LOTTA AL COVID

Scarseggiano le truppe di Arcuri e mancano i soldi per i medici

Il commissario ammette la difficoltà a reclutare infermieri. Ben che vada in Piemonte ne arriverà la metà del previsto. Speranza dà l'ok all'impiego dei mutualisti, ma nella legge di bilancio non ci sono i fondi. La Regione pronta a partire per la seconda fase

Aspettando le truppe promesse da Domenico Arcuri il Piemonte rischierebbe un 8 Settembre sul fronte delle vaccinazioni. Il commissario nazionale per l’emergenza Covid ha dovuto ammettere ieri, collegato con le Regioni, che il reclutamento di medici e soprattutto infermieri non va come aveva troppo ottimisticamente previsto e annunciato. Nella migliore delle ipotesi si vedrà la metà del personale previsto che nei programmi, partiva da mille per arrivare a cinquemila. Semmai potesse consolare, Arcuri spedirà le sue primule, i gazebo progettati dall’architetto Stefano Boeri per la cui collocazione ha addirittura annunciato un’ulteriore riunione. Le Regioni tengono il punto sulla necessità di affidare la gran parte della campagna vaccinale ai medici di famiglia e ai farmacisti, allargando alle strutture della sanità privata per non vedere calare il livello di vaccinazioni quando si passerà dall’attuale fase riservata ai sanitari e alle Rsa allargando l’immunizzazione alla popolazione incominciando dagli ultraottantenni.

Di fronte a questa situazione, il ricorso ai medici di famiglia che poteva essere vista come un importante aiuto al sistema, diventa di fatto l’ancora di salvezza. Ancor prima che Arcuri ammettesse le difficoltà ad assumere il personale sanitario, peraltro attraverso il macchinoso procedimento affidato ad agenzie di lavoro interinale, l’assessore Luigi Icardi nel suo ruolo di coordinatore della commissione Sanità in conferenza delle Regioni aveva scritto al ministro Roberto Speranza chiedendo la possibilità di impiegare nella campagna vaccinale i medici di famiglia, così come i farmacisti e di predisporre le necessarie coperture economiche per l’operazione.

Come abbiamo scritto ieri, solo per vaccinare presso i medici di medicina generale gli over 60 piemontesi, che sono circa 1 milione e 400mila, servono 19 milioni e 600mila euro. Allargando a tutta la popolazione si fra presto a fare i conti. Moltiplicando per tutte le regioni, altrettanti facile arrivare a una somma più che considerevole. E che al momento non sembra essere prevista nella legge di bilancio. In qualche modo un bel po’ di decine di milioni dovranno saltare fuori, anche perché lo stesso Speranza che tornerà a parlare della questione con Icardi mercoledì prossimo, ha espresso la volontà di dare il il via libera all’impiego dei medici e dei farmacisti, consapevole dell’indispensabilità di questa operazione se si vuole evitare il rischio che la campagna vaccinale si incarti. La Regione può partire con risorse proprie, ma l’arrivo delle risorse dello Stato dev’essere rapido. Così come rapida si auspica sia l’approvazione del vaccino di AstraZeneca che per facilità di stoccaggio e preparazione risulta quello ottimale per medici di base e farmacie. 

Lo stesso Arcuri nel piano presentato ieri ne ipotizza la distribuzione a partire da febbraio, ovvero da quando si prevede l’avvio della vaccinazione degli ultraottoantenni. Una fase in cui il lavoro dei medici di famiglia risulterà estremamente importante anche per le convocazioni, senza immaginare improbabili ricorsi ad app o altri sistemi complicati e di difficile se non impossibile utilizzo da parte della popolazione anziana. Nei dati presentati dal commissario manca, per il Piemonte, quello dell'adesione nelle prima fase. Una carenza, quella sottolineata da Arcuri, che viene spiegata in Regione come conseguenza dell'impasse verificatosi nelle Rsa a causa del problema, non ancora del tutto risolto, del consenso informato per gli ospiti delle strutture non in grado di scegliere autonomamente se vaccinarsi o no.

Leggi qui il Piano di Arcuri per le vaccinazioni

Dunque ben vangano i gazebo delle primule se a questi si affida il ruolo di amplificare l’invito a vaccinarsi – questo è quanto trapela da corso Regina – ma la sostanza è e dev’essere altro: i medici e farmacisti, innanzitutto, le strutture private accreditate, l’ospedale da campo del Valentino a Torino e altri luoghi simili, oltre ai distretti dove però, come si fa notare, dovranno proseguire le regolari vaccinazioni pediatriche senza distogliere il personale. Poi, non ultima per importanza, c’è la questione degli approvvigionamenti. A ieri in Piemonte sono state vaccinate 86.003 persone pari al 69,5% delle dosi consegnate, trattenendo come disposto da Arcuri una scorta del 30%. Lo stesso Arcuri ieri ha spiegato come da lunedì cambierà il conteggio delle dosi, visto che è stato previsto che da ogni flacone debbano essere ricavate non 5, ma sei dosi, ma ha anche annunciato che cambierà il criterio delle assegnazioni alle Regioni. Oltre al parametro degli abitanti, sarà considerato anche quello della capacità di vaccinazione evitando che chi va a rilento accumuli troppe fiale e chi, invece procede più speditamente resti senza. La prossima settimana coinciderà anche con l’avvio dei primi richiami, previsti al ventunesimo giorno. Se si rispetterà il rituale che ha accompagnato l’arrivo dei primi vaccini in Piemonte, lo scorso 27 dicembre, sarà il primario infettivologo dell’Amedeo di Savoia Giovanni di Perri a ricevere la prima iniezione di richiamo. Quel giorno si attendeva il gazebo della primula da montare a favore di telecamere. Non arrivò, sostituito all’ultimo minuto da un pannello. Forse un segno premonitore degli annunci di Arcuri.

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