EMERGENZA ECONOMICA

Ci vuole un piano per riaprire

Lo stato maggiore dell'industria piemonte esprime grande preoccupazione per le conseguenze che avrà lo stop prolungato dell'attività produttiva. A partire dall'automotive. Ravanelli, Gallina e Marsiaj: "Non rimandare oltre la ripresa"

Un piano concertato con tempi e misure certe per minimizzare le perdite e sostenere le ripartenze. È fondamentale non rimandare oltre la ripartenza. Il mondo imprenditoriale piemontese guarda con preoccupazione agli effetti dello stop imposto dall’emergenza coronavirus, a partire dai dati “in profondo rosso” del mercato dell’auto. “Come si temeva – dice il presidente di Confindustria Piemonte Fabio Ravanelli – i primi dati sono drammatici e colpiscono la nostra regione al cuore della sua capacità ed eccellenza produttiva, la filiera legata all’automotive. Per assicurare un futuro alle migliaia di lavoratori e centinaia di imprese che operano in questo settore ribadiamo pertanto la necessità di definire al più presto un orizzonte di rilancio, un piano concertato con tempi e misure certe ed efficaci, per minimizzare le perdite e sostenere le nostre aziende nella ripartenza dopo la crisi, sempre - naturalmente - nel rispetto delle più stringenti misure di sicurezza”.

Sulla stessa linea il presidente dell’Unione Industriale di Torino, Dario Gallina, secondo cui “non possiamo permetterci un ulteriore blocco dell’attività produttiva, che vada oltre quello già previsto. È fondamentale riaprire le fabbriche il prima possibile per evitare drammatiche crisi di liquidità alle nostre aziende, con effetti irreversibili per il futuro del Paese. Le riaperture – aggiunge – dovranno avvenire all’insegna di ogni possibile garanzia di sicurezza per i nostri collaboratori, in quanto noi per primi siamo interessati alla tutela della loro salute”.

Parla di “tsunami senza precedenti” il presidente di Amma, l’Associazione delle aziende metalmeccaniche, Giorgio Marsiaj. “In Piemonte nell’automotive – ricorda – operano circa 750 imprese, pari al 35% dell’intero comparto in Italia, con circa 70 mila occupati diretti e indiretti. L’automotive da sola rappresenta il 14% degli investimenti della manifattura in Italia e il 19% della spesa in Ricerca e Sviluppo. Ho più volte ribadito che se va in crisi la filiera dell’auto, va in crisi l’intera industria italiana e quindi la nostra economia. I numeri dimostrano che l’auto è il cuore della nostra manifattura, principale contributore dell’export nazionale”.

print_icon