Torino resta capitale dell'auto

Torino è la capitale italiana dell’automobile, nonostante oggi sia molto ridimensionata. L’importanza della città nella storia mondiale dell’automobilismo è testimoniata anche dall’omaggio fatta dalla Ford chiamando un suo modello Gran Torino, auto a cui Clint Eastwood ha dedicato un film. Questo glorioso passato sembra non interessare più nessuno e anzi sembra quasi che in città per alcuni sia da disprezzare, altrimenti non si capirebbe la lotta che si fa alle auto con blocchi e limitazioni varie della circolazione e molteplici balzelli. È chiaro che in una città bisogna tener conto di tutti gli interessi, ma ciò implica il rispetto per gli automobilisti e non la cancellazione delle loro esigenze. Tra l’altro, per quanto alcuni possono trovare meraviglioso andare in giro in monopattino e in bici, non sono mezzi adatti a tutti. Anziani e disabili sono costretti ad usare l’auto ed esistono apposite automobili con i comandi modificati per permettere ad alcune categorie di disabili di poter guidare ed essere autonomi negli spostamenti.

Tra le restrizioni esistenti a Torino e provincia c’è il divieto di circolazione per i veicoli a benzina euro 0, il tutto giustificato per motivi ambientali. Una prima considerazione da fare è che molti provvedimenti a favore dell’ambiente vanno a colpire i meno abbienti e ad avvantaggiare chi ha più risorse. Nel caso dell’auto è emblematico: chi ha un’auto vecchia è perché non ha i soldi per cambiarla, mentre chi è ricco ha sempre auto nuove e può permettersi di pagare posteggi costosi o l’accesso alle ZTL.

L’assurdità si raggiunge con i veicoli storici, quelli iscritti a degli appositi registri. Questi veicoli se sono euro zero non possono circolare se non per andare alla revisione o partecipare a raduni: praticamente non si possono utilizzare. Premesso che nessuno usa un’auto d’epoca per fare il pendolare è piuttosto ovvio che chi possiede un veicolo vorrebbe utilizzarlo. Questo divieto ha delle conseguenze sia economiche che culturale e aggiungerei anche affettive. Intanto i veicoli storici iscritti negli appositi registri sono circa 400.000 su un totale di veicoli circolanti in Italia pari a 51,7 milioni di cui poco più di 39 milioni sono automobili. Quando si parla di veicoli storici si parla di numeri insignificanti sul numero totale dei veicoli circolanti in Italia e in più sono veicoli che percorrono pochi chilometri all’anno risultando così il loro contributo all’inquinamento complessivo del tutto trascurabile. La giustificazione dell’inquinamento per il blocco di questo tipo di veicolo non regge.

Consideriamo ora le conseguenze di questo blocco dal punto di vista economico. Tali divieti di fatto azzerano il valore di mercato dei veicoli d’epoca: chi comprerebbe un’auto sapendo di non poterla utilizzare? Fortunatamente non tutte le regioni e comuni hanno regole così assurde, ma ovviamente chi volesse comprare un veicolo storico ci pensa due volte. Questo azzeramento di valore costituisce una sorta di patrimoniale occulta di cui non ne beneficia neanche lo stato. In Italia si parla spesso di patrimoniale, ma di fatto esistono tante piccole patrimoniali occulte che distruggono la ricchezza degli italiani. Questa distruzione di valore ha conseguenza anche sul lato dei consumi: si chiama effetto ricchezza. L’esempio classico che si fa sempre è quello dell’incremento del valore delle azioni; il possessore di azioni all’aumentare del prezzo di mercato delle proprie azioni si sente più ricco e spende di più anche se non le vende. La stessa cosa accade con le auto storiche: se da un giorno all’altro si azzera il valore del veicolo posseduto, mentalmente si contabilizza una perdita e si riduce la propensione a spendere.

Altra assurdità sono le tasse che si pagano sui veicoli storici. Se l’automezzo non si può usare trasformandosi in una sorta di scultura perché obbligare alla revisione e a pagare il bollo? La Lombardia al contrario del Piemonte ha mantenuto delle agevolazioni per le auto iscritte nei registri storici.

Altro aspetto è quello culturale. Gli autoveicoli hanno una storia che ormai sfiora il secolo e mezzo e rappresentato un’innovazione che ha trasformato la vita degli uomini di tutto il pianeta rendendo possibile lo spostamento di uomini e mezzi in qualità e quantità prima impensabile. Basti pensare ai tanti pendolari che arrivano nelle grandi città cosa impensabile in passato. Cosa sarebbe stata l’Italia senza la Ferrari o Torino senza Fiat, Lancia per citare solo i nomi più noti e i tanti carrozzieri che hanno fatto grande l’auto italiana e accompagnato la trasformazione dell’Italia da nazione agricola a nazione industriale? Senza considerare che alcune auto sono delle vere e proprie opere d’arte frutto della fusione del sapiente lavoro artigianale e della migliore tecnologia. Citiamo solo la Cisitalia 202 esposta al MoMa, il museo di arte moderna di New York. I tanti appassionati conservano un pezzo di storia a proprie spese permettendo a tanti di usufruire di bellezza e storia gratuitamente nei raduni o semplicemente quando portano l’auto a fare un giro. Una nota tecnica; i veicoli a motore per conservarsi hanno bisogno di essere usati e non di marcire in garage: il miglior modo per distruggere un veicolo è quello di non usarlo. Pertanto le limitazioni alla circolazione dei veicoli storici oltre a causare un danno ai proprietari per il mancato utilizzo, provoca anche deterioramenti a livello meccanico ed elettrico ai veicoli.

 A livello economico non bisogna dimenticare che dietro il veicolo storico esiste una filiera economica non indifferente fatta di meccanici e carrozzieri specializzati, artigiani della pelle e dei tessuti, senza dimenticare il settore del turismo in occasioni di raduni, gare, fiere e mostre. Si vuole distruggere tutto questo? L’Italia è così ricca da poter buttare soldi dalla finestra?

Le limitazioni alla libertà causano inevitabilmente danni economici collaterali. La libertà è il miglior volano delle attività economiche.

Un’ultima nota riguarda l’aspetto affettivo: quanti conservano la vecchia auto di un genitore anche se non ha nessun valore economico? O la prima auto che si è posseduta? Perché impedire tutto questo? Già l’auto è un bene super tassato, almeno si lasciassero in pace i veicoli storici testimonianza del passato e di bellezza.

Dalla città di Torino, una delle capitali delle automobili a livello mondiale, ci si aspetterebbe una maggiore attenzione per la sua storia. Perché qualcuno in città odia il suo passato e forse il suo presente?

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