Una scossa dall'auto elettrica

Infuria la battaglia sull’auto elettrica e la rinfocola la Toyota, che è stata l’antesignana della produzione elettrica, si accoda Bosch, uno dei più grandi componentisti sia su endotermico che elettrico. Non scopriamo ecologisti dell’ultima ora ma solamente produttori di auto e/o componenti che rilasciano interviste ad hoc a seconda del posizionamento sul mercato dei propri prodotti.

Credo che la questione si debba continuare a guardare dal punto di vista del lavoro e dell’ambiente; della capacità produttiva e della qualità del prodotto che esce dagli stabilimenti italiani e il loro posizionamento sul mercato.

Sicuramente nel ciclo di vita completo di un auto elettrica, dalla produzione di energia elettrica allo smaltimento batterie, le emissioni non sono a zero. L’obiettivo primario resta la riduzione di CO2 nell’atmosfera. Come fare?

Nel 2019 in Italia, vi erano 39,5 mln di auto circolanti di cui il 39,8% diesel, la vita media del parco circolante è di 11 anni e 5 mesi. Dei 39,5 mln circolanti 12,8 mln sono ante euro 4. Mentre del milione e 920mila auto immatricolate il 40% sono Suv.

Svecchiare! Se non si sviluppa una forte politica di incentivazione al rinnovo parco auto circolante il tema dell’inquinamento da mobilità, soprattutto urbana, resta irrisolvibile.

Essendo un amante della Costituzione sono affezionato alla progressività e quindi mi pare una buona soluzione il contributo del 40% all’acquisto di vetture elettriche con prezzo di listino fino a 30 mila euro per persone con reddito Isee familiare inferiore a 30 mila euro. Idea che andrebbe estesa oltre l’elettrico per incentivare la rottamazione e svecchiare il parco auto circolante. Complessivamente il Governo ha stanziato 420 milioni di euro, che non è una grande cifra: 120 milioni andranno alle auto con emissioni comprese tra 0 e 60 g/km di CO2, 250 milioni, invece, saranno utilizzati per offrire un bonus per l’acquisto di veicoli con emissioni comprese tra 61 e 135 g/km di CO2.

Occorre agire con più incentivi perché secondo le rilevazioni di EEA (European Environment Agency), a partire dal 2017, le emissioni di CO2/g/km delle nuove auto vendute in Ue sono tornate a crescere: passando da 118,1 g/km nel 2016 a 122,4 g/km nel 2019. Il target Ue di 95 g/km fissato per il 2021 sembra difficile da raggiungere, considerato che mediamente le autovetture nuove immatricolate nel 2019 hanno emissioni medie di CO2 superiori di 27,4 g/km rispetto al target. In Italia la media delle emissioni di CO2 delle nuove auto vendute nel 2019 risulta essere al di sotto della media europea, con 119,4 (122,4 EU)g/km, seppure crescendo anche nel nostro paese di quasi 4 g/km rispetto all'anno precedente.

Probabilmente il grido d’allarme di alcuni produttori è legato ai tempi stretti che impone, soprattutto, l’Unione Europea, in cui ridurre le emissioni e le incertezze di orientamento rispetto alla prospettiva futura di quale sarà l’alimentazione prevalente.  Sbagliare gli investimenti in ricerca può essere fatale per le aziende. La propulsione termica ha vissuto oltre un secolo in cui la ricerca  e sviluppo si concentrava su di essa; oggi non si può ignorare il motore termico ma non si può arretrare su nessun altro tipo di propulsione dall’elettrico all’idrogeno, alle biomasse in campo agricolo. Non è un caso che i produttori di macchine agricole, movimento terra, veicoli industriali abbiano un ambito di ricerca a tutto campo e sovente abbini anche più alimentazioni di supporto al propulsore principale.

Disorientamento, scelta degli investimenti massicci che occorrono in questo campo sono due fattori su cui le imprese rischiano di collassare a causa di una spesa in ricerca e sviluppo che non verrà supportata dal fatturato. Dopodiché siamo molto concentrati sulle auto ma uno dei problemi dell’inquinamento delle aree metropolitane è derivato anche dall’utilizzo intensivo di veicoli commerciali leggeri vetusti che percorrono i centri cittadini. Il Governo ha deciso di stanziare anche 50 milioni di euro, che sono una cifra irrisoria, da destinare agli incentivi per tali veicoli. Non è da trascurare che nel Belpaese  l’81% delle merci viaggiano su ruota e che la logistica è un settore in espansione: allora non facciamo finta di ignorare il problema continuando a chiamare Alta Velocità quello che in realtà ci serve, cioè l’Alta Capacità, ovvero: muovere più rapidamente le merci dal mondo verso l’Europa e l’Italia inquinando meno.

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