Per Torino un sindaco "rappresentativo"

Andrea Ganelli, nei giorni scorsi, intervenendo nel dibattito in corso sulle prossime elezioni amministrative della primavera del 2021 ha individuato nella coerenza, competenza e professionalità le coordinate portanti del profilo del prossimo Sindaco di Torino. Si è trattato di una presa di posizione, per certi versi inattesa, che demolisce, in nome del primato della politica, il “mito” della società civile quale esclusivo serbatoio all’interno del quale molti pensano di pescare il nome del futuro primo cittadino.

Un tema, questo, della contrapposizione tra una virtuosa società civile ed una peccaminosa politica che, almeno dal 1992, ha dominato la pubblicistica corrente con esiti tutt’altro che lusinghieri. Basti pensare alle molte meteore della società civile affacciatesi sulla scena politica ai più diversi livelli istituzionali e rapidamente tramontate.

Tra queste, non ultima, la Sindaca di Torino Appendino, la cui traiettoria politica ed amministrativa ha reso plasticamente evidente la differenza abissale che sussiste tra il dire, quando era all’opposizione, ed il fare, una volta assurta alla guida del governo cittadino.

Da questo punto di vita la riflessione del notaio Ganelli riveste una certa importanza in quanto essa esprime, forse per la prima volta, la consapevolezza - che comincia a farsi largo anche nei ceti medio-alti più riflessivi della città - che occorre ridare dignità ad una politica vilipesa e svilita in questi ultimi vent’anni dall’incultura dell’antipolitica dilagante che ha prodotto solo danni, contribuendo al degrado del tessuto civile ed istituzionale del nostro Paese.

La politica, come tutte le attività umane, per essere svolta al meglio richiede competenza, esperienza e, soprattutto, “capacità politica”. Un elemento, quest’ultimo, che consiste nell’attitudine a fare “sintesi” ossia coniugare il merito tecnico dei singoli dossier che ogni amministratore si trova a gestire nel più ampio quadro di una visione delle diverse esigenze e delle compatibilità di una comunità e dello sviluppo di un territorio. Platone definiva la politica “arte della misura” intesa proprio come capacità di contemperare le diverse istanze di una comunità in nome dell’interesse generale.

Un tema, questo della professionalità politica e, più in generale, del rilancio del primato della politica, che, prima o poi, non tarderà ad imporsi nell’agenda dei diversi tavoli, civici e politici, alle prese con il rebus delle candidature.

Sarebbe auspicabile che i diversi attori della prossima contesa elettorale rifuggissero dalle dispute meramente nominalistiche, spesso scisse da qualsiasi contenuto programmatico, e si impegnassero in un paziente e virtuoso recupero del tessuto lacerato della “rappresentanza” che sarà, viceversa, l’asset vincente del prossino candidato Sindaco. A qualunque schieramento esso dovesse appartenere.

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