Attenti alle strette eccessive

L’epidemia di Covid-19 non si sviluppa in un mondo piatto ed omogeneo. La sua epidemiologia vive di densità, non di distanza. Questo è un dato sostanzialmente dimenticato nel dibattito corrente e ancor più nel processo legislativo. Dall’inizio dell’epidemia, quasi due mesi fa, abbiamo vissuto un proliferare di norme locali, regionali e nazionali atte a limitare, in modo affrettato, movimenti e attività. Dallo scorso 11 marzo in particolare, questa normativa si è caratterizzata per la sempre maggiore trascuratezza del dato geografico, attivando dispositivi universali che si applicano senza distinzione tanto al centro metropolitano affollato che all'ultimo paese dall’ultima valle alpina. Ha veramente senso tutto ciò?

 Nell’emergere della crisi, quest’azione si può leggere come un disperato tentativo di garantire l’art. 32 della nostra Costituzione. Dopo un mese dall’inizio dell’emergenza nazionale, è ragionevole un ulteriore inasprimento di queste norme sull’intero suolo regionale? In particolarmente, ha senso un provvedimento non proporzionale, cieco al dato della densità abitativa e che nulla aggiunge a favore di una maggiore tutela della salute in luoghi veramente di rischio, a partire dal micro-livello degli ascensori e delle scale condominiali?

Tanto si è criticato la Cina perché è stata incapace quest’anno come nel 2002 ad attivare politiche di contenimento locali, decentralizzate, puntuali per contenere il diffondersi del morbo, arrivando quindi a applicare brutali soluzioni centralizzate. Non è comprensibile perché si sia voluto seguire quel modello, nella regione dei mille sindaci, in cui si passa da una densità di oltre 5.000 persone a chilometro quadro, a paesi con una densità inferiore ai 50 abitanti a chilometro quadrato; tanto meno è chiaro come si voglia far rispettare una tale normativa senza voler creare stati di polizia o ridurre il provvedimento a grida manzoniano.

Ormai non si può di certo più parlare dell’epidemia Covid-19 come un’emergenza. Dobbiamo parlare tristemente di una nuova stagione della vita della regione e del continente. Ci è quindi necessario ed utile uscire dall’angoscia del momento, e dall’ansia da prestazione. Ogni atto, ordinanza, decreto o legge, non serve quindi più a superare un’emergenza, ma a riscrivere una nuova stagione. Alla luce di ciò, più che editti autocratici e draconiani, meglio riportare al centro i territori ed i loro sindaci, dando loro strumenti per far sì che le disposizioni restrittive siano sempre ragionevoli e proporzionali, quindi socialmente e sanitariamente efficaci. In caso contrario avremo creato solo paura, tensione, rabbia e, alla lunga rivolta.

*Michele F. Fontefrancesco, Università degli Studi di Scienze Gastronomiche

print_icon