EMERGENZA SANITARIA

Ospedali a un passo dall'allerta rossa.
In Piemonte il virus corre più veloce

Superato il livello arancione di "preallarme". Il Dirmei fissa i criteri per i ricoveri. Secondo l'analisi dei dati fatta da Fornaro la diffusione del contagio supera la media nazionale. Se la curva non rallenta tra un mese oltre 700 casi in terapia intensiva - DOCUMENTO

Il livello di allerta arancione, che precede il più grave rappresentato dal rosso, è stato “ormai superato” in Piemonte. È scritto nel documento firmato dal commissario del Dirmei Paolo Manno e dal coordinatore dell’area ospedaliera Sergio Livigni dello stesso dipartimento interaziendale malattie ed emergenze infettive e inviato a tutti i direttori generali delle aziende sanitarie. Nelle sette pagine del dossier, in cui vengono indicati gli ospedali con rianimazioni per la varie aree della regione si dà indicazione alle Asl di concentrare i pazienti colpiti dal Coronavirus e che richiedano il ricovero in terapia intensiva proprio in quelle strutture, per cercare di preservare gli ospedali definiti Hub, come la Città della Salute, il San Giovanni Bosco e il Mauriziano a Torino, l’ospedale di Cuneo, quello di Alessandria e il Maggiore di Novara, per i pazienti specialistici. In quelle strutture si dovrà “teoricamente attivare un solo reparto di degenza Covid che ricovererà i pazienti positivi provenienti dal Pronto Soccorso per il tempo necessario al loro trasferimento in ospedali periferici”.

Un piano che, tuttavia, mostra dei fianchi scoperti. Già lo scorso 7 ottobre di fronte all’annuncio del presidente della Regione sull’individuazione dell’ospedale di Borgosesia come riferimento per il Covid, il rettore dell’Università del Piemonte Orientale Giancarlo Avanzi, medico e direttore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia d’urgenza del Maggiore, aveva accolto le parole di Alberto Cirio spiegando che “l’ospedale novarese è già in difficoltà dunque non vediamo l’ora di poter trasferire i nostri pazienti Covid nell’ospedale dedicato”, anche se lo stesso rettore non aveva negato di preferire una scelta diversa. Oggi, due settimane dopo, proprio da Novara arrivano notizie di più di un reparto aperto per ospitare pazienti colpiti da Coronavirus. Non un caso isolato, tutt’altro.

QUI IL DOCUMENTO DEL DIRMEI

Il raggiungimento del livello di allerta rossa, ovvero quello di allarme, purtroppo non sorprende di fronte ai numeri dei contagi, così come quelli dei ricoveri e, tra questi, dei pazienti nelle terapie intensive. Con 2287 nuovi casi positivi (di cui 1028 pari al 45% asintomatici) ieri il Piemonte ha raggiunto la cifra più alta della seconda ondata. Crescono anche i pazienti che necessitano della rianimazione, aumentati di 6 in 24 ore portando il totale a 94 e sono stati 11 i decessi. Preoccupa, anzi allarma l’aumento ormai esponenziale dei casi e la tenuta del sistema sanitario, in particolare ospedaliero, da qui a non molte settimane se non si riuscirà a rallentare la curva dei contagi e degli ammalati che porta a situazioni ormai quasi al limite in molte strutture.

“In Piemonte ad ottobre la velocità della diffusione del Covid 19 è stata molto più elevata rispetto alla media nazionale, in tutte le categorie, dai ricoverati, alle terapie intensive, dall’isolamento domiciliare al totale dei positivi”, rileva Federico Fornaro, capogruppo di Leu alla Camera che dall’inizio della pandemia studia ed elabora i dati. “Tra i ricoverati, fatto 100 il dato di domenica 4 ottobre, in Italia domenica 25 ottobre si è arrivati a 365 e in Piemonte a 741. Vuol dire – spiega il parlamentare – che in un mese il numero dei pazienti ricoverati in ospedale è cresciuto di 3,65 volte, mentre in Piemonte di 7,41 volte. In valore assoluto nella nostra regione in quattro settimane si è passati da 216 a 1601 ricoverati con questo trend settimanale: 216, 378, 780, 1.601”.

Prendendo in considerazione i dati delle terapie intensive, Fornaro evidenzia come “tra i ricoverati, fatto 100 il dato di domenica 4 ottobre, in Italia si è arrivati a 399 e in Piemonte a 723, con un rapporto tra il dato regionale rispetto a quello nazionale lievemente migliore rispetto ai ricoverati”, mentre i dati dei positivi curati a casa in isolamento domiciliare, in quattro settimane si è passati da 100 a 388, mentre in Piemonte da 100 a 579”. Nel totale dei positivi, in Italia da 100 del 4 ottobre si è arrivati a 387 e in Piemonte a 590. Per comprendere il trend di crescita piemontese assai più veloce rispetto al resto d’Italia, nello studio si indicano i ricoverati che in Piemonte a inizio ottobre erano 2020 pari al 6,57% del totale Italia, l’11 ottobre l’8,36%, il 10,94% il 18 ottobre e il 13,33% il 25 ottobre.

“Questi pochi dati segnalano una crescita molto più rapida del virus rispetto al già critico quadro epidemiologico italiano”. Questo significa che “se ci fosse una crescita dimezzata rispetto a quella delle prime quattro settimane di ottobre, al 24 novembre la situazione negli ospedali del Piemonte vedrebbe 5.900 ricoverati e 340 in terapia intensiva”, ma se al contrario l’aumento proseguisse come sta accadendo ora senza una decisa inversione di tendenza i numeri sarebbero doppi. A quel punto si arriverebbe a superare abbondantemente quei poco meno di 700 posti di terapia intensiva che ad oggi non sono tutti operativi, restandone ancora una parte sulla carta nel piano di raddoppio segnato dai ritardi le cui responsabilità vengono rimpallate tra la Regione e il commissario nazionale Domenico Arcuri.

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