FARE CENTRO

Calenda, un'Azione di forza in Piemonte

Cresce il consenso per la formazione dell'ex ministro che a fine settembre darà il via a Torino alla fase congressuale. Al vertice la diarchia Molinari-Lubatti. L'arrivo di Costa ha rotto gli argini verso il centrodestra: Napoli e Ruffino "tentati". No ad alleanze con il M5s

“Da noi conta quello che si dice e poi si fa”. Cosa faranno i calendiani la primavera prossima a Torino, lo dicono fin d’ora partendo da quel che non faranno mai: “Mai con i Cinquestelle”. E questo non sorprende visto che Azione è nata proprio dalla frattura di Carlo Calenda col Pd (nel quale era entrato da poco) sull’apertura, auspice e artefice Matteo Renzi, al governo giallorosso.

Quella frase che sembra costruita per diventare slogan, oltre alla strada per le comunali torinesi dove la formazione dell’ex ministro dello Sviluppo Economico si presenterà con il proprio simbolo, segna pure uno dei suoi principali tratti distintivi e costitutivi. “Pragmatismo”, ripete Claudio Lubatti, l’ex assessore ai Trasporti con Piero Fassino sindaco, uscito dal Pd per entrare insieme all’amico senatore Matteo Richetti tra i primissimi nell’allora embrionale partito che adesso nei sondaggi sorpassa, sia pur di poco, la stessa avventura renziana.

E proprio con Italia Viva, con cui condivide l’irremovibile niet a una coalizione con i Cinquestelle nella competizione elettorale sotto la Mole, potrebbe aprirsi un’ipotesi di rassemblement contemplando anche formazioni civiche. Vero che tra Calenda e Renzi l’idillio sia parola sconosciuta al vocabolario e i due caratteri forti si prendano poco, ma è altrettanto vero che in ambito locale i rapporti tra i protagonisti delle ultime due scissioni dal Pd sono decisamente migliori. Che poi più che scissione è stato un abbandono, quello dell’ex titolare del Mise, capace in meno di un anno di ridisegnare il nuovo perimetro della sua creatura politica, superando i confini del centrosinistra. Un Passaggio a Nord-Ovest celebrato e sancito in maniera evidente e pesante con il recente approdo di Enrico Costa.

L’ex ministro di lunga, ma non ininterrotta (con l’esperienza in Ncd), militanza nelle file di Forza Italia, anima autenticamente liberale, oramai forestiera in un centrodestra populista e sovranista, non è per Calenda solo un colpo grosso parlamentare, ma anche e soprattutto rappresenta l’imprimatur, appunto, liberale a un soggetto riformista che con “un Pd trasformato dall’alleanza con i Cinquestelle e sempre più grillinizzato”, per usare l’immagine del politico di Mondovì, è ancora più lontano di quanto non fosse già.

C’è questo e molto altro, dal garantismo ai temi della giustizia, dal rigore economico (nelle scelte e nelle loro applicazioni concrete) che non collide con l’esigenza riformatrice, nel taccuino di viaggio di Calenda che il prossimo 30 settembre sarà proprio a Torino e da qui avvierà la fase congressuale, il momento più importante nella vita (seppur giovanissima) di un partito.

“In Piemonte abbiamo 45 comitati territoriali con circa 1.500 iscritti, la metà dei quali a Torino”, elenca Gabriele Molinari, ex consigliere regionale, un’esperienza in Scelta Civica poi l’approdo al Pd renziano, quindi anch’egli tra i primi calendiani piemontesi e diarca con Lubatti. Lui, come l’ex assessore comunale lo è del settore dela Mobilità e Trasporti, è responsabile nazionale per le Professioni e il Lavoro Autonomo. Numeri in crescita, come attestano i sondaggi, quelli del partito di Calenda che rispetto all’atteso e mancato botto renziano con un’organizzazione territoriale di Italia Viva senza fino ad oggi grandi segni di vitalità, sembra correre di più. In autunno il farsi pienamente partito con la fase congressuale, ma anche possibili annunciate sorprese.

Dieci giorni prima della venuta a Torino del leader di Azione, le elezioni regionali segneranno un punto si svolta, soprattutto per Forza Italia da cui altri potrebbero seguire la strada tracciata da Costa. Se, come si ipotizza, sarà Mara Carfagna a lasciare il Cav confermando rumors parlamentari e portando in dote al polo centrista e riformista un pezzo di Sud, non parrebbe azzardato immaginare un’analoga decisione per la coppia azzurra di Giaveno. Osvaldo Napoli e forse ancor più Daniela Ruffino si porterebbero dietro un cospicuo numero di amministratori locali, oltre che di elettori in quell’area dove il loro bacino elettorale è storicamente consolidato. Comunque bocce ferme fino al 20 settembre. Nessuna migrazione, nessun movimento né parlamentare, né nei territori, visto che non conviene a nessuno compiere passi prima di sapere come sarà andata nelle urne. Niente simbolo e niente liste alle amministrative d'autunno, anche se nei comuni più grandi, quelli sopra i 15mila abitanti Azione ci sarà con candidati riconoscibili, da Alpignano a Moncalieri.

Poi per il partito “che non fa e non farà sconti al Governo, restando fermamente all’opposizione”, come ribadisce Costa, si tratterà di aprire a previsti nuovi arrivi in ambito parlamentare e la prossima primavera giocare sotto la Mole (così come a Roma) la prima partita sul territorio. Calenda che ha salutato l’annuncio della ricandidatura di Virginia Raggi con un tweet lapidario “la seconda ondata”, per Torino ha già chiara l’idea di presentare una lista. Altrettanto chiaro il posizionamento: mai dove ci sono i Cinquestelle. E a sigillo quello che potrebbe essere uno slogan, ma anche una stoccata a chi proprio per le comunali potrebbe cambiare ancora idea. “Da noi conta quello che si dice e poi si fa”.     

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