CURE & CARTE BOLLATE

Farmaco anti-Covid, dal Piemonte al Consiglio di Stato 

A Palazzo Spada giovedì si decide sull'idrossiclorochina vietata dall’Aifa. Sperimentata con "risultati incoraggianti", la Regione vorrebbe inserirla nelle cure domiciliari. Icardi: "Divieto assurdo". Nuti (Simg): "Continuo a usarlo, su 30 pazienti un solo ricovero"

Ha ragione l’Aifa che continua a vietarne l’uso o quei non pochi medici che ne sostengono l’efficacia terapeutica se somministrata all’insorgere dei primi sintomi del Covid? Per l’idrossiclorochina, più nota con il nome commerciale di Plaquenil, sette euro ogni scatola con cui si possono curare due malati, questa sarà la settimana decisiva.

Giovedì la terza sezione del Consiglio di Stato presieduta dall’ex ministro Franco Frattini dovrà dirimere la questione stabilendo se confermare il divieto imposto dall’Agenzia italiana del farmaco o dar ragione ai quasi duecento medici, in rappresentanza di molti altri, che si sono rivolti a Palazzo Spada presentando un ricorso contro la sentenza del Tar del Lazio che aveva sostenuto la validità del blocco imposto dall’agenzia diretta da Nicola Magrini. Un blocco contestato dallo stesso assessore alla Sanità Luigi Icardi che non ha mai fatto mistero del suo disappunto, provando in più occasioni a far cambiare idea all’Aifa, ma costretto obtorto collo a non inserire nel protocollo piemontese per le cure domiciliari il farmaco. “Non si tratta di iscriversi al partito del Plaquenil però credo sia importante rilevare come i protocolli di cura a domicilio con l’uso della idrossiclorochina, sperimentati in Piemonte nel trattamento precoce, abbiano dato risultati molto incoraggianti. Dopo il ritiro da parte della rivista scientifica Lancet dello studio che aveva portato alla decisione dell’Oms di bloccare le sperimentazioni con l’idrossiclorochina, sarebbe opportuno al più presto un confronto con l’Agenzia italiana del farmaco per fare chiarezza”, così Icardi all’inizio di giugno.

Alla seduta del 10 dicembre si arriva partendo da lontano, dai primi mesi della Pandemia quando trovandosi di fronte a un virus sconosciuto e senza indicazioni certe per le terapie alcuni medici incominciano a prescrivere l’idrossiclorochina a chi si ammala presentando sintomi del Covid, in alcuni casi anche senza attendere l’esito del tampone, scoprendo che insieme ad altri farmaci porta a risultati, come dirà l’assessore, soddisfacenti. I ricoveri dei pazienti trattati con il Plaquenil sono assai rari, più ancora i decessi.

I medici che lo utilizzano nell’approccio più rapido possibile con la malattia e dunque quando il malato è a casa pur presentando sintomi chiari, non sono soltanto in Piemonte dove questa terapia si sviluppa soprattutto nell’Alessandrino e a Novara. Nel primo caso è l’oncologa Paola Varese a studiare sul campo (e su se stessa avendo contratto in Covid nelle prime settimane della pandemia) gli effetti del farmaco, a Novara è il primario infettivologo dell’ospedale Maggiore della Carità Luigi Garavelli. Molti medici di famiglia prendono a prescrivere il Plaquenil e la stessa Aifa ne autorizza l’uso off label, ovvero al di fuori della indicazioni d’uso che per l’idrossiclorochina sono la cura dell’artrite reumatoide e di alcune malattie come il lupus eritematoso e la terapia antimalarica.

Autorizzazione che Aifa però revoca il 26 maggio dopo uno studio pubblicato su Lancet, anche se poi la rivista scientifica lo ritirerà dopo che gli autori aveva rivisto la loro posizione contraria al farmaco nella terapia contro il Covid. L’agenzia, però, non cambia rotta. Nonostante la diffida dei legali dei medici, Erich Grimaldi e Valentina Piraino, inviata all’Aifa il 3 giugno, Magrini conferma il divieto. Parte il ricorso al Tar del Lazio che lo rigetterà sostenendo che gli studi citati da Aifa ne giustificano la decisione di vietare l’idrossiclorchina. Che, intanto, continua ad essere prescritta dai medici che, sotto la loro responsabilità, ritengono sia cruciale per evitare il peggioramento clinico dei pazienti, sempre se usato nelle primissima fasi della malattia. E qui sta la differenza che potrebbe emergere nella discussione al Consiglio di Stato. “Aifa si basa si studi relativi a pazienti ospedalizzati e in condizioni gravi – spiega a Lo Spiffero l’avvocato Piraino – mentre noi sosteniamo che l’utilità e la validità del farmaco è nel suo utilizzo tempestivo, proprio quello che ha dimostrato con centinaia di casi documentati in varie regioni, soprattutto in Piemonte ed Emilia Romagna, di ridurre in maniera importante le ospedalizzazioni”. Che poi è quello che vanno dicendo da mesi Garavelli, Varese e molti altri e dici tra i quali Luigi Cavanna il direttore di oncoematologia dell’ospedale di Piacenza.

“Io continuo a utilizzarlo. In questa seconda ondata ho curato con l’idrossiclorochina somministrata ai primi sintomi e altri farmaci, come antibiotici, cortisone e in alcune situazioni eparina, più di trenta pazienti. In Ospedale è andato solo un novantenne, con altre patologie, ma nel frattempo negativizzatosi dal virus”, spiega Claudio Nuti, medico di famiglia in provincia di Asti e referente per il Piemonte della Società Italiana di Medicina Generale. Nuti rivela di aver curato con l’idrossiclorochina anche suo fratello e quanto ai rischi che vengono indicati da chi nel mondo scientifico si oppone all’utilizzo del Plaquenil, aggiunge: “ho pazienti che lo usano da decenni per altre patologie e non è mai successo nulla”. Parole che vanno a braccetto con quelle che ancora ieri l’assessore Icardi riservava alla posizione di Aifa e a chi osteggia l’utilizzo dell’idrossiclorochina.

“Ci sono ben 196 studi scientifici a favore di questo farmaco nel trattamento del Covid e in Italia oltre 60mila persone lo usano regolarmente per altre patologie e non si ha traccia delle reazioni avverse ipotizzate, fiananco la risibile reazione psicotica evocata contro l’idrossiclorochina”. Lo stesso Frattini, motivando il decreto con cui ha fissato la camera di consiglio di giovedì prossimo, annota come “il diritto di ciascun paziente alla cura appropriata e il diritto-dovere di ciascun medico di prescrivere il farmaco più utile a contribuire alla guarigione del malato, corrispondono a valori costituzionali e indefettibili nel nostro ordinamento”. Non solo. Nello stesso decreto si fa esplicito riferimento al fatto che “la principale preoccupazione delle autorità sanitarie è il trasferimento dei pazienti Covid domiciliari nelle strutture sanitarie a causa dell’aggravamento della malattia, non trattata a domicilio con farmaco specifico”. Ora non resta che aspettare la decisione del Consiglio di Stato. Ieri Aifa si è costituita in giudizio e a quanto risulta avrebbe inviato una memoria molto simile, quasi un copia incolla, di quella prodotta nei mesi scorsi davanti al Tar.

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