Sindaco, benedetta autorevolezza!

Dunque, e come da copione, per l’elezione del sindaco molto – se non tutto – ruota attorno all’autorevolezza, al profilo e alla personalità del candidato. Così capita nelle piccole/medie città. E così capita, a maggior ragione, per le grandi città. A cominciare anche e proprio da Torino. Tutti sanno che i tanto decantati e celebrati “programmi” sono semplici distrazioni di massa. Certo, sono importanti e decisivi per il futuro della città e dei suoi cittadini ma poi, da sempre – soprattutto dopo la legge che disciplina l’elezione diretta dei sindaci dell’inizio degli anni ‘90 – ci si inciampa, appunto, nella scelta del candidato a sindaco. Qualunque sia lo schieramento in campo. Lo è per il centro destra e lo è, a maggior ragione, per il centro sinistra dove non mancano gli escamotage e le procedure sono più astruse per indicare il nome e il cognome.

Ne sono testimonianza concreta le cronache quotidiane sui maggiori organi di informazione.Ora, di norma, sono sempre tre i passaggi centrali che accompagnano il copione. O la litania, a seconda dei punti di vista. Innanzitutto se deve essere un candidato espressione della politica, cioè dei partiti o di ciò che resta di loro, o della decantata e sempreverde società civile.In secondo luogo la conoscenza e la riconoscibilità pubblica, più che politica, del candidato a sindaco. La preparazione, la competenza, la professionalità, di norma, non sono così gettonati. Soprattutto in un clima ancora profondamente dominato dal populismo, dalla demagogia, dal pressapochismo, dall’antipolitica e dalla casualità. Disvalori che segnano, appunto, il ciclo della politica populista che ormai da anni caratterizza anche la società italiana. In ultimo, in questo caso per ordine di importanza, l’autorevolezza del candidato a sindaco. In questo caso si tratta proprio della autorevolezza politica. Del resto, quando si ricordano i “grandi”sindaci di Torino del passato, vengono sicuramente ricordati i progetti per la città che li hanno caratterizzati durante il loro mandato ma, soprattutto, si fa leva sulla cosiddetta “personalità” di quei sindaci.

Una personalità che emergeva a prescindere dalla appartenenza ad un determinato partito o schieramento politico. Appunto, un leader politico e, nello specifico, anche amministrativo.Ecco perché, al di là del trascorrere inesorabile del tempo e del susseguirsi delle mode, la “personalità” del candidato a sindaco continua ad essere uno degli elementi centrali e decisivi per individuare la figura e il profilo del candidato. Al di là della pantomima delle primarie o della consultazione di una miriade di associazioni, gruppi, gruppuscoli e sigle più o meno rappresentative e di norma quasi sempre autoreferenziali. A volte, purtroppo, è proprio l’assenza di questa “personalità” – o di questo “quid” per dirlo con un termine più contemporaneo – a rendere più complicata la scelta. Anche se, va pur detto, nessuno “nasce imparato” per mutuare una comica espressione. Ma, di norma, come diceva il mio maestro politico Carlo Donat-Cattin, “il carisma o c’è o non c’è. È inutile darselo per decreto”.

print_icon