POST COVID

Liste d'attesa, ogni Asl fa da sé

Il difficile ritorno alla normalità della sanità piemontese. La Regione non ha un piano per smaltire le migliaia di prenotazioni bloccate da tre mesi. Rivetti (Anaao) all'attacco: "Non ci stiamo preparando a una eventuale ripresa del virus. Dove prenderemo i rianimatori?"

Era già un’emergenza prima del Coronavirus. Adesso quello delle liste di attesa è il problema più grande e potenzialmente esplosivo per la sanità piemontese. Il numero delle prestazioni bloccate dai primi di marzo si conta in diverse centinaia di migliaia e su come recuperare i tre mesi di stop (eccetto interventi indifferibili) si giocherà una partita difficile ma che necessita di essere giocata nel migliore dei modi per evitare che gli effetti collaterali prodotti dalla pandemia diventino a loro volta un’emergenza sanitaria non meno grave.

“A che punto siamo con le liste d’attesa per visite e interventi?” chiede il consigliere regionale del Pd Domenico Ravetti in un post indirizzato in corso Regina, dove l’assessore Luigi Icardi ha dato indicazione alle Asl di riprogrammare le prestazioni prenotate contattando i pazienti senza che questi debbano richiedere una nuova prescrizione. Allo stesso indirizzo si rivolge anche l’Anaao-Assomed: “Siamo molto preoccupati. A un problema che già era estremamente grave, si aggiunge un’enorme mole di prestazioni da recuperare e questo con una carenza di personale che ancora non è sanata”, spiega Chiara Rivetti, segretaria regionale del sindacato dei medici ospedalieri.

“Bisogna innanzitutto e rapidamente completare gli organici carenti con assunzioni che già si sarebbero dovute fare, ancor prima dell’emergenza Covid”. Nel frattempo ciascuna azienda sanitaria pare procedere in maniera autonoma cercando soluzioni tampone per cercare di avviare lo smaltimento di quegli elenchi infiniti, cui ovviamente si aggiungono le prestazioni che vengono richieste ogni giorno.

“Alcune Asl, tra cui la Città di Torino, sembrano intenzionate a coinvolgere il privato accreditato per un supporto nell’erogazione delle prestazioni ambulatoriali, anche se – aggiunge la sindacalista dell’Anaao-Assomed – la questione presenta ancora degli aspetti da chiarire: i privati dovrebbero fornire i loro servizi comprendendo il corrispettivo economico nel budget assegnato dalla Regione”. E va ricordato che il contratto per l’anno in corso tra la Regione e i privati accreditati non è ancora stato firmato ed è proprio in questi giorni oggetto di trattative con un nodo non ancora sciolto sulla compensazione tra prestazioni ambulatoriali e ricoveri.

Altre aziende sembrano orientate a incrementare i turni degli specialisti pagati in libera professione, ovvero l’Asl paga i suoi medici che su base volontaria aumentano il loro orario e lo fa sborsando 60 euro lordi l’ora attingendo dal suo bilancio. In ogni caso di parla di una “progressiva ripresa” delle prestazioni di fatto congelate da oltre due mesi. Quanto possa essere rapida la progressione resta un’incognita. Più sarà lenta, anche per via delle misure di sicurezza introdotte per evitare contagi da Coronavirus e dei tempi necessari per sanificare gli ambulatori ad ogni visita e garantire di non affollare i locali di attesa, più sarà difficile evitare che il periodo tra la prescrizione e la visita o il ricovero si allunghi anche di molto rispetto ai tempi già per nulla brevi che segnavano da anni molte prestazioni.

Tra le conseguenze anche il probabile aumento al ricorso a strutture fuori regione accentuando anziché riducendo, come da tempo di cerca di fare, la mobilità passiva che rappresenta una delle voci di peso sul bilancio della sanità del Piemonte.

Liste d’attesa, ma anche preparazione all’eventualità che nessun virologo può escludere con certezza, ovvero una seconda ondata di contagi in autunno. “Per ora, tutto bene: tamponi per nuove diagnosi non se ne fanno più molti, quindi se ne possono anche utilizzare un po’ per testare pregresse infezioni di 2 mesi fa, i cittadini spendono volentieri per avere una patente di immunità che in oltre il 93% dei casi non avranno, i centri privati festeggiano. Ma in caso di ripresa del focolaio, come siamo messi?” chiede Rivetti. La segretaria regionale del sindacato dei camici bianchi ospedalieri pone una seri di interrogativi: “Le Asl stanno facendo scorte di maschere e tutti i dispositivi di protezione? organizzato? Negli ospedali, stiamo mettendo in atto tutte le iniziative per evitare la diffusione dell’eventuale contagio? Le visite ambulatoriali riaprono con disposizioni per garantire il distanziamento?”.

Un punto su cui si ripresenta il problema del personale, riguarda le terapie intensive. Il ministero ha indicato in 610 i posti letto che il Piemonte deve predisporre, di fatto più che raddoppiando la dotazione. “Ma se aumentiamo i letti in rianimazione, dove prendiamo i rianimatori? Prima del Covid le carenze erano gravissime, adesso in Piemonte sono stimate in 150 rianimatori. Abbiamo iniziato a formare i neo-laureti, o gli specializzandi? Sappiamo dove ci sono le carenze maggiori?” chiede ancora Rivetti, concludendo con una domanda che può apparire una provocazione, ma potrebbe essere anche una drammatica premonizione: “Abbiamo un piano per l’autunno o manderemo poi tutti a fare il sierologico, dopo?”.

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