CORONAVIRUS & POLITICA

"Gestione confusa, troppi morti" Salizzoni bacchetta la Regione

Per il mago dei trapianti la responsabilità maggiore è dei "capitani Cirio e Icardi che non hanno saputo tenere la rotta" e ora il Piemonte rischia la deriva. Segnalazioni disattese, errori di valutazione e catena di comando poco efficiente

«Si vuole negare l’esistenza di un caso Piemonte. Eppure se dopo la Lombardia, la nostra Regione sta pagando il prezzo più alto in termini di decessi, non credo sia causa del destino cinico e baro». Mauro Salizzoni, “mago dei trapianti” da un anno vicepresidente del Consiglio regionale (Pd), attacca la gestione dell’emergenza coronavirus in Piemonte. «La risposta affannata e non priva di errori delle prime settimane è comprensibile – dice all’Ansa –, ma non è più accettabile la gestione confusa della Regione, che pare non avere sotto controllo la situazione». Qello è l’anello debole. «L’Unità di crisi sta facendo il suo, le Asl pure. Gli ospedali stanno reggendo grazie a sanitari che fanno miracoli in strutture in molti casi decrepite. Quello che manca è l’assessorato alla Sanità», aggiunge Salizzoni, direttore del Centro Trapianti delle Molinette di Torino in pensione dal dicembre 2018.

«Il Covid-19 ha messo a nudo impietosamente le carenze organizzative della struttura regionale – sostiene – ormai sguarnita delle migliori professionalità che, vuoi per spoils system vuoi per scelta personale, hanno scelto di emigrare altrove». Salizzoni cita i problemi registrati in queste settimane per quanto riguarda «Rsa, medici di famiglia, tamponi, mascherine e dispositivi di protezione, sanità territoriale: la nave dei capitani Cirio e Icardi – dichiara – non ha saputo tenere la rotta, si è infranta contro questi scogli e ora rischia la deriva. Nell’analisi comparativa elaborata dall'Università Cattolica emerge con chiarezza, dati alla mano, come il Piemonte non abbia tenuto il passo non solo del Veneto ma neppure di altre Regioni di Nord e Centro Nord. Indietro sul numero di tamponi, indietro su mascherine e dispositivi di protezione individuale, indietro sull’attivazione delle Usca», le Unità speciali di continuità assistenziale.

«Se vogliamo uscire dal lockdown senza commettere fatali errori che ci costringerebbero a ritornare al “tutti in casa”, e se vogliamo reggere la probabile seconda ondata di fine estate, bisogna programmare presto e bene tutta una serie di cose». La ricetta di Salizzoni, prevede «ospedali solo Covid-19, in modo tale che le altre strutture sanitarie regionali, free Covid, possano tornare a dare risposte sanitarie a tutti gli altri pazienti riprendendo l’attività chirurgica; quindi percorsi separati senza più alcuna commistione. La medicina “normale” – sostiene – deve poter continuare a tornare a fare il suo lavoro. Riscontriamo anche “morti indirette”, ovvero persone con sintomatologie conclamate che non si recano al Pronto Soccorso per paura di venire infettate, e così restano a casa da sole senza assistenza. E poi test diagnostici al fine di poter assegnare una patente di immunità che consentirà a molti di riprendere a lavorare; tracciamento tecnologico; monitoraggio e assistenza dei positivi che sono in quarantena. E, oltre a gestire la fase 2, dobbiamo programmare il futuro, senza perdere più tempo sul versante dell’edilizia sanitaria. Dobbiamo pensare alla sanità come investimento produttivo: a cominciare dal Parco della Salute di Torino, che non sarà solo un nuovo ospedale, ma un’infrastruttura strategica e un prezioso volano economico».

«La reazione dell’Unità di crisi alle critiche dei medici mi è parsa scomposta nei toni e autoassolutaria nei contenuti», conclude Salizzoni che bolla come «un litigio incomprensibile per i cittadini oltre che dannoso» quello dei giorni scorsi. «In questa tragica fase più che polemizzare servirebbe ascoltare Ordine dei medici, Anaao, Fnmmg, sindacati degli infermieri, e sforzarsi di correggere eventuali sbagli, mancanze e criticità –  sostiene –. Un compito che spetterebbe alla politica, quindi ai vertici della Regione, a Cirio e a Icardi». Parecchio latitanti. «Bene hanno fatto i sindaci del torinese a chiedere alla Regione di cambiare marcia, di rafforzare il lavoro di squadra con i Comuni e definire una catena di comando rapida ed efficace – osserva Salizzoni –. Verranno ascoltati o le loro richieste riceveranno risposte ora stizzite ora burocratiche? Una quindicina di giorni fa un gruppo di oltre 300 medici di medicina generale mi hanno fatto pervenire un appello, chiedendo di inoltrarlo ai vertici della Regione. Lamentavano questioni molto importanti, non solo la carenza di protezioni, ma soprattutto mancanza di sincronizzazione tra l’unità di malattie infettive e il medico di famiglia. Il direttore Aimar mi ha risposto con una riga e mezza inviatami per mail. Quanto denunciato meritava maggiore attenzione e soprattutto qualche risposta concreta».

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