GIUSTIZIA

"Appendino va condannata", l'accusa chiede 1 anno e 8 mesi

La pena chiesta dal pm nel processo su Piazza San Carlo in cui la sindaca è accusata di omicidio, lesioni e disastro colposi: "Non ha annullato la manifestazione e neppure emesso un'ordinanza per vietare le bottiglie di vetro". Mano pesante per il progettista Bertoletti

Un anno e otto mesi di reclusione. È la condanna chiesta dal pubblico ministero Vincenzo Pacileo per la sindaca di Torino, Chiara Appendino, al processo per i fatti di Piazza San Carlo. L’udienza si celebra nell’aula magna del Palazzo di giustizia con rito abbreviato. Le accuse mosse dal magistrato contro la sindaca e altri 4 imputati sono di disastro, lesioni e omicidio colposo. Il processo si riferisce a quanto accadde il 3 giugno 2017 in piazza San Carlo, a Torino, durante la proiezione su maxi schermo della finale di Champions League. Una serie di ondate di panico tra la folla provocò oltre 1.500 feriti e, in seguito, la morte di due donne: Erika Pioletti deceduta una decina di giorni dopo e Marisa D’Amato, prima rimasta tetraplegica e scomparsa nel gennaio 2019. Il pm ha chiesto 3 anni e 6 mesi per Enrico Bertoletti, un professionista che si occupò di un progetto per conto degli organizzatori della serata; un anno e sette mesi per Maurizio Montagnese, responsabile dell’agenzia Turismo Torino; un anno e otto mesi per l’allora questore Angelo Sanna; 2 anni per l’ex capo di gabinetto del comune, Paolo Giordana.

Secondo l’accusa Appendino avrebbe dovuto annullare la manifestazione perché non era possibile garantire la sicurezza e l’incolumità degli spettatori. In particolare non era stato “preventivamente acquisito il parere obbligatorio e vincolante della Commissione provinciale di vigilanza come previsto dal Tulps e necessario a verificare le condizioni di sicurezza per l’incolumità pubblica”. Inoltre, le viene contestato di non aver firmato un’ordinanza che bloccasse la vendita di bottiglie di vetro, visto che i tifosi rimasero feriti anche per i cocci che lastricavano la piazza. “Il grosso limite è stato quello di organizzare tutto in fretta e ognuno ha pensato di dover fare solo un pezzetto di quella che invece era un’opera collettiva”, spiega il pm Pacileo. “La manifestazione così come è stata organizzata – prosegue il magistrato – in quella piazza chiusa, con il transennamento, con la previsione nota di un afflusso di decine migliaia di persone, è stata l’origine di quello che è successo dopo. Anche se poi tutto è stato scatenato da un evento illecito di altre persone, il contesto era di per se pericoloso, avrebbe potuto essere qualsiasi altra cosa a causare quello che alla fine è accaduto”. La prossima udienza è in programma il 25 novembre, la sentenza è attesa nel mese d gennaio 2021.

“Le scuse della sindaca e del questore all’epoca dei fatti, purtroppo, non bastano per dimenticare”. È quanto dichiara l’avvocato Caterina Biafora, patrono di parte civile. “Seppure apprezzabili – osserva- le scuse non sono sufficienti per cancellare una responsabilità così grave, proprio in capo a coloro che avrebbero dovuto rappresentare la nostra Torino, la cui immagine nel mondo è stata, peraltro, indubbiamente lesa”. Per Biafora “le foto che ritraggono le persone che si arrampicano sul Caval 'd brons (il nome con cui familiarmente i torinesi chiamano la statua di Emanuele Filiberto al centro di Piazza San Carlo, ndr) privo di protezione per salvare la vita non le dimenticheremo mai”.

“È una richiesta che non mi aspettavo”, dice l’avvocato Luigi Chiappero, difensore di Appendino, reagendo alla richiesta del pm Pacileo. Secondo il legale, serve comunque, in linea generale, una “riflessione: Stiamo andando in un territorio in cui organizzare una manifestazione può diventare un problema e non vorrei che alla fine passasse il principio che non convenga fare più nulla. Il pubblico ministero ha portato avanti l’indagine in questo modo e queste sono le richieste, adesso tocca a noi”. L’udienza in cui è previsto l’intervento delle difese è fissata per il 16 dicembre prossimo.

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