EMERGENZA SANITARIA

Terapie intensive, Regione alle Asl:
"Trovate immediatamente altri letti"

Calano i ricoveri ma resta alta la pressione sugli ospedali. Ordine del Dirmei ai vertici delle aziende: due posti in più nelle rianimazioni. Riunione infuocata con i direttori, nel mirino gli "inadempienti" del piano stabilito la scorsa estate

La situazione pandemica del momento richiede che si provveda ad attivare entro tre ore dal ricevimento della presente lettera due posti letto di terapia intensiva e attivare un ulteriore letto di terapia intensiva nelle successive 24 ore”. La disposizione è stata inviata ieri pomeriggio dal Dirmei ai direttori generali di Asl e Aso, con l’esplicito richiamo ad intenderla come “esigenza irrinunciabile”. A rimarcare l’urgenza e confermare la situazione di estrema criticità in cui versano gli ospedali piemontesi, quelle poche ore concesse per realizzare i posti in più rispetto alle attuale dotazioni. Che non sempre sono il risultato della completa attuazione di quanto disposto, in materia di letti di rianimazione, già dall’estate scorsa. Tant’è che il numero di letti richiesti varia da azienda ad azienda, con una media di due.

Nella web conference con i direttori generali delle aziende che ha preceduto la lettera, dai Dirmei sono arrivati giudizi parecchio severi per quelle aziende che hanno in parte disatteso quanto era stato richiesto. Certo mai si era visto un ordine, come quello firmato dal direttore del dipartimento Emilpaolo Manno, dalla responsabile dell’area sanitaria Elide Azzan, da quello dell’area degenze Sergio Livigni e dal commissario per l’area giuridico-amministrativa Antonio Rinaudo, con un tempo così breve concesso per predisporre una dotazione complessa come quella che richiede un letto di rianimazione. E anche questo indica come il quadro della situazione, pure di fronte a un rallentamento della velocità di crescita dei ricoveri e dei casi positivi, sia drammatico

Nella stessa lettera, il Dirmei chiede ai vertici di tutte le aziende “il numero di sale operatorie disponibili”, specificando quelle utilizzate per attività di elezione, per l’urgenza e l’oncologia, e quelle convertite per pazienti Covid, con i dati del loro utilizzo suddivisi per periodi a partire dal 26 ottobre. Una richiesta che pare motivata dalla non remota eventualità di razionalizzare l’uso dei blocchi operatori, anche per ricavarne ulteriori postazioni di terapia intensiva.

I direttori generali devono, inoltre, “dichiarare quanti ventilatori polmonari sono stati ricevuti e quanti installati per ogni presidio ospedaliero alla data del 16 novembre”, dunque ad oggi. Un censimento, certamente opportuno, ma che insinua il legittimo dubbio su un quadro continuamente aggiornato dei posti di rianimazione nella rete ospedaliera piemontese, ma ancor più sull’eventualità che a fronte della disponibilità dei ventilatori alcuni di questi non siano ancora stati utilizzati. Certo, va ricordato che non bastano le apparecchiature per far funzionare un posto di terapia intensiva che richiede personale medico e infermieristico altamente specializzato. E anche questo è un ulteriore elemento che va a comporre un quadro di estrema gravità sul fronte degli ospedali.

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