LA SACRA RUOTA

Torino è ancora capitale dell'auto ma Stellantis brillerà altrove

Il capoluogo piemontese è la città italiana con più vetture in rapporto agli abitanti. A inizio anno il legame ultracentenario con la sua industria madre (e matrigna) si allenterà ulteriormente: nasce il nuovo gruppo che parlerà sempre meno italiano (e torinese)

Torino resta capitale dell’auto ma il destino di quell’industria che per oltre un secolo è stato il motore della sua economia si giocherà altrove. Il capoluogo piemontese è la città italiana con più auto in rapporto alla popolazione. Lo si desume dai dati sul parco circolante delle autovetture nei maggiori centri urbani, incrociati con quelli Istat sulla popolazione. Secondo i numeri dell’Anfia, l’associazione delle imprese operanti nella filiera auto, Torino ha contato dal 2010 al 2019 una crescita delle vetture registrate da 544mila a 554mila; nello stesso lasso di tempo la popolazione è scesa da 907mila a 870mila, e il rapporto è dunque salito dal 60% al 63,7%. Torino ha così superato Roma, in cui la dinamica è stata opposta: gli abitanti in dieci anni sono saliti (da 2,761 a 2,837 milioni) mentre le auto sono scese (da 1,906 a 1,771 milioni), con un rapporto che passa dal 69% al 62,4%. Le altre due città che componevano con Torino lo storico triangolo industriale si attestano sotto il 50%. Genova ha il dato più basso, 47,1%, ma nel 2010 era il 46,7%: qui le auto sono scese del 4,5%, gli abitanti ancora di più, -5,5%. Per Milano invece le auto calano del 3,6%, ma gli abitanti aumentano del 5,4% (tra tutte le città considerate è quella con l’incremento maggiore) per un rapporto che passa così dal 54,1% al 49,4%, in pratica un’auto ogni due abitanti. Certo, poi è arrivato il Covid a stravolgere tutto, al punto che gli analisi scommettono su un’inevitabile accelerazione della trasformazione green della mobilità: una rivoluzione che investirà prepotentemente il settore automobilistico in ogni ambito.

Fra le novità che porta il 2021, proprio a inizio anno, c’è la nascita di Stellantis, il gruppo che sorgerà dalla fusione di Fca e Psa. Il matrimonio, che alle quotazioni attuali unisce il gruppo italiano e quello francese in una maxi fusione da 44 miliardi di capitalizzazione a fine 2020, vedrà un passaggio cruciale il 4 gennaio, quando le due case automobilistiche hanno convocato – in streaming per le restrizioni legate alla pandemia – le rispettive assemblee degli azionisti: rispettivamente alle 11 e alle 14,30. La strada per arrivare al consolidamento, che l’ex ad di Fca Sergio Marchionne vedeva fondamentale per il settore auto, fra cambi di paradigma e investimenti miliardari, è stata lunga e non sempre lineare. I primi abboccamenti, infatti, hanno visto protagonista proprio il compianto manager italo-canadese e Carlos Tavares, l’ad di Psa che guiderà la nuova realtà. Di fronte agli ostacoli, però, il Lingotto ha flirtato coi cinesi di Geely prima e con i coreani di Hyundai poi, per arrivare a un passo da una fusione con Renault, saltata quando tutto lasciava presagire una conclusione positiva, per tornare, infine, al tavolo con Psa Peugeot e a un matrimonio che farà sorgere Stellantis, di cui il primo azionista sarà la Exor della famiglia Agnelli, che controllerà il 14,4% del nuovo player dell’auto.

Dietro al gruppo presieduto dall’erede dell’Avvocato, John Elkann, ci saranno la famiglia Peugeot, lo stato francese (attraverso Bpi) e i cinesi di Dongfeng: saranno loro i principali soci di Stellantis, che avrà sede in Olanda, dove gli azionisti potranno sfruttare i diritti sul voto multiplo, stringendo la presa sul gruppo. In questo senso, ai fini contabili la casa francese acquista la casa auto italo-americana, come si evince proprio dal prospetto depositato dalle due case automobilistiche in vista delle rispettive assemblee dei soci, secondo quanto dichiarano entrambe nel prospetto di fusione. Gli International Financial Reporting Standards, o Ifrs, richiedono l’identificazione dell’acquirente (e della società acquisita), così in questa fusione che Fca e Psa continuano a definire alla pari è la casa francese ad essere definita come acquirente. “Sulla base della valutazione degli indicatori ai sensi del principio contabile IFRS 3 e della considerazione di tutti i fatti e le circostanze pertinenti”, afferma il documento, “Fca e la direzione di Psa hanno stabilito che Peugeot Sa è l’acquirente a fini contabili”. E che di acquirente si tratti lo si evince anche dal fatto che Psa avrà non solo la maggioranza del Cda ma anche le leve operative. I galloni di amministratore delegato andranno a Tavares: sarà lui a guidare una casa automobilistica il cui fatturato potrebbe sfiorare i 200 miliardi e i 9 milioni di veicoli l’anno, con oltre 400mila dipendenti. Se il manager sarà l'undicesimo uomo in un consiglio d’amministrazione altrimenti diviso pariteticamente fra l’anima italo-americana e quella francese, a presiedere il board rimarrà Elkann. Un ruolo cruciale lo avrà anche Mike Manley: dopo aver preso sulle proprie spalle, come numero uno di Fca, l’ingombrante eredità di Marchionne, il manager – protagonista in passato del rilancio del marchio Jeep – si occuperà del redditizio e cruciale mercato americano.

Il voto dei soci dei due gruppi, ovviamente, sarà un passaggio fondamentale in vista della fusione, che Fca e Psa Peugeot vogliono chiudere entro il primo trimestre. Dopo le assemblee degli azionisti mancheranno soltanto le formalità per la quotazione alle Borse di Parigi, Milano e New York. È probabile a questo punto che la chiusura dell’operazione avvenga in tempi rapidi e che la fusione possa essere ufficializzata già entro gennaio. Da quel giorno non ci saranno più Fca e Psa, ma nello scacchiere internazionale dell’auto farà la sua comparsa Stellantis che ha già il suo logo e manterrà tutti i 15 brand attuali delle due società.

L’integrazione porterà sinergie pari a 5 miliardi di euro all’anno, ma le due società hanno più volte ribadito che non avranno ripercussioni sulle fabbriche del gruppo e sull’occupazione. In Italia va avanti il piano da 5 miliardi di euro, avviato nel 2019, che ha portato a Mirafiori la 500 elettrica, a Torino, che sarà il polo europeo di Fca in grado di convivere con le analoghe attività dei francesi. I timori sulle sovrapposizioni non mancano, com’è sempre avvenuto nei casi di fusione, ma l’alleanza con Chrysler ha dimostrato che gli effetti possono essere positivi: l’integrazione con la casa di Detroit non ha avuto ripercussioni sugli stabilimenti italiani e, anzi, per la prima volta è stata portata fuori dagli Usa, a Melfi, la produzione della Jeep. Anche in Polonia, in Turchia e in Serbia Fca ha confermato gli investimenti, ma solo il nuovo piano di Tavares darà indicazioni precise sui modelli previsti in tutte le fabbriche del nuovo gruppo.

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