato, ma è ancora insufficiente. Stiamo acquistandone anche con una sottoscrizione, ma l’approvvigionamento è difficile, ecco perché serve l’aiuto della struttura pubblica”.

Ad Alessandria il prefetto annuncia l'arrivo di 8.500 mascherine che, fatti conti tra medici di famiglia, 118 e guardie mediche fanno una decina a testa. "I medici del territorio lavorano dal 21 Febbraio ad oggi senza protezioni dal contagio, rischiando di dover abbandonare la propria postazione di lavoro lasciando scoperta l’assistenza o di diventare essi stessi soggetti che diffondono il contagio presso i propri assistiti", il drammatico quadro nelle parole del presidente dell'Ordine provinciale Mauro Cappelletti.

Frana anche sotto la spinta di “protagonismi e confusione” nella catena di comando, quel fronte avanzato contro il propagarsi del virus. Una rete territoriale che, aldilà delle enunciazioni e delle riforme, mostra ancora troppe smagliature, inefficienze e lentezze burocratiche che diventano pericolosissime falle del sistema con un drammatico effetto domino sugli ospedali. Quarantene che ancora troppo spesso vengono applicate in maniera non sufficiente e sindaci che aspettano ogni giorno il bollettino con l’elenco dei contagi e, purtroppo, delle vittime dal quartier generale. Dove, forse, qualche strategia andrebbe rivista, anche ascoltando e rafforzando una prima linea, meno visibile del provatissimo fronte ospedaliero, ma non meno cruciale.

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