PALAZZO LASCARIS

Pd, Ravetti getta la spugna

Il capogruppo dem in Consiglio regionale annuncia le dimissioni dalla guida della formazione in Regione Piemonte. Criticata la sua linea giudicata troppo morbida nei confronti di giunta e maggioranza. Per la successione Gallo in pole position

Appena un anno alla guida del primo partito d’opposizione a Palazzo Lascaris e Mimmo Ravetti getta la spugna. Contrariamente a ogni previsione, dunque, la prima vittaima "politica" del coronavirus è nella minoranza e non tra chi ha gestito – tra mille difficoltà – l'emergenza.

In una lettera al segretario regionale del Pd Paolo Furia e al tesoriere Daniele Borioli, l’ormai ex capogruppo comunica che “il 13 giugno prossimo porterò a termine il mio incarico”. Una “scelta insindacabile”, come la definisce lui stesso nella missiva presa in ossequio al “principio dell’alternanza degli incarichi” e che ora riapre il confronto all’interno del gruppo dem, dopo le divisioni che un anno fa avevano caratterizzato l’elezione dello stesso Ravetti, il quale passa la mano anche per “dedicare particolari attenzioni al territorio da cui provengo”, la provincia di Alessandria, tra le più colpite dall’epidemia, dove “l’assenza di parlamentari (…) ha generato un vuoto che deve essere colmato anche con un mio maggiore impegno”.

In questi mesi Ravetti ha sempre privilegiato un’opposizione volta al dialogo con una maggioranza che, per contro, si è spesso dimostrata sorda alle proposte in arrivo dall’altra parte dell’emiciclo. Un atteggiamento che ha generato anche critiche, considerato troppo remissivo nei rapporti con il centrodestra, e causa di una frattura con una parte del gruppo dem. Durante l’emergenza sanitaria Ravetti ha mantenuto un basso profilo, mentre medici, infermieri, sindacati criticavano a testa bassa l’operato della giunta di Alberto Cirio e dell’Unità di crisi da lui istituita. “La politica è sempre mediazione tra posizioni differenti ma lo è ancor più nelle attività legislative dove le parti in causa sono moltissime. Sapete, come so io, che si media nel gruppo, tra i gruppi, con il partito, con i partiti, con la giunta, con i dipendenti, con i dirigenti del Consiglio, con gli elettori. Tra tante mediazioni quella più complicata è con noi stessi. Su questo io non riesco a trovare più accomodamenti” scrive Ravetti mal celando una certa delusione. Troppo consociativo? In molti lo pensano. In queste settimane si è ritrovato spesso a rincorrere i colleghi, come nel caso della richiesta di una commissione d’inchiesta, avanzata dai consiglieri Daniele Valle e Domenico Rossi, e poi sostenuta non senza mugugni da tutti i gruppi d’opposizione.

Nella lettera Ravetti in parte ammette le difficoltà incontrate: “Questo è il tempo in cui la Politica deve avere chiaro che il conflitto sociale si è acuito e, giorno dopo giorno, sempre più persone saranno alla ricerca di protezione e di garanzie per i loro diritti: lavoro, impresa, professione, salute, ambiente, istruzione, giusto per citarne alcuni. Tutto questo mentre pochi accatasteranno sempre più ricchezze e privilegi. La destra si è schierata con una risposta a queste paure, una risposta banale che sappiamo essere sbagliata, ma è una risposta. Noi invece dobbiamo ancora perfezionarla. Proprio per questo concreto impegno, con tanta umiltà, ritrovo la passione autentica per la Politica e per l’attività legislativa in opposizione all’attuale maggioranza regionale, non altrettanto quando impiego la maggior parte del mio tempo nella pur fondamentale attività di mediazione nelle stanze fisiche e virtuali del Consiglio regionale. E se quel che vale per me vale anche per voi ecco che il principio “dell’alternanza” ha ancora più senso”.

Infine la chiosa: “Vi assicuro che nel frattempo mi farò carico degli affari correnti e lavorerò affinché dal 14 giugno chi tra noi avrà il compito di presiedere il gruppo lo potrà fare in armonia e con il pieno sostegno di tutti”. E proprio sul futuro, al momento, suggerirebbero un avvicendamento nel segno della continuità con l’attuale vice, Raffaele Gallo, come Ravetti zingarettiano, seppur di estrazione fassiniana. Un figlio e fratello d’arte essendo erede di babbo Salvatore, alias l’Uovo, già ras socialista del Psi subalpino ed emulo di Stefano, ex assessore nella giunta comunale del Lungo.

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