INTERVISTA

Innovazione e nuovo welfare nel Piemonte delle Coop

Va superata la fase dei sussidi, ora occorre un serio piano di investimenti. Il sistema delle imprese, la politica e una visione dello sviluppo. Il ruolo dei settori anticiclici. Colloquio con Dimitri Buzio, neo presidente regionale di Legacoop

“Negli ultimi sei mesi a Torino sono state assunte 80mila persone, soprattutto in quei settori che definiamo anticiclici rispetto alla crisi generata o acuita dal Coronavirus. Speriamo di poter continuare ad assumere, anche stabilmente e anche in quei settori più colpiti. Perdere posti di lavoro? Le cooperative prima di lasciare a casa un socio lavoratore fanno di tutto per evitarlo, ma se lo scenario sarà diverso da quello che ci auguriamo…”.

Lo scorso anno le 446 cooperative associate di Legacoop Piemonte hanno fatto registrare un valore di produzione di quasi 3 miliardi di euro, pari al 2,6 per cento del pil regionale. Con 688.500 soci e 30mila occupati il mondo della cooperazione rappresenta una grande impresa, anche se questo termine a molti suona ancora inusuale. Appena eletto alla presidenza reginale, lo scorso luglio, Dimitri Buzio, 45 anni, biellese, laurea in Legislazione d’impresa alla Bocconi, esordio in politica nei Ds poi militante nel Pd, un passo del suo discorso lo ha dedicato alla necessità di “non dimenticare l’eredità del nostro passato”, ma anche di “spogliarci dei panni del Novecento e reinterpretare il nostro ruolo secondo nuovi schemi che sappiano parlare alla realtà del nuovo millennio”.

Presidente, tra quei panni c’è anche la maglia politica che per alcuni voi continuate a vestire e che vi garantirebbe vantaggi?
“È ovvio che il pregiudizio ci può essere. Noi diciamo sempre alla politica che deve cambiare, ma anche noi dobbiamo cambiare, tocca a noi dimostrare che sulle questioni importanti ci siamo a prescindere dai colori politici. Lo stiamo facendo. Però quella mia affermazione aveva un’altra ragione”.

Quale?
 “Nasceva dalla consapevolezza che quando si parla di cooperativa, ancora si assume una sorta di contraddizione tra essere impresa ed essere, appunto, cooperativa. Questa dicotomia deve essere superata. Noi siamo un’associazione datoriale”.

Così si è abituati a definire Confindustria.
“Infatti. Pensi che la Lega Cooperative è nata nel 1886, eppure non la sia riesce ancora ad identificarla pienamente nelle associazioni datoriali. Eppure noi abbiamo problemi analoghi a quelli delle imprese di Confindustria, di Api, della Cna e con loro dobbiamo costruire dei rapporti e delle filiere per rilanciare il territorio. Dobbiamo cercare di interpretare i bisogni che le nostre imprese hanno in un contesto difficile, però lo dobbiamo fare tenendo presente il contributo che possiamo dare al territorio”.

Cooperative sempre più imprese, ma non si finisce col dare ragione a chi sostiene che l’unica differenza è che voi pagate meno tasse e avete più strade aperte dalla politica?
“Assolutamente no. Lo scambio mutualistico è la differenza fondamentale, il dare una risposta ai bisogni, dove quelli primari sono la garanzia del lavoro, la riorganizzazione di un servizio, sono valori che portiamo nell’agire quotidiano. Oggi si dice che l’impresa vincente sul territorio è quella che valorizza il proprio personale, la cultura dell’innovazione. Ma questi sono elementi centrali da centovent’anni della cooperazione. Sui valori la differenza la dobbiamo mantenere, ma non ci dobbiamo mascherare nella diversità per affrontare le sfide del mercato”.

La politica?
“In Piemonte noi abbiamo sempre avuto rapporti istituzionali importanti con tutte le giunte, sia di centrodestra sia di centrosinistra. Se l’approccio è trasparente, corretto sei un attore di sviluppo. Su quello ci si misura”.

Quanto e quali dei vostri settori sono stati maggiormente colpiti dalla crisi generata dal Covid, che si è aggiunta a quella che già gravava su Torino e il Piemonte?
“L’edilizia, la logistica non legata alla grande distribuzione hanno sofferto e soffrono ancora molto. Ma anche le coop che operano nelle strutture museali e la cooperazione sociale, come del resto i servizi legati alla manifattura. Nell’ambito degli stessi comparti hanno sofferto di più le cooperative medio piccole”.

Anche questo è un elemento che vi accomuna alle imprese, tradizionalmente intese molte delle quali hanno dovuto chiudere o rischiano di farlo. A chi vi accusa di pagare meno tasse cosa risponde?
“È vero che c’è ancora un leggero risparmio fiscale, ma è legato all’indivisibilità delle riserve che nel momento di un’eventuale scioglimento delle cooperativa vanno al fondo nazionale mutualistico. Noi dobbiamo marginalizzare ma, appunto, le riserve sono indivisibili. Una differenza che ne ha generato un’altra positiva: le nostre cooperative sono più longeve delle imprese dello stesso settore”.

Il Covid ha colpito pesantemente, ma alcuni comparti hanno addirittura aumentato il lavoro, basta pensare alla grande distribuzione dove voi siete presenti in maniera massiccia con Novacoop.
“È così, settori anticiclici rispetto alla crisi generata dal Covid hanno retto bene, anche, e voglio sottolinearlo, sotto il profilo della sicurezza sanitaria. E questo è un aspetto molto importante, insieme a quello occupazionale ed economico”.

Il mondo delle cooperative è stato accusato da Matteo Salvini e non solo da lui in quell’area politica di aver lucrato e di essere cresciuto sull’accoglienza agli immigrati. Qualcuno, magari, lo ha davvero fatto o no?
“Molte nostre cooperative quando erano state ridotte le tariffe giornaliere avevano deciso di non partecipare più ai bandi, non c’erano le condizioni per fornire un servizio adeguato. Recentemente in provincia di Cuneo alcune cooperative sono state indagate, ma non appartenevano al nostro sistema, anzi sono i nostri maggiori nemici. Quello delle false cooperative è un problema serio. Abbiamo raccolto centomila firme per un’iniziativa di legge popolare contro la cooperazione spuria. Però voglio anche dire che le responsabilità sono individuali, quando un’azienda fallisce non si mette sotto accusa tutto il sistema delle imprese, lo stesso deve valere per noi”.

Serve un aggiornamento delle leggi?
“A livello nazionale la norma risale a vent’anni fa. In Piemonte, invece, c’è un’ottima legislazione regionale che con la richiesta di parametri e requisiti è un argine importante contro le false cooperative”.

Sono sufficienti le misure messe in campo per affrontare la crisi?
“La prima fase è stata fondamentale, ma i sussidi non possono essere la soluzione, serve strategia chiara e velocità nelle decisioni. Mi piacerebbe che i soldi che arrivano venissero spesi per sostenere le condizioni per la ripresa”.

Come vede il futuro del Piemonte?
“La differenza, lo slancio per affrontare e uscire dalla crisi e la devono fare l’innovazione e la manifattura. Noi dobbiamo fare la nostra parte per supportare lo sviluppo, soprattutto nell’ambito dei servizi e del welfare che dev’essere rafforzato, in una visione di sistema. Le esperienze di cooperative di professionisti, per esempio nel caso dei medici, e delle partnership pubblico privato nell’assistenza e in sanità, come accade già all'ospedale di Settimo,  sono un modello concreto di innovazione indispensabile per lo sviluppo economico e l’occupazione”.

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