Preferenze o collegi? Nulla di tutto ciò

Dunque, ci risiamo. Archiviato il referendum con un risultato già scontato, adesso è il turno della riforma della legge elettorale. Perché, come da copione, ogni maggioranza di governo si cuce addosso una legge elettorale che, almeno sulla carta, dovrebbe garantire una vittoria facile alla prima data utile per il voto. Una tradizione puntuale che si rinnova dopo la fine della prima repubblica e che, altrettanto puntualmente, favorisce quasi sempre lo schieramento avversario rispetto a quello che la neonata legge elettorale dovrebbe premiare. Almeno così è stato sino ad oggi. E adesso, appunto, ci risiamo. Ma con un piccolo particolare che, in questa stagione politica, non può essere sottovalutato. E cioè, dopo aver “tagliato” - per dirla con i 5stelle - poco meno di 400 “poltrone” favorendo un “risparmio” per i futuri stipendi non più riscossi dai parlamentari liquidati, se si accelera troppo sulla riforma della legge elettorale c’è il concreto rischio che poi si vada al voto anticipato. E, di fronte a questo scenario tutt’altro che peregrino, la terribile paura dei pentastellati fa novanta e, di conseguenza, si è disposti a tutto pur di non incrociare il “sentiment” dei cittadini elettori.

Tuttavia, almeno per uno straccio di coerenza con quello che si è detto e sbandierato per tutta la campagna elettorale referendaria, della legge elettorale occorre pur parlarne. Purché non si arrivi al varo definito per evitare, appunto, di dare la parola agli elettori e di perdere all’istante i tanto detestati benefit...

Comunque sia, il nodo di fondo resta sempre e soltanto uno solo. E cioè, come vengono eletti i deputati e i senatori. Visto e considerato che la governabilità e la stabilità degli esecutivi, come l’esperienza largamente insegna, non è purtroppo garantita da nessun sistema elettorale per l’eccessivo tasso di trasformismo di caratterizza, oramai da tempo, le vicende e i comportamenti politici nostrani. E allora il nodo da sciogliere è sempre uno: vogliamo affidare la scelta ai cittadini o alle oligarchie di partito? Perché alla fine di questo si tratta. Ma, su questo versante, è bene non farsi facili illusioni e di non cadere nella trappola di chi, simpaticamente, straparla di ritorno alle preferenze o, più modestamente, dei collegi uninominali. E questo per un motivo molto semplice, anzi persin semplicissimo.

Con partiti personali, del capo, del guru e con partiti che non sono più partiti ma semplici cartelli elettorali, l’unico elemento che non sarà mai tollerato – anche se i miracoli ispirati dalla Divina Provvidenza sono sempre possibili... – è quello di perdere il controllo e il potere di nomina dei parlamentari. È una banalità talmente elementare che non richiede ulteriori spiegazioni. Pertanto, chiudendo questa rapida riflessione, i cultori della preferenza unica o delle preferenze multiple come nella prima repubblica o dei collegi uninominali che hanno segnato una bella pagina per la politica e la democrazia del nostro paese, possono mettersi il cuore in pace e ascoltare con il dovuto distacco le promesse del tutto virtuali degli esponenti di quei partiti che predicano che la scelta dei parlamentari sarà appaltata ai cittadini elettori. Così non sarà. È a tutti evidente e chiaro. È meglio saperlo prima per evitare poi di stracciarsi le vesta in un secondo momento. Perché ciò che si dice in pubblico, nella politica italiana contemporanea, è di norma diametralmente opposto a ciò che si fa poi concretamente nelle sedi politiche e legislative.

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