Calenda, i candidati e Torino

La candidatura, potenziale e ancora del tutto incerta, di Carlo Calenda a sindaco di Roma può innescare una novità politica non irrilevante nella selezione delle candidature per le prossime elezioni comunali. Torino compresa. E le novità sono sostanzialmente due. Innanzitutto, e finalmente, ricomincia a contare la competenza. Non intesa in senso accademico o scientifico. Ma politico. Personalmente non mi riconosco nel partitino di Calenda né sono particolarmente affascinato dalla sua modalità allegra e spensierata del far politica. Ma è indubbio che il profilo di Calenda non può essere banalmente confuso con chi ha teorizzato per molti anni che l’inesperienza, l’incompetenza, la casualità e l’improvvisazione erano i punti cardinali del cambiamento epocale della politica e del suo modo d’essere nella società contemporanea. Cioè la cosiddetta rivoluzione grillina.

Ecco, una candidatura come quella di Calenda – sempre se sarà confermata, anche se uomini come Sassoli per la carica di primo cittadino a Roma avrebbero avuto un gradimento trasversale, massiccio e quasi insindacabile – ha il merito di rompere quella concezione che ha provocato seri disastri alla politica italiana. Tanto a livello nazionale quanto a livello locale. E la concreta esperienza di questi ultimi anni l’ha confermata in modo persin plateale. In secondo luogo la potenziale candidatura di Calenda a Roma ha il doppio merito, come sottolineava recentemente Massimo Franco dalle colonne del Corriere della Sera, di rompere quel meccanismo che prevede per questo genere di elezioni o la carrellata di candidature – uomini e donne non fa alcuna differenza – espressione di ciò che resta dell’apparato di partito oppure, in alternativa, del solito esponente della società civile. Che resta un luogo misteriosamente sempre puro, immacolato e incontaminato.

Ecco, una proposta come quella di Calenda rompe questo meccanismo e introduce una novità, tutta politica, che rimette in discussione un cliché a cui siamo da troppo tempo abituati.Insomma, due elementi che possono condizionare e influenzare anche il dibattito in corso in altre grandi città. A cominciare proprio da Torino. Dove, a tutt’oggi, lo scenario che si presenta è proprio quello – almeno nel campo del centro sinistra – di una sventagliata di candidature di partito in alternativa al solito, e gettonatissimo, candidato delle sempreverde società civile. A volte le novità che maturano altrove possono innescare processi politici che sino a poco tempo prima erano del tutto impensabili. Almeno su questo versante il nome di Calenda a Roma può dare un contributo per il metodo e il merito da perseguire in altre città.

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