"Ricostruire" la politica

Se dobbiamo attenerci a ciò che ci dicono i più autorevoli sondaggisti e commentatori su piazza, arriviamo ad una semplice conclusione. E cioè, da un lato si registra una profonda caduta – e quasi unica nella sua gravità – di credibilità dei politici tra la pubblica opinione italiana dal secondo dopoguerra. Appena sopra il 4% di fiducia. E, dall’altro, una sostanziale scomparsa, se non una profonda irrilevanza, dei partiti come soggetti organizzativi decisivi per orientare e incanalare la partecipazione politica e popolare. Il tutto, purtroppo, aggravato dalla mancanza della “fisicità” che è sempre stata una costante decisiva della battaglia e della lotta politica. Una fisicità impedita, come tutti sanno, dalle norme a tutela della salute dopo la drammatica emergenza sanitaria nazionale che ci ha colpiti.

Ora, siamo di fronte ad un nodo che, prima o poi, dovrà essere sciolto. In sintesi, la politica sarà solo e sempre più un fatto di pochi, sempre più “verticalizzata” come ci ricordava Ilvo Diamanti recentemente su Repubblica che delega il suo futuro alle virtù miracolistiche e salvifiche di un “capo”? Se così fosse, non potremmo che decretare anzitempo la fine della politica che abbiamo conosciuto e sperimentato per molti anni. E cioè, partecipazione popolare, ruolo decisivo dei partiti, costruzione democratica dei relativi progetti politici e, in ultimo, una organizzazione democratica e partecipativa dei partiti stessi, anche se maldestra e un po’ approssimativa negli ultimi anni. Con tanti saluti anche alla qualità e alla trasparenza del nostro modello democratico e delle stesse istituzioni democratiche. Se non nella recita e nel ricordo protocollare, burocratico, e un po’ ipocrita, delle virtù e dei meriti della nostra organizzazione democratica ed istituzionale.

Ecco il bivio di fronte al quale ci troviamo e che si è ulteriormente aggravato dopo la terribile e devastante pandemia. Si tratta, cioè, o di assistere passivamente alla deriva oligarchica e plebiscitaria della nostra democrazia con il tramonto, di fatto, dei partiti e con una classe dirigente sempre più verticalizzata che si riconosce fideisticamente nel capo di turno, oppure si cerca di invertire la rotta recuperando la miglior tradizione democratica del passato e riproponendo, seppur in forma aggiornata e moderna, i tasselli costitutivi di una efficace e virtuosa organizzazione democratica e costituzionale. È perfettamente inutile fingere che non sia questo il vero problema politico che abbiamo di fronte. E tocca principalmente a chi non si rassegna supinamente ad inseguire le mode attrezzarsi per riavviare una nuova stagione politica nel nostro paese. Perché il dopo pandemia, sempreché siamo già al dopo, contempla anche la “ricostruzione” della politica. Ovviamente di una politica democratica e costituzionalmente ispirata.

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