SANITA'

Falle nell'assistenza medica, sulle Rsa il faro dell'Oms

Un report evidenzia carenze nelle strutture per anziani. L'Anaste denuncia: "Nel 70% dei casi i pazienti non sono affidati al medico di medicina generale". Le responsabilità delle Asl. L'ex ministro Balduzzi: "Mai fatto spending review sul sociosanitario"

“In Piemonte alcuni medici di medicina generale si sono organizzati per contattare i pazienti anziani telefonicamente con cadenza periodica per informarsi sulle loro condizioni di salute e per fornire loro consigli comportamentali”. È quanto si legge, insieme al riferimento all’auspicata rete di monitoraggio territoriale con i medici-sentinella, in un documento relativo alle Rsa dell’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità elaborato su un report della Rete Covid-19 Italy Vulnerabilities, cui aderiscono esperti in diversi settori e che opera con l’Oms per individuare soluzioni anche in vista di una seconda ondata di Coronavirus.

Una fotografia, ovviamente incompleta, quella che scatta l’Oms sul Piemonte, ma che già a prima vista fornisce un’immagine diversa e più carente rispetto, per citare un caso, a quella del Veneto dove “la Regione ha ben gestito la situazione degli anziani in Rsa attraverso l’uso di tamponi e di test sierologici ogni 15 giorni per tutti gli anziani ed il personale presente nella struttura”. Sempre secondo il report dell’Oms, “questa pratica ha limitato i contagi ed abbassato i tassi di morte nelle strutture residenziali”. La percentuale di decessi nell’ambito delle strutture nella Regione governata da Luca Zaia e con una sanità di territorio assai più attrezzata che altrove e capace di reggere l’urto è stato pur sempre attorno al 40%, ma in termini assoluti gli anziani ricoverati nelle Rsa che hanno perso la vita sono stati decisamente meno, rispetto allo stesso Piemonte dove i dati fissati al 29 aprile attestavano 660 morti in più rispetto all’anno scorso.

Nessuno, a partire dall’assessore alla Sanità Luigi Icardi, nega che le strutture residenziali per anziani e disabili siano state e siano il punto più critico e debole di fronte agli effetti del virus. E non solo per la fragilità degli ospiti. Tant’è che una riforma del settore, auspicata da più parti, è considerata un’assoluta priorità e un primo schema di intervento nei giorni scorsi è stato consegnato a Icardi e al presidente Alberto Cirio dal coordinatore della task force per la medicina territoriale Ferruccio Fazio.

Falle di un sistema e carenze che affondano le radici ben prima del presentarsi della pandemia e alle quali si deve porre rimedio al più presto. Basterebbe un dato: “nel 70% delle Rsa piemontesi i medici di medicina generale non fanno gli accessi programmati previsti dalla normativa”, denuncia Michele Assandri, presidente regionale di Anaste, una delle sigle che raccolgono i gestori delle strutture. “E questo accade non per colpa dei medici, ma delle Asl che continuano in molti casi a non fare i bandi per affidare, come previsto per gli anziani ricoverati in regime di convenzione, ad ogni medico i venti ospiti per un totale di sei ore settimanali di accesso programmato per la sorveglianza clinica”. Il risultato di questa anomalia è che “gli anziani vengono trattati dal medico che li seguiva prima del ricovero, ma che non ha nessun obbligo di fare gli accessi in struttura”.

Ecco che quel passaggio del report dell’Oms relativo al Piemonte risulta ancor più comprensibile e altrettanto grave, descrivendo una situazione per molti versi lasciata all’iniziativa dei singoli medici di medicina generale. Un sistema che soffre anche di una carenza di fondi, tant’è che l’ex ministro Fazio ha indicato in una quindicina di milioni la cifra annua necessaria per poter concretizzare la riforma e il governatore Cirio, insieme a Icardi, l’altro giorno ha confermato la disponibilità a mettere sul tavolo venti milioni da aggiungere al plafond di circa 240 per le convenzioni Asl, vincolando le Asl alla spesa di almeno il 90% delle somme.

Se la mancata applicazione della norma sull’utilizzo dei medici di medicina generale per i ricoverati in convenzione data ormai otto anni, la riduzione del 5% delle rette non è da attribuirsi ad decreto Balduzzi, come affermato dal presidente di Confapi Sanità, Michele Colaci, bensì da annoverare tra le misure assunte nell’ambito del piano di rientro cui era sottoposto il Piemonte. “Io avevo escluso il socio-sanitario dalla spending review – precisa Renato Balduzzi, al vertice del ministero della Salute nel Governo di Mario Monti –. Questo per ovvie ragioni: era e continua ad essere un settore in grossa sofferenza. Era chiarissimo che dalle manovre di razionalizzazione in ambito ospedaliero, dove c’erano duplicazioni e servizi appunto da razionalizzare, le risorse ottenute dovevano essere trasferite sul territorio”. Allo Spiffero l’ex ministro conferma la sua valutazione sulla necessità che sulle Rsa ci sia "ancora molto da fare, incominciando dal dotarle, qualunque sia la loro natura, di un medico di struttura, una presenza sanitaria costante, così come è indispensabile che la presa in carico da parte del medico di medicina generale dei ricoverati sia veramente tale attuando concretamente e in maniera efficace i concetti di continuità assistenziale e di rete territoriale”.