VERSO IL 2021

Se Saracco si sfila c'è Salizzoni, ma (ri)spunta pure Chiamparino

Secondo alcuni rumors cittadini il rettore sarebbe sul punto di rinunciare alla candidatura a sindaco di Torino. L'ex governatore pronto a lanciare il mago dei trapianti, anche se a detta dei maligni non disdegnerebbe il "grande ritorno"

“Sarebbe un colossale errore cercare il futuro nel passato”. Sergio Chiamparino liquida così i rumors che lo vorrebbero tornare in servizio, quale “salvatore della patria” del centrosinistra qualora il rettore del Politecnico Guido Saracco rinunciasse definitivamente all’ambizione di succedere a Chiara Appendino al piano nobile di Palazzo civico. Più il tempo passa e più cresce l’incertezza sulle reali intenzioni del professore che, dopo aver consentito che gli venissero cuciti addosso i panni del candidato giallorosso, pare viva con crescente preoccupazione l’evoluzione del quadro politico, locale e nazionale.

Molteplici le ragioni che potrebbero indurre il Magnifico a rivedere una posizione, sia pure mai formalizzata ma certamente autorizzata dai suoi silenzi complici: il travaglio intestino ai Cinquestelle, rappresentato plasticamente dagli esiti deludenti degli Stati Generali e dalle tensioni nello sbrindellato gruppo locale; il raffreddamento dell’interesse per la futura competizione elettorale che mostra Appendino – sua non nascosta sostenitrice – ormai proiettata verso altri lidi grazie alle Atp Finals e il suo futuro impegno ai vertici del tennis nazionale; lo scarso interesse finora suscitato dalla sua ipotetica disponibilità in gran parte dei maggiorenti dei partiti e delle formazioni della coalizione (con rare eccezioni nel Pd, in un paio di parlamentari della sinistra, e persino nel campo civico, diviso al proprio interno proprio sul suo nome). A ciò si aggiungono le resistenze di professori e personale di corso Duca degli Abruzzi, per nulla disposti a farsi trascinare in una duplice campagna elettorale: quella del proprio rettore nella corsa allle Comunali e il conseguente voto anticipato per dare un nuovo vertice all’Ateneo.

Lo stesso riaffacciarsi, nei ragionamenti dalle parti del Pd e non solo, del nome di Chiamparino come “riserva della Repubblica” pare avvalorare l’ipotesi di un passo indietro di Saracco. A Chiamparino, tuttavia, si arriva per uno dei molti giri tortuosi di cui la politica abbonda. Chi si prepara nel caso dovesse rinunciare alla candidatura del rettore, che proprio nell’ex presidente della Regione e nella sindaca ha avuto artefici e sostenitori, ha guardato e guarda con interesse a un’altra figura. Coetaneo del Chiampa, classe ’48, con una notorietà dovuta non alla politica ma al fatto di essere un luminare nel campo dei trapianti, seppur la politica lo abbia sempre affascinato e coinvolto arrivando, tuttavia, a rivestire la carica di vicepresidente del Consiglio regionale solo dopo aver lasciato le sale operatorie: è Mauro Salizzoni il nome che ritorna a circolare per la partita da giocare nei prossimi mesi. La sua figura di medico, attento alle questioni della sanità con l’approccio di chi conosce le cose di cui parla, in un periodo in cui la città deve e dovrà fare i conti con lo stravolgimento prodotto dalla pandemia e con gli effetti che produrrà a lungo, potrebbe essere – unita all’impegno pubblico e all’esperienza maturata a Palazzo Lascaris – quella in grado non solo di “sostituire” Saracco, ma di allargare il bacino di consensi anche e soprattutto personali. 

Salizzoni tra i suoi sostenitori avrebbe certamente l’amico di lunga data Sergio. A Chiamparino l’idea di avere il mago dei trapianti nel posto che lui occupò per due lustri è sempre piaciuta. I consigli al chirurgo che raccolse il maggior numero di voti alle regionali (oltre 18mila complessivi di cui la metà nella sola città di Torino) non mancherebbero di certo. Tanto da far sospettare i maligni che dietro il deciso supporto che il Chiampa sarebbe pronto a dare ci sia un disegno dell’ex governatore, oggi consigliere regionale semplice, a dispetto degli annunci di sue dimissioni poco dopo la sua elezione. Un Chiamparino, insomma, pronto a rispondere con quella che ai tempi della Prima Repubblica era la classica frase a giustificare ripetuti ritorni: “Se me lo chiede il partito…”. Questo è ciò che prevedono (e temono) alcuni prefigurando “l’ennesima minestra riscaldata” con conseguente conferma dell’assenza di  ricambio in una classe dirigente incapace di sganciarsi dalla sindrome dei due grandi vecchi, ex ragazzi di via Chiesa della Salute, lui e il suo successore Piero Fassino. Uno dei pochi, finora, ad aver mostrato la volontà di infrangere il tabù dei “padri nobili” è Stefano Lo Russo, anche a costo di risultare irriverente come quando, dopo la Caporetto delle Regionali, affermò: “Il più empatico che avevamo alle elezioni lo hanno asfaltato”, giusto per rispondere a chi lo accusava di non avere quei tratti gigioneschi tipici del Chiampa.

Ma è lo stesso Chiamparino a sgombrare il campo da ipotesi e sospetti bollando come “un colossale errore” un ritorno al passato cercandovi il futuro. Andrà davvero così? Presto per dirlo, come è presto per avere la conferma o meno della rinuncia da parte di Saracco.

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