Il vento soffia da destra

In quest’epoca ad alta tecnologia Il barometro è ancora uno strumento fondamentale per scrutare le dinamiche meteorologiche. La tradizione popolare attribuisce la capacità di indovinare l’arrivo della pioggia (oppure di giornate terse) anche a “barometri naturali”, quali sono i disegni in cielo delle nuvole, i comportamenti degli animali oppure, negli umani, il risveglio doloroso di vecchie fratture. Generalmente tutte le comunità, le categorie professionali e i vari territori si affidano a “segnali” per anticipare gli eventi atmosferici, nonché i movimenti anomali della Natura.

Esistono pure in politica i “barometri naturali”: persone che fiutando l’aria avvertono cosa accadrà nel prossimo futuro. Una sapienza rara e utile a chi riesce a sfruttarla al meglio. Tra coloro che godono di tale “superpotere” si annovera certamente il noto giornalista Bruno Vespa: personaggio pubblico che più di altri sembra coltivare la capacità di percepire la direzione del vento e di non opporre resistenza alla sua forza, facendosi trasportare dal poderoso soffio.

Il Bruno nazionale infatti diede l’impressione di simpatizzare per la vecchia Democrazia Cristiana, non sdegnando al contempo qualche attrazione verso Craxi, all’epoca in cui regnava incontrastato il noto “pentapartito”. Crollata la cosiddetta Prima Repubblica, il conduttore televisivo si dimostrò irresistibilmente attratto da Silvio Berlusconi (con cui ha presentato numerosi libri, condividendo anche la firma del famoso “Contratto con gli italiani”). La fine politica del presidente di Mediaset fece forse barcollare le sue certezze, quindi consegnò al pubblico un improvviso affascinamento nei confronti della Lega. Attualmente, probabilmente prevedendo il tramonto del Sole sul Carroccio, si direbbe che abbia voluto attestare la propria abilità di “barometro” guardando con interesse alla fiamma accesa da Almirante nel dopoguerra, e mantenuta viva da Giorgia Meloni.

Un’abilità nell’afferrare i cambiamenti (che si verificano nelle sale del potere) testimoniata dal martellamento televisivo con cui viene pubblicizzato il nuovo libro del presentatore di “Porta a Porta”. La sua copertina è esplicita: un grande fascio littorio con il tricolore quale sfondo, e l’acronimo P.N.F. a lato.  Non può mancare un sottotitolo che si riferisca al Covid, per cui vicino ai simboli fascisti spicca la scritta “e come (l’Italia) è sopravvissuta alla dittatura del virus”. Il titolo non lascia spazio a equivoci: “Perché l’Italia amò Mussolini”. Il volume segue a “Perché l’Italia diventò Fascista”, con tanto di aquila della Repubblica Sociale di Salò sul frontespizio. A quanto pare i luoghi comuni apologetici del fascismo hanno trovato infine una casa nei tomi editi da Mondadori: una simpatica strenna natalizia dedicata a tutti i nostalgici del ventennio e delle leggi razziali.

Le presunte “opere sociali” di Mussolini elencate nel volume di Vespa sono smentite dalle bastonate date agli operai e dall’azzeramento dei loro diritti, nonché dal dato storico che senza tessera del P.N.F. all’epoca non si poteva lavorare e neppure godere di qualsiasi diritto. Occorre guardare al presente e constatare amaramente come l’aquila dei fasci da combattimento abbia nuovamente spiccato il volo, manifestandosi oramai ovunque grazie al terreno favorevole creato da decenni di subdolo negazionismo.

Dall’anno in cui Berlusconi chiamò Fini a far parte del suo governo, meritandosi così l’appellativo di Cavaliere nero, è stata avviata una lenta opera sottotraccia avente lo scopo di prendere, giorno dopo giorno, per mano il Fascismo e accompagnarlo nelle anticamere dei salotti esclusivi e dei talk show tv nazionali. La legittimazione del Ventennio è a buon punto: l’egemonia culturale della Sinistra si riempie ora di valori nazionalistici e razziali, insieme a richiami dell’ordine e della disciplina sociale.

Torino, città medaglia d’oro della Resistenza e culla del movimento operaio, testimonia perfettamente il nuovo corso. È di questi giorni la notizia di un’opera artistica, installata al Parco Dora, in memoria del discusso poeta nipponico Yukio Mishima. L’autore è noto per la sua dote poetica, ma ancor più per la militanza nei ranghi ultraconservatori dell’estrema destra giapponese. Mishima formò una milizia nazionalista, formata in gran parte dai suoi giovani studenti, e si suicidò con il rituale dei samurai per contestare la politica democratica postbellica del nuovo governo. Un seguace dell’espansione basata sulla guerra contro altri popoli, nonché convinto assertore della divinità dell’imperatore, viene commemorato con un’opera permanente posizionata nel cuore della Torino popolare. La belligeranza e l’espansione nazionale diventano una pratica ideologica da celebrare pubblicamente: la spada al posto della colomba della pace, quale insegnamento rivolto a tutti i cittadini.

Il campo libero lasciato alle spinte nostalgiche ha recentemente permesso alla giunta regionale di istituire il “Controllo di vicinato”, inserito nel piano triennale per la sicurezza: un pericoloso ritorno alla figura del “Caposcala” di memoria fascista. Cittadini che vigilano sul territorio e che collaborano con le forze dell’ordine tramite un non meglio identificato “anello di congiunzione”: nella realtà sarà giustizia sommaria, spesso frutto di gravi errori di valutazione, e nello stesso tempo un fastidioso intralcio per gli operatori di polizia.

Il manganello è pronto a sostituire la solidarietà comunitaria: il nuovo che avanza ha l’olezzo del passato più buio del nostro Paese.

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