VERSO IL 2021

Torino attende (ancora) il cambiamento

È la domanda rimasta in sospeso dal 2016. Chi saprà offrire una risposta credibile avrà maggiori chance di vincere le prossime elezioni. La delusione verso Appendino e l'incognita del governo giallorosso. Per il sondaggista Noto sarà cruciale l'autunno

Torino aspetta ancora il cambiamento. “La maggior parte degli intervistati ha motivato la bocciatura di Chiara Appendino per la mancata realizzazione della svolta promessa”, rivela Antonio Noto autore del recente sondaggio che ha visto precipitare la sindaca al novantasettesimo posto. E proprio i timori della conquista (per la prima volta nella storia) di Palazzo Civico da parte del centrodestra dopo essere tornato a guidare la Regione, paiono ancor più giustificati nel centrosinistra così come nei Cinquestelle proprio dalla ragione che la stragrande maggioranza dei torinesi ha indicato alla base del giudizio negativo su Appendino.

La grande delusione. Lì è arrivata, sprofondando nei consensi la prima cittadina, da lì devono ripartire tutte le forze politiche per cercare la vittoria, l’anno venturo. “Nel 2016 l’attuale sindaca ha vinto contro Piero Fassino raccogliendo la protesta, ma soprattutto il desiderio di cambiamento, ha promesso di attuarlo, ma alla luce del responso che arriva quattro anni dopo è una promessa non mantenuta. Che, può sembrare strano, ma nel giudizio pesa ancor più rispetto a errori o scelte pur criticate”, osserva il sondaggista di fatto confermando un sentire diffuso da tempo.

Certo una buona parte della città, sconvolta e provata dalla tragedia di piazza San Carlo appena un anno dopo l’arrivo a Palazzo di Città della giovane bocconiana, non tralascia affatto quell’evento nel giudizio sulla sindaca, così come scelte impopolari, la Ztl su tutte, hanno fatto da zavorra nella calata verso l’abisso del gradimento. Disvalori aggiunti a quel sentimento di fiducia tradita che resta marchio, ancor più bruciante per chi l’aveva riposta proprio in virtù di una promessa di svoltare con decisione, di rompere con il Sistema Torino (poi rapidamente abbracciato nei suoi simboli più evidenti e potenti), ben presto tradita.

Nel frattempo il M5s a livello nazionale è, quanto a intenzioni di voto e nei voti delle ultime elezioni, un partito lontano nei numeri che aveva nel 2016. “Per questo bisognerà vedere in quali condizioni arriverà a ridosso delle comunali torinesi – osserva Noto – e se si farà o meno l’alleanza con il Pd”. Già, quell’alleanza che i piddini torinesi continuano ad escludere, mentre il loro segretario nazionale Nicola Zingaretti la auspica alle regionali per non consegnare pezzi importanti del Paese alle destre.

L’alleanza che esponenti locali dei Cinquestelle, ultimo in ordine di tempo l’ex presidente del Consiglio comunale Fabio Versaci, indicano come baluardo, anche qui, contro un centrodestra che mai è riuscito a governare la città, anche se sfiorò la vittoria in passato con Raffaele Costa (Polo delle Libertà) nel 1997 e poi con Roberto Rosso che perse al ballottaggio contro Sergio Chiamparino nel 2001 per meno di sei punti, ma che la prossima primavera potrebbe riuscire nell’impresa fino ad oggi impossibile.

C’è, però, un’incognita ulteriore sulla coalizione giallorossa che molte circostanze, a partire proprio dalla possibile esperienza alle regionali così come da spinte nazionali del Pd sul partito torinese, potrebbero far uscire dalla dichiarata infattibilità. Riguarda il doppio filo con cui la coalizione Pd-M5s a Torino sarebbe legata alle sorti del Governo e, soprattutto, al giudizio dell’esecutivo che arriverà in autunno quando la crisi economica (augurandosi non se ne ripresenti anche una sanitaria) farà sentire i suoi effetti più pesanti.

“Adesso c’è una forza e un consenso di Giuseppe Conte piuttosto che del suo Governo. Ma come ci ritroveremo in autunno, con le previsioni di un Pil di 11 punti con segno negativo davanti? – si chiede Noto – Se la crisi sarà forte, le tensioni sociali, il malcontento contro il Governo aumenterà e una coalizione riproposta in una città come Torino potrebbe avere l’effetto boomerang, avvantaggiando il centrodestra”. E se “Torino ha bisogno di rassicurazioni, ma anche di quel cambiamento atteso invano”, le due forze politiche che già hanno governato la città, una anzi la sta governando ora, potrebbero vedere queste esperienze anche come un ostacolo al consenso. Il Pd in particolare non può certo immaginare di presentarsi con un “dove eravamo rimasti?”, liquidando questi cinque anni come una parentesi, senza segnare una profonda discontinuità con il passato.

Prova non meno difficile per i Cinquestelle che forse proprio a Torino prima che altrove, hanno sperimentato con Appendino quel cambiamento in senso governativo e di sistema, esattamente opposto a quanto annunciato in campagna elettorale e ragione di gran parte dei consensi che portarono quattro anni fa alla vittoria.

Basterà unire le forze, come Zingaretti chiede oggi di fare alle regionali, per impedire al centrodestra di mettere un suo uomo o una sua donna nel posto dove oggi c’è Appendino, “una Cinquestelle moderata”, per usare la definizione del sondaggista? “Per decidere se andare insieme ai Cinquestelle o da solo, il centrosinistra dovrebbe aspettare la prova dell’autunno e vedere come ne esce il Governo. In politica anche pochi mesi possono essere un periodo molto lungo".  

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