SALUTE & BUROCRAZIA

Rsa, la vaccinazione rischia di fermarsi appena partita

Ancora senza soluzione la questione del consenso da parte di molti anziani. Nulla di fatto anche nella riunione di ieri tra Dirmei e gestori delle strutture. La falla nel piano nazionale. Cirio batta un colpo con Governo e Arcuri

In Piemonte sono arrivati i vaccini per l’inizio vero e proprio della lotta al Covid, già dalla serata di ieri è incominciata la distribuzione nelle varie province, tra ospedali e Rsa, ma in queste ultime lo stop e dietro l’angolo. 

“Finite le vaccinazioni agli anziani che hanno un tutore o un amministratore di sostegno che decide per loro e a quelli che sono nelle condizioni di poter scegliere se vaccinarsi o no, ci si dovrà fermare”, avverte Michele Colaci, vicepresidente nazionale di Api Sanità. Gli fa eco Michele Assandri, presidente di Anaste Piemonte, una delle dodici organizzazioni di rappresentanza dei gestori delle strutture assistenziali che ieri hanno avuto un nuovo incontro con il Dirmei e in particolare con Antonio Rinaudo, l’ex magistrato che gestisce e coordina la complessa macchina vaccinale sul territorio regionale. “Se non si trova in fretta una soluzione sul consenso informato – ripete da giorni Assandri – sarà impossibile vaccinare la maggior parte degli ospiti delle strutture”. 

Bocciata senz’appello l’ipotesi di un consenso presunto, affacciatasi come soluzione nel corso dell’incontro a distanza di ieri, anche l’idea di individuare i direttori delle strutture come soggetti decisori in vece degli anziani impossibilitati ad esprimere una loro scelta sembra andare dritta verso un muro. “Il codice civile vieta espressamente la possibilità di nominare amministratori di sostegno i responsabili delle Rsa e non si vede come questo divieto potrebbe essere superato in questo caso”, osserva il presidente di Anaste Piemonte. Dello stesso avviso Colaci che sul tavolo pone anche il problema dell’assai basso livello di adesione alla campagna vaccinale da parte del personale delle strutture stesse.

“A questo punto la politica, Governo, Parlamento e Regioni, devono assumersi la responsabilità e dare vita a una norma che richiama alla responsabilità”, sostiene il vicepresidente di Api Sanità lasciando intendere che la strada sia quella di una obbligatorietà del vaccino sia per il personale sia per gli ospiti. Ma il Governo, come ha detto ieri con chiarezza il presidente del consiglio Giuseppe Conte, di inserire l’obbligo, sia pure per alcune categorie, non ha alcuna intenzione. Come agire di fronte a una percentuale troppo bassa di dipendenti disposti a vaccinarsi e a un numero elevato di ospiti che senza risolvere la questione del consenso informato non potranno essere vaccinati? Forse “basterebbe seguire l’esempio del Veneto che ha individuato nei parenti degli ospiti i soggetti titolati a decidere”, fa notare Assandri citando la recente circolare della giunta di Luca Zaia, peraltro molto simile al protocollo adottato dalla Liguria di Giovanni Toti.

Se è vero che l’indicazione data da Rinaudo, circa le rapide richieste di nomine di amministratori di sostegno, è quella giuridicamente ineccepibile è pur vero che immaginare non meno di 15mila procedimenti scaricati sui tribunali del Piemonte lasciano immaginare tempi biblici e certamente non compatibili con l’esigenza di dare una copertura vaccinale la più rapida possibile proprio a quei soggetti maggiormente esposti e più fragili.

Dopo il nulla di fatto registrato anche alla riunione di ieri, appare sempre più chiara la necessità di un provvedimento di portata nazionale che dovrebbe arrivare dalla struttura commissariale diretta da Domenico Arcuri o, meglio ancora, dal Governo. Come sostengono molti operatori del settore, la strada di un decreto ad hoc con il quale individuare, magari nel congiunto più prossimo all’anziano, il soggetto titolato a decidere sulla vaccinazione, potrebbe risolvere rapidamente un problema altrimenti foriero di un fallimento della campagna vaccinale proprio sul fronte più debole.

C’è, però, da chiedersi perché le Regioni, partendo in questo caso dal Piemonte, pronte a perorare con forza cause legittime come quelle di alcune categorie commerciali, a muoversi con inattesa rapidità a favore di settori in crisi – dalla ristorazione ai maestri di sci – continuino con i loro presidenti ad apparire afone nei confronti del Governo. Di fronte a un problema grave e impellente come quello che riguarda, solo nella regione guidata da Alberto Cirio, non meno di 15mila anziani, non è il caso di chiedere un intervento normativo rapido e chiaro con la stessa, sacrosanta veemenza e decisione con cui si sono chieste altre misure? Senza perdere altro tempo.

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