EMERGENZA SANITARIA

Oltre 500 letti dalla sanità privata,
ma resta il nodo del post-ricovero

In una settimana quintuplicati i posti Covid nelle cliniche. Dal Dirmei ulteriori richieste. Le Rsa chiedono strutture per gli anziani dimessi dagli ospedali, ma ancora positivi al virus. Per la quarantena disponibili 895 stanze d'albergo

Non più tardi di una settimana fa la clinica Salus di Alessandria veniva trasformata in Covid Hospital ed era la prima struttura della sanità privata in Piemonte a tornare a mettere a disposizione i suoi 126 posti letto, di cui 10 di terapia intensiva, al sistema dell’emergenza. Oggi i letti per ricoverati a causa dei virus nelle strutture accreditate sono 541. Moltiplicati per cinque in neppure dieci giorni e destinati ad aumentare ancora in brevissimo tempo, visto che il Dirmei ha rinnovato la richiesta ai gruppi privati per ulteriori posti.

Insieme alle tende attrezzate dell’esercito accanto agli ospedali, questi numeri cresciuti proporzionalmente a quelli dei contagi, confermano ulteriormente l’aggravarsi giorno dopo giorno della situazione all’interno dei reparti ospedalieri continuamente convertiti ai ricoveri per Coronavirus con la conseguente riduzione o sospensione di ospedalizzazioni per molte altre patologie. “In questa fase di forte recrudescenza della pandemia dobbiamo mettere a disposizione del sistema sanitario regionale il maggior numero possibile di posti letto e prestazioni sanitarie non procrastinabili”, spiega l’assessore regionale alla Sanità Luigi Icardi. “Le strutture private con le carte in regola per darci una mano ci sono e sono disponibili a farlo. Con il blocco delle attività ordinarie non urgenti disposto dal Dirmei su tutto il territorio regionale, si devono serrare le fila e poter far ricorso a strutture ausiliarie che possano alleggerire la pressione sugli ospedali".

Una pressione che, come vedremo, ha certamente la sua ragione nella continua e notevole crescita di ricoveri, ma anche nelle difficoltà che subentrano al momento in cui un paziente migliora le sue condizioni tanto da poter tornare a casa, ma essendo ancora positivo le dimissioni non sono spesso per nulla semplici. Il sistema ospedaliero pubblico piemontese, insomma, rischia di non farcela anche se la situazione era prevedibile, ma forse non prevista in maniera esaustiva nei mesi scorsi quando, come abbiamo scritto ieri, si era addirittura smantellato l’ospedale realizzato nelle ex Ogr nonostante il piano prevedesse la sua pronta disponibilità almeno fino a dicembre.

Invece nella riunione al Dipartimento per le emergenze e le malattie infettive, che ormai ha di fatto assunto il ruolo nella prima fase svolto dall’Unità di Crisi, con i rappresentanti della sanità privata – l’Aiop e per le strutture religiose l’Aris – la Regione ha rinnovato la richiesta di aiuto a questi ultimi, siglando un accordo che prevede per le cliniche disponibili a fornire posti letto oltre al valore della prestazione già stabilito dall’accreditamento anche un rimborso degli oneri sostenuti per la specifica funzione Covid. Inoltre le case di cura che diventano Covid hospital potranno trasferire l'attività ordinaria, in tutto o in parte, presso altre strutture autorizzate, anche non accreditate.

”Come nella prima fase della pandemia anche oggi il privato risponde alla richiesta di mettersi a disposizione – spiega Giancarlo Perla, presidente regionale di Aiop –. E la disponibilità della Regione che ha recentemente contribuito alla firma del contratto di lavoro dei nostri dipendenti ha reso ancor più facile un impegno che non abbiamo mai messo in discussione”. Impegno, quello di fornire posti letto o intere cliniche per l’emergenza, che passa per le richieste formali da parte delle Asl e delle Aso e che in alcuni casi vede anche forti pressioni da parte di queste ultime atte a preservare il più possibile i loro ospedali di ricoveri per Coronavirus.

Ma, come si diceva, non sono soltanto i ricoveri in aumento di giorni in giorno – ieri sono cresciuti di 166 rispetto al giorno precedente portando la cifra complessiva a 2.547 – a mettere in difficoltà le strutture sanitarie piemontesi. È anche il difficile turn over tra chi in ospedale entra e chi esce. Non sempre quando le condizioni migliorano tanto da poter proseguire la terapia a casa, questo è possibile. Chi è ancora positivo al virus e quindi potenzialmente in grado di contagiare altre persone può tornare a casa solo se ci sono le condizioni per garantire l’isolamento e, naturalmente, ciò non sempre accade. La soluzione in questi casi è data da strutture ad hoc, come alberghi adeguati ad ospitare persone in quarantena e in convalescenza. Dopo due volte andato deserto, il bando ha fatto registrare una disponibilità di 895 camere d’albergo, di cui 732 in provincia di Torino, 34 ad Alessandria, 20 ad Asti, 65 a Novara, 31 nel Vco e 13 a Vercelli; restano sguarnite, al momento, ancora Biella e Cuneo.

Ancor più complesso il problema si presenta per i pazienti che provengono dalle Rsa. Un censimento fatto non molto tempo fa ha verificato che circa solo la metà delle case di riposo è nelle condizione di poter avere reparti isolati dove accogliere gli ospiti dimessi dagli ospedali. In questi casi non è certo possibile l’utilizzo di alberghi. “Servono strutture adeguate e personale in grado di prendersi cura degli anziani – osserva Michele Assandri, presidente regionale di Anaste, una delle associazioni dei gestori delle Rsa –. Mi auguro che dopo aver risolto il problema dei test con i tamponi rapidi, la Regione risolva in fretta anche questo problema che si riflette, oltre che naturalmente sui nostri ospiti e sulle strutture anche sugli ospedali”.

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