VERSO IL VOTO

L'ex candidato sindaco M5s:
"Ora voterei per Lo Russo"

L'endorsement di Vittorio Bertola. "Al centrosinistra serve una persona di rottura e che riscatti una generazione rimasta finora in panchina". Appendino? "Ha tradito tutte le nostre battaglie". Così il capogruppo Pd può raccogliere i delusi grillini

“Eccomi, sono qui. Sono l’ex giovane di sinistra, ora adulto, doppiamente deluso (dalla sinistra e dal M5s) che tra Damilano e Lo Russo voterebbe Lo Russo, ma tra Damilano e Salizzoni voterebbe Damilano”. Se una rondine non fa primavera, un elettore non basta a fare un sondaggio, eppure quel post buttato lì da Vittorio Bertola non è passato inosservato. Innanzitutto perché l’autore è stato il primo candidato a sindaco di Torino del Movimento 5 stelle, compagno di banco di Chiara Appendino in Sala Rossa prima di lasciare polemicamente quella creatura che aveva contribuito a creare sin dai primi meet up.

Bertola, dopo aver occupato per anni l’area di destra nel M5s, ora dice di essere sempre stato di sinistra. Ma lei prima dei Cinquestelle cosa votava?
“Sinistra. Sono un laico, liberale in materia economica, che guarda al futuro riconoscendo la necessità di aiutare i più deboli. Con i grillini al governo, però, siamo passati dalle politiche del lavoro e per il lavoro a quelle dei bonus, dei soldi a sbafo per tutti. Io sostenevo il reddito di cittadinanza come misura universale di sostentamento, ma questa applicazione non ha senso. Mi sembrano più che altro politiche da destra sociale”.

L’ultima crocetta nelle urne?
“Per Più Europa anche per l’amicizia che mi lega a Marco Cappato (che poi però se ne è andato) e Silvio Viale”.

Senta, con Stefano Lo Russo ci ha litigato per cinque anni in Sala Rossa e adesso lo vorrebbe sindaco?
“Le nostre idee sono state divergenti su un sacco di questioni, dall’inceneritore ad alcune scelte urbanistiche, però gli riconosco l’onestà e la competenza acquisita in tutti questi anni. E poi…”.

Poi?
“Parliamoci chiaro, se Mauro Salizzoni diventa sindaco, cinque secondi dopo tirerebbe dentro anche il M5s”.

Detta così è un po’ tranchant…
“Io ho grande stima di Salizzoni, peraltro è una persona che conosco perché era collega di mio padre con cui sono stati a lungo in ottimi rapporti, però lui e l’area politica che lo sostiene hanno quell’idea lì”.

Però in fondo questi vituperati Cinquestelle sono stati per anni i suoi compagni di strada e ora li tratta come appestati.
“Io penso che dopo cinque anni di Appendino serva una rottura netta, un soggetto che punta a riproporre il patto giallorosso non è la soluzione”.

Cosa imputa alla sindaca in particolare per considerare così negativa la sua esperienza?
“Di aver tradito tutte le battaglie di cambiamento vero che era nei nostri programmi e di essersi messa a rifare (male) quello che faceva il Pd. Naturalmente per camuffare le tante abiure ha poi avuto un approccio fin troppo ideologico su alcuni temi, a partire dalla mobilità: voglio dire, va bene fare investimenti sulle ciclabili ma non capisco l’esigenza di demonizzare ogni giorno gli automobilisti”.

Il prossimo sindaco, oltre alla discontinuità con questi cinque anni, cosa deve incarnare?
“Il riscatto di una generazione che nel centrosinistra torinese continua a stare in panchina, all’ombra dei soliti due o tre personaggi. Se c’è un merito che riconosco a Chiara è di aver almeno interrotto questo monopolio”.

Cosa si aspetta dal prossimo inquilino di Palazzo Civico?
“Un po’ di buonsenso e pragmatismo. E quell’esperienza per guidare una macchina complessa, come quella comunale. In questo senso penso che Lo Russo possa rappresentare insieme un rinnovamento senza cedere sul piano dell’esperienza visti i suoi anni da consigliere e assessore”.

Scusi, ma lei non era quello dell’uno vale uno? Ora parla di “esperienza” e “competenza”?
“In realtà su quello slogan temo ci sia stato un grande equivoco. Venne coniato da Beppe Grillo e all’inizio era un incitamento alle persone perché si mettessero in gioco, si facessero coinvolgere. In quegli anni sul suo blog scrivevano dei premi Nobel, non certo dei parvenu. Poi con Gianroberto Casaleggio quella frase ha cambiato accezione ed assumendo quella dell’uno vale l’altro”.

Erano gli anni in cui iniziavate a entrare nelle istituzioni.
“Certo, infatti era la risposta al primo problema pratico che ci si è presentato: quello di gestire le persone, le loro ambizioni, la voglia di essere protagonisti, di candidarsi. E così finisce negli annali un presidente del Consiglio comunale che leggendo un documento pronuncia corso Vittorio Emanuele due”.

Certo, dopo un endorsment del genere qualcuno potrebbe pensare che lei stia preparando il suo rientro. Non è vero?
“Mi sentirei di escluderlo. In questo momento ho un lavoro che mi prende e di cui sono soddisfatto (Bertola è il capo del settore Policy di Open-Xchange, uno dei principali produttori di software open source ndr). Mi sono arrivate delle proposte dal mondo civico per partecipare alle loro riunioni ma ho preferito evitare”.

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