EMERGENZA SANITARIA

Tamponi e vaccini, Rsa nella morsa di burocrazia e disorganizzazione

Il ministero raccomanda i molecolari, la Regione distribuisce i rapidi. I gestori: "Fate chiarezza". Per chi non può dare il consenso all'antidoto si profila la complessa nomina di un curatore di sostegno. Rinaudo: "Ad oggi l'unica via possibile". Le strutture: "Non spetta a noi"

È una questione di regole, tutt’altro che chiare e definite, quella che dai tamponi ai vaccini grava sulle Rsa piemontesi. Dietro ai numeri, sempre ancora troppo alti quelli delle vite che ogni giorno il Covid si porta via o costringe a viverne la gravità nei letti d’ospedale, c’è quella terza età una cui grande parte compone la popolazione ospite di quelle fino a un po’ di anni fa si chiamavano, in maniera meno asettica di quanto accada con una sigla, case di riposo. Lì nella prima ondata si è consumata una strage, lì nella seconda la speranza di aver sigillato le porte al virus si è nuovamente infranta, nonostante la tragica esperienza e le misure messe in campo. E ancora lì arriverà, prima che altrove e insieme agli ospedali, il vaccino. In entrambi i casi, per le misure di contenimento e per l’iniezione a far da barriera al Coronavirus, le difficoltà come spesso accade vanno a braccetto con l’incertezza. 

È la fine di ottobre quando la Regione annuncia l’avvio dei test rapidi per gli ospiti e il personale della strutture socioassitenziali: controlli ogni due settimane per una platea complessiva che supera le 55mila persone e, soprattutto sui dipendenti che sono i soli a entrare e uscire dalle Rsa chiuse ai parenti degli ospiti. Controlli che puntano a essere un potente strumento per evitare l’ingresso del virus. 

I dati più recenti riferiti al personale attestano che sono stati effettuati al 21 dicembre 2.085 tamponi molecolari con una percentuale di positivi del 12,9% e 12.056 tamponi rapidi dai quali è emerso un tasso di positivi pari a 1,34%. Non è, però, la differenza di casi accertati men che meno la considerazione dei dati da parte del ministero per le statistiche a indurre i gestori, attraverso le loro rappresentanze di categoria, a chiedere un chiarimento da parte della Regione sull’utilizzo, per testare il personale, dei tamponi rapidi. “La circolare del ministero della Salute del 30 novembre con cui si stabiliscono le regole per le nostre strutture – spiega Michele Assandri, presidente di Anaste Piemonte, una delle associazioni dei gestori – rimanda alla circolare di un mese prima in cui si evidenzia come il test molecolare permette di identificare con la massima sensibilità i soggetti positivi per tutelare i fragili a rischio e quindi il test molecolare è quello raccomandato per lo screening sanitario degli operatori sanitari e personale in contesti a rischio”. Con questo documento in mano i gestori hanno chiesto verbalmente, nelle cabine di regia provinciali, alla Regione di chiarire la questione, “anche per evitare possibili conseguenze sotto il profilo giuridico”. Per ora nessuna risposta, da qui “un’imminente richiesta formale al Dirmei per stabilire con chiarezza se si debba seguire la disposizione del ministero o il piano regionale, uscendo da una posizione per nulla chiara”.

Leggi qui il report sulle Rsa in Piemonte

E per nulla chiara si presenta ancora l’altra questione che riguarda gli ospiti delle Rsa e l’imminente avvio della campagna vaccinale. Per cercare di superare il problema del consenso informato da parte di quegli anziani che, pur non avendo un tutore o curatore legale, non sono nelle condizioni di decidere se farsi vaccinare o no, tutte le 12 associazioni dei gestori avevano proposto di utilizzare il sistema usato per la vaccinazione antinfluenzale, con la sottoscrizione di un modulo da parte del famigliare di riferimento dopo il parere del medico curante. “Ci erevamo rifatti alla legge 219 del 2017 sul consenso informato – ricorda Assandri – ma il dottor Antonio Rinaudo non riconosce la validità giuridica della nostra proposta”. Per quel 90 per cento degli ospiti che, come ricordato in una lettera di alcuni giorni fa, “è affetto da forme non moderate di demenza e che solo il 10% di essi è appoggiato da un amministratore di sostegno o un tutore curatore legale, – e quindi – risulta impossibile ottenere un consenso scritto”, l’ex magistrato a capo dell’organizzazione della campagna vaccinale in Piemonte indica un’unica strada possibile, anche se lunga e tortuosa. “Per accelerare i tempi di nomina, è necessario procedere immediatamente a richiedere al competente tribunale la designazione di un amministratore di sostegno per tutti quei soggetti che ricadano sotto la disciplina dell'art. 404 del Codice Civile”, scrive Rinaudo ai vertici delle Rsa.

Nell’attesa di indicazioni da parte del ministero “se si vogliono vaccinare quegli anziani, indipendentemente da quanti siano, bisogna nominare per ciascuno di loro un amministratore di sostegno, altrimenti non se ne esce”, spiega l’ex pm allo Spiffero. Un’indicazione quella di Rinaudo data anche per evitare che in futuro qualcuno obietti alla Regione di non aver fornito lo strumento per superare quello che resta, in questa fase, l’ostacolo maggiore per la vaccinazione degli anziani nelle Rsa. Da queste, tuttavia, arriva il diniego ad effettuare la richiesta al tribunale, giacché spetterebbe ai responsabili delle strutture solo in caso di stato abbandono dell’anziano. “I responsabili delle strutture dovranno segnalare, sentito il parere del medico, ai famigliari la situazione invitandoli a richiedere la nomina di un amministratore di sostegno”. Un iter tutt’altro che breve. Normalmente e quando non c’è un numero di richieste come quello che si annuncia, il termine dei sessanta giorni viene sempre ampiamente superato. “Proprio per evitare questi tempi lunghi – spiega Rinaudo – ho segnalato la questione al ministero”. Quando la struttura di Domenico Arcuri ha predisposto il piano, evidentemente, nessuno deve averci pensato.

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