Il lavoro se ne va, altro che reshoring

Fa una certa tenerezza politica e sgomento prospettico vedere sui media la sindaca di Torino lodarsi per il rientro di aziende delocalizzate, anche perché se scavi un po’ a fondo scopri che Skypersonic lavora già da maggio 2020 a un progetto gratuito (fino a quando?) per il comune di Torino e Parkofon è una start up di un russo, tale Evgeny Klochikhin, che durante il lockdown ha deciso di stabilirsi a Torino con la famiglia.

Di cosa si occupano? Skypersonic azienda di Detroit con Ceo italiano di droni che effettuano video ispezioni in luoghi chiusi, come stanze, tubature e altro. Il suo intervento osta 12mila dollari ma ad oggi, dicono in Comune, l’uso è gratuito. Ha una batteria con un’autonomia di 14 minuti. Non ci sono notizie del fatturato di questa azienda che impiega tre ingegneri a Torino e forse arriverà a dieci per attività che, probabilmente, svolgerà con Leonardo, quindi presumibile e auspicabile almeno un’attività duale e non solo in campo militare. La Parkofon, invece, è nata a Torino perché la moglie del russo non trovava parcheggio con l’auto. Capirete quindi la finalità della start up. Nessun dipendente.

Il famoso reshoring, lanciato a suo tempo dalla presidente dell’Unione Industriale, Mattioli, con modesti risultati  e ripreso dal Comune pentastellato per ora ha fruttato questo, quasi nulla. A Torino il Comune ha un innamoramento specifico e particolare per tutto ciò che non crea lavoro e fatturato, ma per i giocattoli. Come se qualcuno andando al governo della città avesse deciso di realizzare i suoi sogni da bambino. Peccato che oggi siamo di fronte in tema di lavoro, occupazione, professionalità ingegneristiche a delle vere e proprie departures e non a reshoring.

Pininfarina Engineering con 138 ingegneri specializzati in campo automotive chiude definitivamente e la sede dell’azienda è in via Nizza, a Torino. Lo scrivo affinché questa giunta comunale e la sua sindaca possano prendere una posizione sulle departures che davvero impoveriscono professionalità e competenze di questo territorio anche in un’ottica di dopo Covid. Perché saranno solo i posti di lavoro a darci un possibilità di ripresa dell’economia piemontese  e torinese, del benessere delle famiglie, della società. Sarebbe auspicabile, essendo l’azienda sita a Torino, almeno, una convocazione da parte del Comune, dell’azienda e farsi parte attiva nel convincerla a recedere dal suo intento.

Bisogna avere una visione da grandangolo scegliendo le priorità dentro l’inquadratura ampia. Nella visione grandangolare c’è il ruolo dell’area metropolitana di cui la prima cittadina di Torino ne è la sindaca.

Non si crea lavoro trastullandosi con qualche drone, seppur importante nella loro particolare attività, che è sicuramente utile, ma oggi occorre lavorare, anche e soprattutto, su un’attrattività che abbia grandi numeri occupazionali per guardare più serenamente al futuro.

Non una parola dalla sindaca e magari anche un supporto ai Comuni interessati, per l’ulteriore ampliamento dello stabilimento Pirelli a Settimo che porterà una nuova area logistica sulla filiera automotive, e non solo, nell’ambito dei pneumatici. Un’area che porterà un certo numero di occupati come ne potrebbe portare un possibile insediamento di Amazon nell’interporto di Orbassano. Orbassano, Settimo nomi, forse, sconosciuti a Palazzo di Città ma che risultano, lo certifica Google maps, nell’area metropolitana torinese. Anche Amazon di Torrazza Piemonte è nell’area metropolitana, con circa 300 dipendenti a tempo indeterminato, potenzialmente in crescita oltre a un numero a tempo determinato nei periodi di picchi della vendita on line come durante le festività.

La traduzione di questo è: LAVORO, futuro e prospettiva per centinaia di famiglie. Invece di fare sistema assistiamo anche ai proclami della presidente Ascom che invoca una tassa sulle vendite on line, subito ripresa dal presidente Cirio. Non esiste sistema ma prevale l’egoismo categoriale contro una visione sferica che porti alla difesa del sistema e al crescere insieme. Forse l’Ascom dovrebbe domandarsi come cambiare il suo sistema di vendita, non solo in tempi pandemia, ma come evoluzione del “negozio sotto casa”. Se aprite il sito di Confesercenti trovate in bella vista “laspesaservita” per la vendita on line dai negozi associati; se aprite quello dell’Ascom trovate un coro di lamentele. Per creare lavoro non si può sempre addossare la colpa agli altri bisogna innovare prodotto e in questo caso il processo. Non si può fermare Amazon e mettere una tassa sulla vendita on line penalizzerebbe solo il cittadino consumatore. Inoltre, si dovrebbe avere capito che oggi la logistica è uno dei settori in crescita ovunque e in ogni settore, non solo nella vendita on line, quindi per creare “massa critica” in termini di posti di lavoro bisogna lavorare non solo sulle eccellenze professionali ma anche sui livelli più bassi di professionalità ma con numeri occupazionali più alti.

Un invito a chi avrebbe le competenze per contribuire a realizzare ciò: si esca dalla cinta daziaria, Torino non finisce al Ponte di Sassi o in strada Castello di Mirafiori ma il dubbio che mi assale è che valga la canzone di De Gregori: “Ma tutto questo Alice non lo sa…”.

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