EMERGENZA SANITARIA

Rsa solo Covid e nuove regole
per difendere gli anziani

Oggi la delibera con prescrizioni più stringenti per le case di riposo. Doppio tampone negativo e due settimane di isolamento per rientrare nella struttura. Entro la settimana 80mila test rapidi. Disponibili già trecento infermieri e oss, via alle assunzioni

Un tampone negativo, poi 14 giorni di isolamento e nuovamente un tampone negativo. Solo dopo questa procedura l’anziano potrà essere riammesso nella Rsa dalla quale era stato ricoverato in ospedale oppure in una struttura dedicata esclusivamente ad ospitare anziani positivi al Covid. Lo stesso percorso, per garantire l’assoluta negatività, è richiesto in caso di primo inserimento nella casa di riposo. È questo uno dei principali protocolli contenuti nella deliberà che sarà approvata oggi dalla giunta regionale, traduzione normativa di precise indicazioni, per quanto riguarda le residenze socio assistenziali, elaborate dalla direzione scientifica del Dirmei coordinata dal primario di malattie infettive dell’Amedeo di Savoia, Giovanni Di Perri.

Sono passati sette mesi da quando, nei giorni più terribili per il Piemonte flagellato dal virus, sulle Rsa e i criteri sui trasferimenti di pazienti Covid si consumò qualcosa a metà tra il giallo, con due atti gemelli e diversi, e un pasticcio dalle conseguenze assai pesanti, visto che la delibera poi pubblicata sul bollettino ufficiale della Regione arrivò giorni dopo quella, ribattezzata “fantasma”, e nel frattempo decine di pazienti “con bisogni sanitari compatibili con l’assistenza in Rsa” erano stati trasferiti in più di una struttura. Oggi, pur essendoci focolai in più di una Rsa, la situazione su questo fronte fortunatamente è assai meno grave rispetto a quel periodo, ma la continua crescita dei contagi e dei ricoveri negli ospedali non può che richiedere nell’ambito dove la fragilità è massima e i rischi di esiti tragici della malattia più che concreti, una serie di misure per “blindare” il più possibile la strutture rispetto al virus. Restrizioni severe, a partire dal divieto delle visite dei parenti, che a differenza di quanto accaduto nella prima ondata si concentrano in modo particolare proprio sui criteri tesi a isolare tempestivamente i casi positivi ed evitare che ospiti ancora potenzialmente contagiosi possano rientrare nelle case di riposo con le conseguenze che purtroppo sono ben note.

Per far funzionare questo sistema è indispensabile poter contare su una rete di Rsa “parallele” dove ospitare anziani e disabili positivi al virus, fino a quando il tampone con successivo isolamento e nuovo test molecolare garantirà la scomparsa del virus dall’organismo permettendo il ritorno nella struttura abituale. Di Rsa Covid ce ne sono già, a Torino e in provincia tra le altre la Botticelli, la Debouchè, la Piccola Mole, Moncrivello e altre ancora. Erano tutti locali vuoti che, purtroppo, si sono riempiti in fretta. Altre sono nel resto della regione, ma il numero è destinato a crescere. Una necessità assoluta, visto che almeno la metà delle Rsa piemontesi non è nelle condizioni di garantire reparti isolati al loro interno e anche di questo aspetto si occuperà la delibera oggi sul tavolo della giunta.

Già partita, invece, la distribuzione dei tamponi rapidi che entro la fine della settimana dovrebbe arrivare a fornire oltre 80mila test coprendo tutte le Rsa, ospiti e dipendenti, per la prima fase di screening che nei piani della Regione deve avere cadenza quindicinale. Oltre a poter scoprire positivi asintomatici nella singole strutture, fornirà anche un quadro epidemiologico complessivo di una popolazione che, come hanno tragicamente confermato i numeri dei decessi della primavera scorsa, è la più esposta in assoluto. I dati attuali che saranno ulteriormente affinati dai risultati dei tamponi rapidi, indicano una percentuale del 5% di positivi negli ospiti e del 7% tra il personale. Un dato quest’ultimo, facilmente addebitabile ai contatti esterni. 

E proprio sul personale e la carenza lamentata da mesi da parte dei gestori delle Rsa, arrivano notizie positive e in qualche modo inattese. L’appello della Regione, attraverso la raccolta di manifestazioni di interesse per operatori disponibili a prestare attività in strutture che ospitano pazienti Covid, in appena due giorni ha ricevuto oltre 300 adesioni. Operatori sociosanitari, studenti per la qualifica di Oss, assistenti familiari, infermieri, ma anche persone che abbiano svolto almeno per sei mesi assistenza a non autosufficienti o disabili: un esercito indispensabile per rimpiazzare molte figure che hanno lasciato le Rsa in questi mesi, per coprire posti rimasti scoperti a causa dello stesso virus, nelle case di riposo, ma anche negli ospedali o nella medicina territoriale. La domande, o per meglio dire le disponibilità, che hanno preso ad arrivare sul sito già domenica sera appena lanciato l’appello, vengono girate dalla Regione alle Asl e alle strutture che, quindi, possono assumere subito le figure necessarie.

Il reclutamento, che sta avendo una risposta decisamente superiore rispetto a quello analogo avviato la primavera scorsa, resterà aperto per tutta la durata dell’emergenza e prevede che gli studenti dei corsi per Oss le ore di lavoro valgano come tirocinio. Disponibilità a lavorare con pazienti Covid da molti piemontesi, ma le disponibilità arrivano anche da altre regioni, comprese quelle del Sud e non pochi sono anche gli stranieri residenti in Italia. Mentre tutto lascia supporre che il numero aumenterà ancora, adesso tocca alle Asl e alle Rsa non perdere tempo e assumere quelle figure di cui c’è estremo bisogno.

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