VERSO IL 2021

Fornaro: "La seconda ondata spinge il centrodestra"

Nelle prime elezioni sotto il Covid sono stati premiati i governatori che hanno gestito l'emergenza. Alle comunali potrebbero invece prevalere le spinte anti sistema. Antidoto è la proposta civica, che però è avanzata anche da Salvini e Meloni. Parla il capogruppo di Leu

“Nelle prime elezioni dopo l’esplosione della pandemia, quelle regionali di settembre, tranne che nelle Marche, sono stati premiati tutti quelli che hanno gestito la prima ondata, da Vincenzo De Luca a Luca Zaia, passando per Giovanni Toti e Michele Emiliano. Questo è stato, in gran parte, frutto della reazione dell’opinione pubblica che è andata alla ricerca di protezione. Dopo questa seconda ondata e, speriamo di no, dopo una terza alle prossime elezioni comunali nelle grandi città temo accadrà qualcosa di diverso. Potrebbe prevalere un elemento di instabilità generato dalla crisi economica, ribaltandosi innanzitutto sul governo, con un aumento della sfiducia nei confronti delle istituzioni”.

Abituato a studiare e analizzare i comportamenti degli italiani nelle urne, cui ha dedicato più di un saggio, Federico Fornaro capogruppo alla Camera di Liberi e Uguali ed esponente di Articolo 1 (il partito del ministro della Salute Roberto Speranza), inserisce un ulteriore variabile tra le tante che ancora costellano l’appuntamento con le urne per da un nuovo sindaco e una nuova amministrazione in molte grandi città, compresa Torino. Tra le incognite c’è anche la stessa data della chiamata alle urne.

Incominciamo da qui, onorevole Fornaro, siamo sicuri che si voterà a maggio?
“Allo stato attuale la finestra di primavera appare quella più accreditata, ma se guardiamo proprio a cosa è successo per le regionali, qualche dubbio ce l’ho. Bisogna ricordare che le elezioni non hanno un impatto rispetto alla pandemia solo il giorno del voto, ma già da due mesi prima, quando parte la raccolta delle firme e poi, la campagna elettorale. Votare a maggio significa mettere in moto la macchina a marzo, quindi non mi stupirei che se si scegliesse di votare alla fine di giugno oppure a settembre confidando nella conclusione della campagna vaccinale”.

La posta in gioco è alta, molti indicano le prossime elezioni, da Torino a Milano, da Napoli a Bologna come un test politico importante. Concorda?
“Sì e poi c’è un altro elemento di rilievo: sarà la prima volta che le due grandi città, Torino e Roma, conquistate la volta scorsa dai Cinquestelle, andranno al voto”.

Lei ha appena detto che non sarà come dopo la prima ondata, quella dei canti sui balconi e dell’”andrà tutto bene”. Gli effetti sull’economia e sull’intera società come peseranno sulla prima occasione che i cittadini avranno per esprimere il loro voto? 
“In un contesto generale già connotato da un basso livello di fedeltà ai partiti, la crisi generate e acuita dal Covid ha ha accelerato e messo in evidenza delle fratture all’interno della società. Potrebbe accadere lo stesso sul fronte elettorale. C’è una pentola a pressione che fischia”.

E la valvola dov’è?
“Infatti. Cinque anni fa il M5s ha svolto in parte quella funzione, ma oggi il movimento non è più quello di allora”.

Figuriamoci, sta al governo. Quindi? La protesta si incanala a destra?
“Anche la destra salviniana e meloniana fa fatica ad interpretare una posizione antisistema. Credo che valvole di sfogo potrebbero scaturire positivamente, anche e soprattutto perché parliamo di elezioni comunali, da proposte civiche”.

Lei pensa che nel centrosinistra sia una strada che molti sono disposti a percorrere? 
“Vedo in molte dichiarazioni un limite anche nel centrosinistra. Ci si dimentica che, a differenza di regionali e politiche, la prossima è una competizione a doppio turno che impone tattiche e strategie diverse. Basterebbe ricordare il risultato di Piero Fassino al primo turno e poi com’è finita”.

Si dice sempre che il ballottaggio non è il secondo tempo, ma un’altra partita. 
“È così. Se c’è un modello interiorizzato dai cittadini è quello del sindaco e quindi soprattutto al secondo turno si gioca davvero un'altra partita. Anche questo è un elemento che vedo non considerato a sufficienza”.

Intanto il centrodestra, più esattamente la Lega, sta spingendo la candidatura di Paolo Damilano, un civico sia pure molto sostenuto da Matteo Salvini. 
“Se verrà confernata la scelta di Damilano è una di quelle che in assoluto può far più male al centrosinistra. Non è uomo di partito, inietta in un centrodestra che ha costruito in questi anni una solida base elettorale politica, un elemento civico. Se poi sarà in grado di costruire una lista civica non caratterizzata così marcatamente sul centrodestra, una parte di quel voto in libertà potrebbe finire lì. Detto che anche quella di Claudia Porchietto sarebbe una candidatura molto competitiva, se decidono in fretta possono avviare una strategia che valorizzi al massimo la componente civica. Questa cosa da uomo di centrosinistra mi preoccupa”.

A casa sua, nel centrosinistra, invece è ancora tutto in alto mare.
“Discutere è giusto, credo che si debba farlo per trovare il profilo che interpreta le elezioni comunali del 2020 a Torino che si svolgeranno in un contesto non ordinario e per il centrosinistra, abituato a competere partendo da una posizione di governo, saranno le prime dal ruolo di opposizione.

Quale rischi vede? 
“Quello dell’heri dicebamus, del dove eravamo rimasti. Serve un messaggio e un interprete senza torcicollo”.

Par di capire che anche lei sia tra coloro che nutrono dubbi sui nomi che attualmente circolano come potenziali candidati.
“Ho grande rispetto per chi ha svolto un lavoro difficile come guidare l’opposizione e ho personale stima di Lo Russo, ho collaborato con lui quando era coordinatore della segreteria di Gianfranco Morgando, così come con Enzo La Volta. Il timore che ho è che entrambi abbiano di fondo la debolezza di essere candidati molto a rischio al secondo turno”.

E che dire di Mauro Salizzoni?
“Non può essere accusato di voler rimettere le cose come stavano prima e poi ha un profilo che è molto più civico che non di stretta appartenenza di partito. Non tanto per la sua storia di sinistra, ma per questo tratto verso il civismo, credo possa essere in grado di allargare i confini e risultare potenzialmente attrattivo per l’elettorato dei Cinquestelle al secondo turno. Al ballottaggio se il centrosinistra ha un candidato identitario e inviso ai Cinquestelle aumenta moltissimo il rischio della sconfitta”.

E i Cinquestelle, con Chiara Appendino che non si ricandida, secondo lei cosa faranno? 
“Potrebbero anche non presentare la lista. Conoscendo un po’ quel mondo non escludo proprio niente. Chi candidano come sindaco? Ripeto, potrebbero anche arrivare a questa ipotesi altamente improbabile, ma non impossibile”.

Primarie sì o primarie no, semprechè ci siano le condizioni per farle?
“Non ci sarebbe da gridare allo scandalo se si trovasse una sintesi su un candidato in grado di rispondere al meglio a una sfida che non è certo quella del 2016”.

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