Una destra non truce

L’annuncio del tutto scontato con il quale il sindaco Appendino ha ufficializzato quello che ormai era ben chiaro a tutti da molto tempo, ovvero la sua rinuncia alla candidatura per le amministrative del 2021, getta nel panico l’intera maggioranza (in alcuni casi con delle reazioni alquanto scomposte) segnando una sorta di liberi tutti con un conseguente “si salvi chi può” da parte di consiglieri e assessori in carica. Un intero gruppo di persone passate dalla marcia trionfale verso Palazzo Civico alla disperata ricerca di una scialuppa di salvataggio che gli possa garantire un’occupazione futura.

Tralasciando i dettagli di un bilancio del tutto negativo del quinquennio, già ampiamente trattati, mi soffermerei piuttosto sugli insegnamenti che se ne possono trarre dall’esperienza vissuta: prima di tutto, l’onestà, che dovrebbe essere una conditio sine qua non per ogni persona impegnata nella gestione pubblica, non è purtroppo sufficiente a garantire capacità e preparazione amministrativa. Stesso ragionamento si può fare sull’effettivo valore del ricambio fine a sé stesso: lo scambio tra un politico di professione capace e un cittadino qualsiasi privo di esperienza e competenza non è un buon affare per tutti, formare una classe dirigente competente non è facile e non si improvvisa in poche settimane.

Fare opposizione è estremamente semplice, quando poi però si passa dall’altra parte emerge la quasi totale impossibilità a realizzare quanto promesso, soprattutto se si creata una squadra di collaboratori fortemente impreparati. La macchina burocratica italiana è del tutto anacronistica, impossibile non incorrere in qualche errore tanto è vero che anche gli onesti vengono condannati: cavalcare sempre e comunque il giustizialismo a fini elettorali prima o poi si ritorce contro.

Due sono le domande alle quali occorre dare una risposta per capire come sarà il futuro della nostra città. Prima di tutto, cosa succederà adesso nel centrosinistra? Per dare una risposta occorre guardare con attenzione direttamente alla politica romana e alle indicazioni che verranno date al territorio. L’alleanza governativa prevarrà, con un accordo tra il Pd e il M5s che si concretizzerà direttamente al secondo turno (a Torino sarebbe del tutto improponibile e sicuramente troppo penalizzante elettoralmente un candidato comune fin da subito, meglio quindi un bluff al primo turno) giustificato da uno scontatissimo obiettivo di non consegnare Torino alla destra. La sintesi, come si usa dire in politica, verrà trovata su un nome, quasi sicuramente proveniente da corso Duca degli Abruzzi, che non sia ostile all’elettorato pentastellato e possa rappresentare alcune delle istanze care a quel mondo, d’altro canto i rappresentanti dell’attuale maggioranza hanno più volte dimostrato di essere capaci di digerire di tutto pur di rimanere in sella in un modo o nell’altro (si sono troppo ben abituati alla comodità della scatoletta di tonno!).

La seconda domanda, non meno importante, da porsi è: cosa faranno “gli altri”, tutto il resto di quel mondo che non farà parte del progetto di nuova alleanza per governare la città? In questo caso le risposte sono molteplici e molto meno scontate anche se, forse, più interessanti. Prima di tutto sarà fondamentale imparare dal passato e mettersi bene in testa che le divisioni, piccole o grandi che siano, servono solo a far vincere gli avversari. Senza questa premessa fondamentale meglio lasciar subito cadere ogni velleità. Dopodiché occorrerà che molti dei protagonisti degli ultimi anni facciano più di un passo indietro a favore di una nuova classe dirigente che possa ridare idee e slancio a un’area politica torinese da troppo tempo abbandonata e in disarmo totale. Servono forze fresche, un candidato credibile con un progetto per Torino, che potremmo definire “sabaudo”, basato sulla concretezza dei piccoli passi: facili slogan e promesse mirabolanti, sogni irrealizzabili, bacchette magiche, servono magari come acchiappa-voti ma si scontrano sempre e comunque con la dura realtà dei fatti. Occorre una squadra di amministratori scelta su base di competenza e meritocrazia lasciando da parte l’appartenenza politica o le parentele varie. Un programma semplice da spiegare ai cittadini partendo da due temi fondamentali: economia e sicurezza, che possa imprimere un’inversione di rotta a Torino, non lasciandola cadere in una sorta di restaurazione politica basata sull’unione di passato e presente, una città di pochi e per i pochi soliti noti. I torinesi hanno già dimostrato di avere bisogno e di volere un profondo cambiamento, nonostante il primo tentativo fallito clamorosamente, forse ci sarà una seconda e ultima occasione, pensiamo sia un dovere di tutti “gli altri” saper creare le giuste basi per coglierla e non sprecarla.

* Guglielmo Del Pero, SiAmo Torino

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